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 2018  maggio 20 Domenica calendario

Guerra del sale in Sicilia

MILANO Sale, successi e paradossi. La Regione Siciliana aveva la maggioranza di Italkali che da 40 anni estrae e vende il salgemma, l’oro bianco di Sicilia. È ben gestita, è tra i leader in Europa (65 milioni di ricavi), il suo sale alimentare è tra i più diffusi e guadagna. Però adesso quella quota, dopo varie vicissitudini, è scomparsa, cancellata. La Regione (o meglio: il Vivaio Paulsen-Centro di vivaismo regionale, cui era stato girato quel 51%) non ha più un’azione di un fiore all’occhiello dell’industria siciliana. Eppure non ha mai venduto e dunque mai incassato un euro. Possibile?
Questa strana storia avrà un epilogo, presumibilmente definitivo, alle ore 11 del 5 giugno, quando i soci di Italkali modificheranno lo statuto chiudendo l’annoso equivoco: la società «mista pubblico-privata» di misto non avrà più nulla, è solo privata. Solido controllo (70%) alla famiglia Morgante e, tra gli altri, un ingombrante (e combattivo) socio (17,5%) che risponde al nome di Salins Du Midi, il concorrente francese. Ma il pugno di mosche senza neanche le mosche della Regione?
Tutto si riassume e si spiega con due date: 2008- 19 aprile 2018. E un aggettivo: inerzia.
Già vent’anni fa la Regione aveva pianificato l’uscita da Italkali ma è la legge Finanziaria del 2008 che mette l’ente pubblico di fronte a un’unica strada: vendere tutto il 51% entro il 2010. È talmente coercitiva l’imposizione che nel 2011 a Palermo non avevano ancora fatto la gara per scegliere i consulenti cui affidare la regia dell’operazione.
Quando la gara parte arrivano via Dhl due offerte in due buste, una di Unicredit-Irfis e l’altra di Meliorbanca. Ma quest’ultima non è integra. La gara sarebbe da rifare. Un po’ si prende tempo, un po’ si perde e un po’ ci si dimentica. E passano gli anni. Si può immaginare che alla famiglia Morgante, che aveva la gestione con meno del 30% del capitale, tutto sommato, non dispiacesse l’operosa indolenza del socio di maggioranza. Anche perché l’asta su un «succoso» 51% di Italkali poteva richiamare l’interesse, per esempio, dei francesi di Salins. O degli austriaci di Salinen, anch’essi soci, con una minuscola partecipazione. Quindi di gare o aste nessuno parla più. Non è chiaro se colposamente o dolosamente; diciamo «prudentemente».
Finché all’inizio del 2015 Francesco Morgante, il vecchio amministratore delegato di Italkali, profondo conoscitore della storia mineraria della Sicilia, dichiara: «La partecipazione della Regione è decaduta in base a quanto prevede la legge di Stabilità del 2014».
A questo punto il 51% diventa capitale proprio, cioè Italkali diventa il maggior azionista di se stessa in attesa che i soci esercitino la prelazione e liquidino la Regione, a un prezzo da stabilire.
Non è una strada in discesa e la società fa sapere che si tutelerà se «il tentativo di conciliazione si protraesse oltre i limiti tollerabili della corretta gestione aziendale». Dev’essere che i limiti sono stati superati perché arriviamo alla seconda data-chiave.
Il 19 aprile scorso gli azionisti di Italkali decidono di annullare, per scadenza dei termini legali, le azioni proprie non vendute in prelazione, cioè tutta l’ex partecipazione regionale. Un magistrale colpo di spugna. Proprio mentre a Palermo qualcuno, finalmente, si era svegliato, spedendo a Italkali l’ingiunzione per un risarcimento da 24 milioni. Dopo qualche anno di torpore.