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 2018  maggio 23 Mercoledì calendario

La paura del pipistrello

Nipah ed Ebola, due delle otto malattie più pericolose ed emergenti secondo l’Organizzazione mondiale della sanità ritornano a fare paura. La prima, nello Stato meridionale di Kerala, in India. La seconda, con una nuova epidemia nella Repubblica Democratica del Congo. Ad oggi sarebbero almeno una decina le vittime accertate in India e attribuite a Nipah, un virus mortale di cui sarebbero portatori i pipistrelli della frutta. Trasmettono agli animali e all’uomo, il contagio con i cibi. Un centinaio sono in quarantena.
Il virus Nipah è all’origine di una malattia infettiva localizzata per la prima volta nel 1998 su animali domestici e su esseri umani in Malaysia e poi in Bangladesh. I sintomi del Nipah sull’uomo: forte febbre, acuta difficoltà respiratoria ed encefalite. Può uccidere nel 70% dei casi. Non ci sono cure. Numeri ben più consistenti sono quelli che riguardano la nuova emergenza Ebola. Dal 4 aprile ad oggi il numero dei contagi ha superato la cinquantina e i morti sarebbero arrivati a 28. È già panico per il ritorno di questo virus letale. 
IL PANICOMa la verità è che Ebola non ha mai lasciato l’Africa. Conosciamo questo virus dal 1976 e per tutto questo tempo ha circolato nella zona equatoriale africana, causando 30 epidemie. Ad essere ritornata è solo la paura. Giustificata per chi si trova al centro di questa nuova epidemia, molto meno per i paesi occidentali come il nostro. 
«Il rischio di avere un’epidemia di Ebola importata nei nostri paesi è virtualmente nullo, come è stato ampiamente dimostrato nel corso dell’epidemia del 2014», assicura Giovanni Maga, direttore del laboratorio di Virologia Molecolare presso l’Istituto di Genetica Molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche di Pavia. «In uno studio prospettico effettuato durante l’epidemia del 2014-15 – continua – le probabilità di importazione di casi nei paesi Europei era stimata dell’1-2% con un numero di casi totali possibili inferiore a 5». 
Tuttavia per i paesi colpiti Ebola è una tragedia e, secondo l’esperto, ogni sforzo deve essere fatto per limitare il diffondersi dell’agente virale.
Del resto Ebola ha già causato tantissime vittime in Africa. «Negli ultimi 40 anni – spiega Maga – ci sono stati nove episodi epidemici, per la maggior parte in remote aree rurali. L’anno scorso, ad esempio, tra maggio e luglio si sono avuti 8 casi con 4 decessi. Nel 2014 ci sono stati 66 casi e 49 morti. La più grave è stata quella che ha interessato Liberia, Sierra Leone e Guinea con oltre 25000 casi e 10000 vittime. Nessuna epidemia precedente aveva avuto dimensioni simili. 
«Il motivo – spiega Maga – è stato l’interessamento di grossi centri urbani, rispetto alle epidemie nelle aree rurali scarsamente popolate e quindi più facilmente controllabili. L’allarme attuale riguarda proprio questo pericolo: dalla remota zona del Bikoro, il virus ha raggiunto la città di Mbandaka con oltre un milione di abitanti«». L’Oms si è già mobilitata e con essa molte organizzazioni non governative che stanno già operando sul campo. «Attualmente non esiste una cura per Ebola: il paziente o sopravvive o muore», dice Maga. «Quello che si fa – continua – è cercare di supportarne le funzioni vitali in modo da consentire il superamento della fase critica. Compito non facile nei paesi con infrastrutture sanitarie molto fragili». 
LA PROFILASSILa diffusione del virus si combatte anche agendo a livello culturale: i riti funebri, ad esempio, con le pratiche tradizionali di lavaggio, preparazione ed esposizione del defunto ai parenti e amici per giorni, hanno contribuito moltissimo alla diffusione del virus nell’epidemia del 2014». Ma a differenza del virus Nipah, contro Ebola ci sono alcuni strumenti terapeutici sviluppati proprio a partire dall’ultima grande epidemia: anticorpi per immunoterapia passiva e un vaccino sperimentale, che aveva dimostrato efficacia nelle ultime fasi dell’epidemia del 2014 e le cui prime dosi sono già state inviate in Congo.