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 2018  maggio 23 Mercoledì calendario

Il vero pensiero di Savona

ROMA Nonostante il fuoco incrociato proveniente dalle burocrazie di Bruxelles, da alcune componenti del Movimento Cinquestelle e per certi versi anche dal Quirinale, Paolo Savona resta il candidato primo cui affidare la guida del ministero dell’Economia. La presenza nella nascente compagine di governo di figure come Giampiero Massolo ed Enzo Moavero Milanesi viene infatti ritenuta sufficiente per riequilibrare l’immagine di euroscettico che in questi giorni gli è stata cucita addosso. Nel tentativo di metterlo fuori gioco ieri è stato accreditato di un piano accelerato per il distacco dall’euro (ovviamente inesistente) qualora fosse diventato davvero ministro, mentre alcune componenti M5S hanno rispolverato una vecchia vicenda di intercettazioni, peraltro penalmente irrilevante, di quando era presidente di Impregilo. Ma alla fine la sua candidatura ha retto. Anche perché ad una lettura più attenta delle sue dichiarazioni, emerge che la definizione di euroscettico non è così calzante per Savona. Di certo egli stesso si definisce «europeista riluttante», con molti interrogativi sulla cessione di sovranità dei singoli Stati e sul funzionamento dell’euro. Ma le sue critiche non sono mai venute prima che la crisi travolgesse la nostra economia. Lo ha fatto quando la recessione è diventata più acuta, mettendo a nudo gli opportunismi di cui sono intrisi i processi decisionali di Bruxelles e soprattutto la fragilità del Trattato di Maastricht. Una fragilità, va segnalato, che egli aveva preventivamente e con insistenza criticato ancor prima che l’Italia firmasse il Trattato nel 1992.
LA TESTIMONIANZAUna testimonianza delle sue perplessità è del resto contenuta in una recente pubblicazione del gruppo Class-Milano Finanza dal titolo Quando a Carli tremò la mano a cura dello stesso Savona e di Paolo Panerai. Da quanto scrive si comprende con chiarezza che egli era contro l’adesione all’euro non perché non ritenesse necessaria la moneta unica, ma perché la Bce era progettata in modo inadeguato e perché a suo avviso l’Italia non era ancora pronta.
Ed è proprio per questo motivo che quando Francesco Cossiga, allora Presidente della Repubblica (di cui Savona era consigliere economico), si rivolse a lui per un parere sulla firma del Trattato e sull’adesione all’euro, lo sconsigliò di procedere usando gli argomenti contenuti in appunto preparato per l’allora ministro Guido Carli. «In essi – scrive Savona – veniva sostenuta l’infondatezza teorica e la pericolosità pratica dei parametri di Maastricht mentre gli italiani e la loro politica non erano preparati ad accettare i vincoli dell’euro». Savona credette così di aver convinto Cossiga dell’opportunità «di invocare la clausola dell’opting out per avere un ampio lasso di tempo per preparare il Paese ad adempiere al gravoso impegno della stabilità del cambio», anche considerando «i vincoli imposti alla politica fiscale con l’Addendum al Trattato». Ma non andò così. Oltre a Savona, Cossiga consultò anche Carli, appunto, e Carlo Azeglio Ciampi, allora governatore della Banca d’Italia, che invece lo convinsero della necessita di aderire al Trattato. 
Le obiezioni «logiche» di Savona «alle scelte fatte a Maastricht da una setta misteriosa di consiglieri economici sono numerose», ricostruisce il libro. «La prima e fondamentale riguarda il trattamento del disavanzo pubblico». Un trattamento comune «implica che l’Europa abbia già completato l’unificazione normativa e di fatto dei mercati nazionali quindi anche l’armonizzazione fiscale», scrive. Inoltre Maastricht impone all’Italia un ulteriore aumento dell’avanzo e consente alla Germania un disavanzo, «ossia l’opposto di quanto prescrive la logica economica». Non solo. La «famigerata soglia del 3% del Pil non ha fondamento logico alcuno». Dunque la scelta «appare di una rozzezza tragica nelle sue conseguenze e occorre porre un urgente rimedio». Un’idea che egli evidentemente continua a coltivare e che da ministro dell’Economia e con un Parlamento più determinato alle spalle, ora vorrebbe tentare di rinverdire in favore dell’Italia.