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 2018  luglio 17 Martedì calendario

Tutto sui prodotti halal

La Bresaola della Valtellina Igp è uno dei pochi salumi che ben si prestano ad essere “halal”, cioè prodotti nel rispetto dei dettami del Corano, che infatti vieta ai fedeli musulmani la carne di maiale. E questo la rende perfetta, da esportare nei Paesi arabi: il salumificio Mottolini lo ha capito, così da cinque anni a questa parte si è dotato della certificazione necessaria per farlo. La rilasciano appositi organismi, in Italia ce ne sono più di uno accreditati. Ma avere il bollino halal non è immediato: «Costa tempo e impegno – racconta Emilio Mottolini, responsabile commerciale dell’azienda valtellinese – essendo uno stabilimento che produce anche prodotti non halal, abbiamo dovuto implementare linee di produzione dedicate e processi di sanificazione per evitare che i due tipi di prodotti vengano in contatto fra di loro. È stata poi studiata una ricetta consona ai dogmi della produzione halal, mentre tra i controlli sulla conformità di produzione abbiamo dovuto introdurre la verifica del Dna del prodotto, che deve essere esclusivamente di bovino». Solo il 3% di quello che il salumificio esporta ha il marchio halal: la maggior parte prende la via di Dubai, «ma si stanno aprendo nicchie di mercato interessanti anche in Francia e Canada». 
La bresaola Mottolini non è l’unico prodotto italiano che ha scelto la via dei mercati halal. Tra le imprese certificate da Halal Italia, per esempio, ci sono i formaggi Mauri e la carne Amadori, i semilavorati per gelati MarcaGel e la pasta Zini, i pelati La Rinascita e l’acqua Ferrarelle, gli aromi Irca e i cosmetici Farcoderma. Tutti marchi interessati a un business che si rivela sempre più promettente: secondo uno studio commissionato dal governo di Dubai a ThomsonReuters, il giro d’affari mondiale derivante da cibi, bevande, cosmetici e turismo halal cresce a un ritmo del 10,8% all’anno e nel 2019 raggiungerà quota 3.700 miliardi di dollari, di cui almeno 2.600 attribuibili al comparto alimentare. I principali Paesi consumatori di prodotti halal? Nell’ordine: Indonesia, Turchia, Pakistan e Iran. 
Per puntare su questi mercati, la certificazione è fondamentale, ma non basta. «In primo luogo, serve identificare con precisione il Paese target e la fascia di consumatori islamici a cui si vuole vendere un determinato prodotto», spiega l’avvocato John Shehata, coordinatore Africa e Medio Oriente presso il Nibi (l’istituto di business internazionale della Camera di Commercio di Milano e di Promos) e associate partner in PwC TLS. Perché i mercati arabi non sono tutti uguali: gli Emirati, per esempio, sono più che altro composti da una comunità internazionale che non necessariamente fa riferimento ai dettami halal. «Consiglierei di partire dalla Malaysia, oppure dall’Arabia Saudita – prosegue Shehata – che sono due Paesi con un buon potere d’acquisto e dove il made in Italy è ancora poco conosciuto». Per chi invece volesse cominciare dal Marocco Promos, l’agenzia speciale per l’internazionalizzazione della Camera di Commercio di Milano propone un piano di formazione e incontri B2b mirati sul comparto food.
Per affrontare un mercato halal spesso servono una linea produttiva dedicata e un processo sofisticato di tracciabilità dei singoli ingredienti. E non bisogna sbagliare la comunicazione, per esempio stampando sul packaging immagini non conformi ai dettami della sharia: come i cani, che l’Islam considera alla stregua dei maiali. Ha fatto storia la campagna social di una nota marca di bibite, che ha pubblicato una striscia pubblicitaria fatta di tre vignette non tenendo conto che gli arabi leggono da destra a sinistra: il risultato è stato un messaggio a dir poco controproducente.
Sarà per via del sentimento sociale dominante in questi anni, fatto sta che la maggior parte delle aziende italiane che si sono certificate halal ha scelto di non mettere questo marchio sui prodotti che vende in Italia. Niente di più sbagliato: «Nel nostro Paese c’è un mercato potenziale fatto di due milioni di persone il cui potere d’acquisto è in costante crescita», ricorda Hamid Distefano, imam e amministratore delegato di Halal Italia. Con i tempi di stagnazione dei consumi che corrono, non è detto che la grande distribuzione nazionale non si attivi per raggiungere questo pubblico.