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 2018  maggio 16 Mercoledì calendario

Chi è Moqtada al Sadr

Moqtada al Sadr è un pragmatico forte del suo «sangue blu» tra gli sciiti iracheni, ex protetto dall’Iran e ostile agli americani già molto presto dopo l’invasione del 2003, deciso nelle sue posizioni, ma anche soggetto a mutamenti repentini. I risultati delle elezioni parlamentari del 12 maggio lo danno come inatteso vincitore e certamente uomo chiave del nuovo panorama politico a Bagdad. Un voto che ha visto la partecipazione inferiore del cinquanta per cento e dove il programma della coalizione sadrista «Sairoon» (Insieme verso il futuro), fondata sull’alleanza con sei liste liberali e i comunisti per la creazione di uno Stato laico «super partes» favorevole ad un governo di tecnici contro inefficienza e corruzione, ha raccolto ampi consensi tra le classi meno abbienti sciite e sunnite. Al Sadr capitalizza sulle stanchezze di un Paese esaurito dalla guerra contro Isis, impoverito, spaventato dalle spinte secessioniste curde, frustrato dalla scarsità degli aiuti americani ma anche dall’influenza iraniana e soprattutto sospettoso degli odi fomentati in nome del settarismo religioso.
Moqtada si fa interprete del desiderio di cambiamento degli iracheni. Nei primi mesi dell’estate del 2003, appena trentenne, già mostrava alcune caratteristiche che evidenzia in questi giorni. Durante un paio di interviste con il Corriere, quando ormai gli americani lo indicavano come un pericoloso estremista sospettato di aver assassinato l’imam sciita moderato Abdul Majud al Khoei, Moqtada appariva combattuto tra il desiderio di farsi paladino degli oltranzisti sciiti e invece uomo del dialogo con le forze della coalizione occidentale presenti nel Paese. Addirittura aveva espresso il desiderio di incontrare i rappresentati italiani a Bagdad, che però avevano declinato l’invito. Poco dopo proprio i sadristi guidavano la mobilitazione delle milizie sciite in due campagne di guerra contro gli americani. E il contingente italiano a Nassiriya si ritrovò a dover combattere contro unità sciite legate a filo doppio ai comandi di Moqtada. Larga parte del suo indubbio carisma deriva dal padre, Mohammed Sadeq al Sadr, e dallo zio, Moqammed Baqir, entrambi leader religiosi assassinati dai sicari di Saddam. Quando poi gli americani misero una taglia sulla sua testa lui trovò rifugio a Teheran.
Ma il rapporto con i duri del regime iraniano si è interrotto. Moqtada insiste sulla necessità di inglobare i sunniti nella compagine di governo. La sua politica è sempre più nazionale e sempre meno settaria. Nel 2016 i suoi fedelissimi fecero irruzione nel Parlamento chiedendo le dimissioni dei «corrotti» e l’avvio di politiche più inclusive dei non sciiti. Tanto che nel febbraio scorso Ali Akbar Velayati, consigliere del leader supremo iraniano ayatollah Ali Khamenei, si disse apertamente contrario a Moqtada. «Non permetteremo che liberali e comunisti vadano al potere in Iraq», dichiarò. Ora quella presa di posizione può aiutare il nuovo Moqtada, più che mai determinato a rivendicare la totale autonomia del prossimo governo a Bagdad.