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 2018  luglio 02 Lunedì calendario

Microplastiche, dal mare al cibo

Per chi non lo sapesse, una cannuccia dispersa nell’ambiente impiega cinquecento anni per distruggersi completamente. In Italia se ne consumano 2 miliardi all’anno; in tutta Europa 36 miliardi.
Nei mesi estivi, un numero incalcolabile di cannucce viene abbandonato sulle spiagge. I più attenti le buttano nel cassonetto della plastica, però poi finiscono nell’indifferenziata, perché non essendo classificate come «imballaggio», non sono riciclabili. Come non lo sono le posate di plastica: per selezionare oggetti piccoli servirebbero macchinari diversi e questo alle imprese di trasformazione costerebbe troppo.
Le microplasticheSecondo gli studi del centro Enea, oltre l’80 per cento dei rifiuti che invadono i litorali italiani è rappresentato da plastiche, che finiscono poi in mare, dove nel corso degli anni diventano «microplastiche»: frammenti inferiori ai due millimetri e quasi invisibili ad occhio nudo. I dati del Cnr parlano chiaro: dei trecento milioni di tonnellate di polimeri che ogni anno vengono prodotti, circa dodici milioni di tonnellate finiscono in acqua.
Nel Mediterraneo si stima ci siano 1,25 milioni di tonnellate di microplastiche e, soltanto nel tratto di mare tra la Toscana e la Corsica, ne è stata rilevata la presenza di dieci chili per chilometro quadrato. Queste particelle vengono ingerite dai pesci e ce le ritroviamo nella catena alimentare, ovvero nel piatto, anche se acquistiamo il filetto o le pregiate scatolette con la scritta «bio».
Il mare come discaricaLe cattive abitudini che minacciano l’ecosistema e la salute dell’uomo iniziano dentro casa, usando il wc come discarica. Molti cittadini ci buttano qualunque cosa, dai cotton fioc ai blister delle medicine o delle lenti a contatto, provocandone la deriva in acqua. Il 31 per cento dei rifiuti ritrovati dagli ambientalisti sul lungomare sono piccoli oggetti usa e getta. Seguono quelli più grandi, deliberatamente abbandonati nell’ambiente: bottiglie, sacchetti, stoviglie. Basti pensare al consumo italiano solo di bicchieri, piatti e posate di plastica: 115 milioni di tonnellate all’anno.
Mosse che funzionanoLa buona notizia riguarda le buste di plastica. Un’indagine di Eurobarometro rivela che in seguito alla direttiva del 2015, che ne scoraggiava l’utilizzo, il 72 per cento degli europei dichiara di averne ridotto l’uso.
L’Italia aveva già iniziato a bandirne l’uso nel 2011, infatti secondo Legambiente la quantità di sacchetti recuperati nel Tirreno ha iniziato a ridursi a partire dal 2012. Secondo il presidente Stefano Ciafani questa diminuzione è proprio collegabile all’introduzione della legge sugli shopper biodegradabili; prova ne sarebbe che nel mare Adriatico i volumi restano costanti, per colpa di alcuni Paesi dell’area Balcanica, dove ancora si usa la plastica tradizionale. Anche il centro per gli studi ambientali del governo inglese (Cefas), che ha monitorato per venticinque anni i rifiuti nel mare del Nord, in quello d’Irlanda e nel Canale della Manica, ha riscontrato che, negli ultimi sette anni, l’unica categoria di rifiuti in calo sono i sacchetti di plastica, grazie alla legge che ha imposto l’uso di altri materiali.
Ridurre l’usa e gettaDagli studi Ocse, la produzione mondiale della plastica cresce del 4 per cento ogni anno e solo il 15 per cento del totale viene riciclato. Va meglio in Europa, dove il tasso è del 30 per cento, mentre negli Stati Uniti sono fermi al 10. Il tema è proprio la plastica monouso non riciclabile. Quindi, che si fa?
Dal 1° gennaio 2019, in Italia, entrerà in vigore la legge che consente di commercializzare soltanto bastoncini per le orecchie biodegradabili, oggetti che oggi costituiscono il 7,8 per cento della spazzatura nei mari. A partire dal 2020, invece, entrerà in vigore l’articolo 546 della Finanziaria, che vieta la vendita di cosmetici da risciacquo e detergenti contenenti microplastiche. Il polietilene è contenuto negli esfolianti per la pelle, negli struccanti e nelle creme; prodotti che finiscono nello scarico del lavandino e, se non depurati, in mare.
E noi depuriamo poco, tant’è che lo Stato italiano sta pagando ogni mese una salatissima sanzione europea, per i ritardi storici di oltre un centinaio di Comuni. Un’analisi dell’Ismac-Cnr di Biella ha rilevato che in un flacone di prodotto di bellezza da 250 millilitri sono presenti 750.000 frammenti di polietilene per un totale di dodici grammi.
Le misure all’esteroNegli Stati Uniti e in Inghilterra, stanno aumentando le iniziative di sensibilizzazione contro l’utilizzo delle cannucce. In Italia nel 2017 venne presentata in Senato una proposta di legge per eliminare da bar e mense le stoviglie non bio. Ma è rimasta ferma lì.
In Francia invece, dove la legge è stata approvata, il divieto partirà dal 2020, con l’obbligo, per i pubblici esercizi di usare prodotti ricavati dal mais.
La Commissione europea ha messo sul tavolo una direttiva, che riguarda i dieci prodotti monouso che più inquinano le spiagge e i mari, e ne impone la fabbricazione fatta esclusivamente con materiali sostenibili. Costano il 50 per cento in più, ma, secondo Bruxelles, i benefici sull’ambiente si tradurranno in 3,4 milioni di tonnellate di CO2 equivalente in meno, il che permetterà di evitare danni ambientali per ventidue miliardi di euro entro il 2030 e i consumatori risparmieranno fino a 6,5 miliardi di euro.
La norma dovrà passare al vaglio dei rappresentanti dei 28 governi. Anche da questo si vedrà quale Europa vogliamo.