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 2018  giugno 12 Martedì calendario

Una vita in rovesciata, il bomber che porta Gesù nel cuore

Il gol in rovesciata – il corpo sospeso a mezz’aria, una gamba che sale a fendere l’aria per dare la spinta e vincere la forza di gravità e il piede dell’altra che colpisce la palla nell’unico attimo possibile per compiere il miracolo, come trasformare l’acqua in vino – è il gesto tecnico più difficile, più rischioso e più spettacolare che possa fare un calciatore. Negli occhi di tutti c’è il gol di Cristiano Ronaldo alla Juventus nel quarto di finale di Champions League, la rovesciata perfetta, e tante altre se ne ricordano di non meno stupefacenti e perfette, da quelle di Gigi Riva e Roberto Boninsegna alle rovesciate di Cruijff e Pelè e Maradona.
Ma il gol in rovesciata di Carlos França in Potenza-Cerignola del 15 ottobre 2017, campionato di serie D, non è meno spettacolare e miracoloso di quello di Ronaldo e degli altri fuoriclasse come lui. E non è l’unico suo gol in rovesciata. Perché Carlos França è brasiliano e fin da bambino è cresciuto nel mito della rovesciata. L’ha provata tante volte in allenamento e persino sul materasso del letto di casa, senza palla e quando non lo vedeva nessuno, poiché il padre gli diceva che la sua vita sarebbe cambiata solo quando avrebbe fatto un gol in rovesciata.
Da dieci anni in Italia, Carlos França ha vinto il Pallone d’oro per la serie D, grazie a una valanga di gol da Lecco a Legnago, da Rapallo a Cuneo, fino a Trieste e infine a Potenza, che quest’anno, a 38 anni, Carlos ha trascinato in Serie C e dove è diventato non soltanto un idolo calcistico, ma un esempio di vita, un simbolo di fede religiosa fuori e dentro il campo di gioco.
Se quella di suo padre fu una profezia, ebbene, come tutte le profezie non va interpretata alla lettera, perché le profezie sono quasi sempre metafore, allegorie, rebus. Il gol in rovesciata che ha cambiato la vita di Carlos França, che l’ha appunto «rovesciata», e in meglio, è stata la sua battaglia contro un tumore alla colonna vertebrale. Doveva morire, invece ha continuato a far gol, con la potenza atletica di un ventenne. E quando ha segnato il duecentesimo, si è tolto la maglietta per mostrare la scritta sulla canotta: «200 volte gloria a Dio», perché per Carlos – che come Kakà, Felipe Melo, David Luiz, Nicola Legrottaglie fa parte degli Atleti di Cristo – la sua «rovesciata» è merito del Signore. 
La sua storia è raccontata magnificamente nel libro fotografico Carlos França, bomber di Dio (Zaccara editore, pagine 73, e 22) da Tony Vece, fotogiornalista, che chi scrive «pescò» quindici anni fa a Scanzano, in Basilicata, durante le proteste contro il sito unico di scorie nucleari che si voleva fare lì. Da allora, Vece ha raccontato molte altre cose e molti altri luoghi attraverso la fotografia, soprattutto nei reportage e nelle inchieste del «Corriere». E allo stesso modo ha raccontato Carlos França e il calcio, che è il suo grande amore e che Vece, prima di fotografare, ha vissuto in curva da tifoso ultrà del Potenza.
Le 110 immagini del libro parlano da sole, non hanno bisogno di aggettivi e perifrasi che le spieghino, e questa è la forza delle fotografie di Vece, che colgono l’attimo fuggente, la prospettiva giusta, la luce che sprigiona solo chi crede che La vita è un miracolo, come in un film di Emir Kusturica.