Corriere della Sera, 20 maggio 2018
Il ragazzo che non ha più né° mani né piedi
«Quando i medici mi hanno detto che avrebbero dovuto amputarmi mani e piedi ho tirato quasi un respiro di sollievo. Mi ero svegliato dal coma e i miei arti non rispondevano più, erano rachitici, neri. I medici sono rimasti sorpresi dalla mia reazione, ma davvero in quel momento volevo solo che mi venissero tolte quelle parti che non sentivo più». Davide Morana è sorridente in tutte le foto. Non solo in quelle prima di contrarre la meningite di tipo C, la corsa al pronto soccorso, la paura di non sopravvivere. Ha lo sguardo scanzonato e ottimista anche dopo, fasciato sul letto d’ospedale come se fosse una mummia. Il padre e la madre, che l’hanno raggiunto in Spagna, dove si è trasferito da Bagheria tre anni fa, confermano: «È sempre allegro, faceva le battute anche prima delle operazioni. È stato lui a tirare su noi».
Davide ha 24 anni e non ha mai perso la voglia di vivere. «Il mio paese mi stava stretto, cercavo nuove esperienze. A Palermo ho conosciuto Cecilia, una ragazza spagnola che era venuta per l’Erasmus. Ci siamo fidanzati e l’ho seguita a Murcia». Davide in Italia aveva giocato a basket ad alti livelli e studiava Scienze motorie. «In Spagna invece ho seguito l’altra mia passione, mi sono iscritto a un corso per diventare tecnico agronomo. Lezioni al mattino, sport e studio al pomeriggio, la sera cameriere per mantenermi. Mi mancava solo l’ultimo trimestre».
A gennaio capisce che qualcosa non va. «Io sono diabetico, conosco bene il mio corpo. Non mi ero mai sentito così». Va al pronto soccorso, lo rimandano a casa pensando che sia una banale influenza. «La notte ho iniziato a vomitare, la mia ragazza si è accorta che mi erano spuntate delle macchie scure che si stavano allargando su tutto il corpo». Ritorna in ospedale, i medici questa volta capiscono che è meningite, la forma batterica, la più pericolosa. «Sono entrato in coma farmacologico. Erano convinti che non ce l’avrei fatta». Dopo 48 ore il corpo inizia a reagire, dopo sette giorni esce dal coma, dopo due settimane la decisione di tagliare gli arti ormai in cancrena. «Non so se si può parlare di miracolo, io non sono cattolico ma credo che qualcosa di soprannaturale sia accaduto. Ero spacciato e improvvisamente mi sono ripreso. Ho riflettuto su quanto siamo fragili, come un batterio microscopico può ridurre un essere umano».
Davide si sente, nonostante tutto, un ragazzo fortunato. «Innanzi tutto sono ancora qui a raccontare la mia storia». Anche con le amputazioni poteva andargli peggio. «Ginocchia e gomiti sono salvi. E questo mi consente di risparmiare molto sulle protesi». Ha guardato i prezzi, si è confrontato con chi ha affrontato gli stessi problemi. «In Spagna la mutua ti passa una sola mano, mioelettrica ma con la pinza, puoi solo afferrare e lasciare gli oggetti. Per fare una vita normale devi avere protesi con cinque dita, ma in questo caso costano come una Ferrari».
A fine mese sarà in Italia per farsi fare un preventivo. Sa già cosa lo attende, stima che se vorrà quello che gli potrà ridare un’esistenza quasi normale dovrà spendere intorno ai 200 mila euro. «Troppo, io e la mia famiglia non possiamo permettercelo». Per questo ha pensato di avviare una raccolta fondi, ha aperto un sito (www.davidemorana.com), i suoi amici, sia in Spagna che in Sicilia, stanno organizzando feste ed eventi per trovare i soldi.
Davide è pieno di progetti. «Ho grandissime idee. Voglio tornare a correre, fare sport a livello paralimpico. E aiutare tutto il mondo degli amputati. Non è possibile che le protesi costino così tanto». Sua sorella ha contattato la madre di Bebe Vio, lei ha chiamato Davide e l’ha invitato a Roma a metà giugno. «Sono consapevole che non bisogna fare progetti troppo ambiziosi, andare avanti passo dopo passo. Ma quello che mi sta succedendo è stupendo, nemmeno io ci credo».