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 2018  luglio 17 Martedì calendario

Luraghi, il manager letterato

È l’ingegnere-poeta Leonardo Sinisgalli a suggerire a Giuseppe Eugenio Luraghi (1905-1991, nella foto), presidente dell’Alfa Romeo, il nome Giulietta per la nuova vettura dell’Anonima Lombarda Fabbrica Automobili (Romeo viene aggiunto dopo, con l’ingresso dell’ingegnere napoletano Nicola). Naturalmente l’auto viene battezzata dall’ispiratrice: Giulietta Masina. 
La vicenda rivive nella nuova edizione del libro di Rinaldo Gianola (la prima è del 2000), Luraghi, l’uomo che inventò la Giulietta (Book Time, pp. 202, e 16), con un nuovo inserto fotografico e una documentazione sinora inedita. Presentata, quest’ultima, dalla figlia di Luraghi, Marina, che, assieme a Pablo Rossi, ha scandagliato centinaia di faldoni divisi in due parti: economica (di manager in Pirelli, Sip, Iri-Finmeccanica, Lanerossi, Mondadori), adesso alla Bocconi, e quella letteraria (narrativa, poesia, critica d’arte), andata al Fondo manoscritti dell’Università di Pavia. 
Gianola traccia un ritratto completo di questo straordinario protagonista del ‘900 che, a 20 anni, aveva fatto da modello allo scultore Pietro Canonica per il monumento all’Artigliere (Torino, Parco del Valentino). Come manager si firmava Giuseppe E. Luraghi; come scrittore, Eugenio Luraghi. In entrambi i casi, applicava lo stesso metodo che gli permetteva sia di risolvere i problemi dell’industria, sia di scoprire talenti in arte e letteratura. Il progresso si fa con la tecnica, diceva, ma soprattutto con la fantasia: filosofia che lo accompagnerà per oltre mezzo secolo sul ponte di comando dell’industria italiana pubblica e privata. Una personalità della stessa caratura, cui Luraghi può essere accostato è Raffaele Mattioli, deus ex machina della Banca Commerciale, inventore delle Edizioni Ricciardi. Luraghi, invece, mette su la rivista «Pirelli», le Edizioni della Meridiana e il periodico «Civiltà delle macchine», anello che collegava il lavoro d’impresa con la passione della cultura. «Gli uomini pratici hanno sempre dimostrato un certo disprezzo per i poeti. Viceversa, i letterati hanno avuto poca comprensione per la tecnica», dice Luraghi. E vuole dimostrare che non era così. Un esempio? Quando Luraghi approda alla Linoleum, la società sostiene un gruppo di giovani intellettuali (Gatto, Carrieri, Cantatore, Quasimodo, ecc.) che vivono in via Rugabella, in una sorta di consorteria della povertà. Ogni tanto, qualcuno di essi riesce a collocare un articolo su giornali o riviste dove, quando appare il nome linoleum, la società versa all’autore un piccolo compenso. «Così i lettori scoprirono che esistevano tramonti di un bel rosso-linoleum, magnifici cieli e mari azzurri e verdi boschi e terre di intenso avana striato-linoleum – ricorda Luraghi in Capi si diventa —. Io non sapevo nulla di questo retroscena e fu una vera fortuna che le mie severe forbici di amministratore non tagliassero inconsciamente il tenue, segreto filo di questo piccolo traffico. Ora ne avrei grande rimorso». 
Le Edizioni della Meridiana – cui collaborano Solmi, Sereni e Tofanelli – pubblicano anche Góngora, Alberti, Tobino, Ungaretti, Gavazzeni, Fortini, Zanzotto, Cardarelli (Villa Tarantola vince il Premio Strega). E il Quaderno di traduzioni di Eugenio Montale. Che, il 3 gennaio 1949, su carta intestata del «Corriere della Sera», scrive «Caro ing. Luraghi, lei potrebbe fare una cosa: scrivere personalmente a Piovene (conte Guido, beninteso) avvisandolo che gli ha mandato il mio Quaderno (nella speranza ch’egli possa scriverne un cenno sul “Corriere”) (…) Non gli dica però che l’idea viene da me».