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 2018  maggio 23 Mercoledì calendario

Ritratto di Almirante

Ancora oggi è venerato. Giorgio Almirante riempie persino la rete con i tantissimi profili che ostentano la sua fotografia con orgoglio. Basterebbe confrontarli con quelli di altri Grandi della politica del suo tempo per comprendere quanto rimpianto abbia lasciato. Almirante è stato l’anima e la cultura della destra italiana. Ha amato la sua gente. Anche per questo ho avuto in bella vista nel mio ufficio di vicepresidente del consiglio regionale del Lazio la sua fotografia in un grande quadro. Tutti quelli che entrano devono avvertirne la presenza. Sono orgoglioso di essere stato suo seguace, fin dalla gioventù, persino nel conflitto interno che lo vedeva avversato da Pino Rauti, che pure vantava tanti adepti nella militanza giovanile. Ma per me e per tanti come me il Capo era lui, con la sua umanità intelligente, il suo sguardo curioso, il suo sorriso rispettoso. Ero cronista al Secolo d’Italia, il “suo giornale” per il quale scriveva i suoi articoli a spazio uno, e mi occupavo di una vicenda che scuoteva tantissime famiglie italiane. Tanti anni prima la sanità nazionale era stata scossa da Liborio Bonifacio, da Agropoli, e dal suo siero anticancro. Tempo dopo, anche il metodo Di Bella susciterà la stessa ondata di speranza e di polemiche. Libertà di cura contro scienza ufficiale. Ebbene, mi occupavo dell’Asibo, un’associazione che curava la diffusione del siero Bonifacio in Vaticano, con azioni clamorose, per evitare arresti in territorio italiano. Il segretario mi mandò a chiamare e mi raccontò una storia dolorosa di famiglia, per invitarmi alla prudenza. Lo disse con sentimento, senza arroganza, come il padre buono al figlio. Era la prima volta che stavo da solo al suo cospetto, attonito, emozionato, notai sulla sua sedia il gagliardetto della Juventus, la squadra del cuore. Ne uscì con una lezione di vita. Almirante voleva molto bene a Franz Maria D’Asaro, condirettore del Secolo. D’Asaro aveva avuto un infarto e il Segretario, che mi voleva bene, lo affidò a me per accompagnarlo due volte a settimana al San Camillo. Ci andavo con la 126 bianca di Almirante. Il leader del Msi è stato davvero un personaggio straordinario. Purtroppo gli italiani non gli davano i voti che avrebbe meritato. Quante volte abbiamo sentito dire la frase «chissà quale carriera avrebbe fatto Almirante se fosse entrato nella Dc!». Certo, probabile, vero. Ma c’è un ma: Almirante scelse di non essere democristiano, nessuno gli impose di militare nel Msi, era la sua vita, i suoi convincimenti semmai lo portarono a privilegiare le sue idee e non il potere. Uomini come Almirante hanno rappresentato il patrimonio dell’Italia perbene e credo non sia casuale che la sua famiglia non si sia affatto arricchita con l’impegno politico di Giorgio. Anzi. E proprio sulla sua famiglia va spesa una parola in più, in particolare sulla vedova, quella signora indomabile conosciuta da tutti come Donna Assunta. È grazie a lei – va riconosciuto – se Almirante ha oltrepassato il suo tempo, se lo sentiamo ancora presente. Ogni tanto, a destra, qualcuno tenta di accaparrarsi la memoria del Segretario, la sua eredità politica e morale. Ma sarebbe profondamente sbagliato, perché Almirante fu l’Uomo della riunificazione, ostentata, cercata, vissuta del mondo che era sopravvissuto alla tragedia della guerra civile dalla parte degli sconfitti. Una vita in Parlamento e nelle piazze, a mantenere viva un’idea. Quanti ce ne sono di uomini politici così, oggi? riproduzione riservata Pubblichiamo ampi stralci del capitolo su Almirante tratto dal libro “La prossima a destra” (ed.Minerva), scritto da Francesco Storace.