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 2018  aprile 25 Mercoledì calendario

Il premier giapponese Shinzo Abe potrebbe essere presto costretto alle dimissioni

La rivista «Time» l’ha appena inserito nell’elenco dei 100 personaggi più influenti al mondo. Ma Shinzo Abe, leader del Giappone dal 2012, oggi invece appare sul punto di cadere.
Continua pagina 7 Stefano Carrer
Continua da pagina 1 Forse si tratta di un infortunio giornalistico. Eppure Shinzo Abe, premier del Giappone dal dicembre 2012, a inizio anno era proiettato verso il coronamento di tutti i sogni della sua vita. Ma oggi, a causa di un rapido succedersi di avvenimenti all’interno – con il riesplodere di un paio di scandali – coniugati a una certa perdita di levatura internazionale la sua stella è decisamente appannata.
Nei circoli politici di Tokyo, c’è chi scommette che dovrà dimettersi a giugno, molti ritengono che non andrà oltre settembre. Alcuni organi di stampa ipotizzano addirittura elezioni anticipate agli inizi di giugno o di luglio. Il che pone punti interrogativi sui destini della “Abenomics”, l’aggressivo pacchetto macroeconomico promosso dal 2013 per la reflazione e il rilancio dell’economia, e sull’eventuale ritorno di premier deboli e transitori in quello che negli ultimi anni è apparso come il Paese più stabile del G7.
Si allontana il terzo mandato 
Reduce dal successo conseguito a ottobre con la mossa audace delle elezioni anticipate, Abe sembrava proiettato verso la conferma alla guida del partito Liberaldemocratico agli inizi del prossimo autunno. Se il presidente cinese Xi Jinping ha fatto modificare la Costituzione per togliere il limite dei due mandati quinquennali, il premier nipponico aveva fatto cambiare lo statuto del partito per consentirsi un terzo mandato triennale e quindi una proroga della sua leadership anche alla guida del governo.
L’obiettivo era di gestire i grandi eventi del 2019 – dal G20 di Osaka al delicato passaggio della successione imperiale anticipata, prevista alla fine del prossimo aprile – per diventare quindi il premier delle Olimpiadi 2020 di Tokyo. In questo modo Abe sarebbe passato alla storia come il premier più longevo nella storia del Giappone moderno, superando l’attuale record detenuto dal generale Taro Katsura, agli inizi del Novecento, anch’egli proveniente dalla provincia guerriera di Yamaguchi.
Revisione costituzionale in stallo 
Più che a questo record, però, Abe punta all’obiettivo di entrare negli annali come il premier in grado di promuovere il cambiamento della Costituzione ultrapacifista approvata nel periodo di occupazione americana, attraverso la “costituzionalizzazione” delle forze armate, formalmente vietate dalla carta fondamentale: sarebbe il simbolo del superamento dei traumi dell’ultima guerra, ossia il ritorno del Giappone, secondo le sue parole, a essere un «Paese normale». Se durante il suo primo effimero mandato come premier nel 2007, riuscì a introdurre il ministero della Difesa (fino ad allora una Agenzia governativa), se tre anni fa seppe varare per via interpretativa ufficiale la possibilità per le forze armate di agire anche all’estero in difesa di alleati, l’ultimo e più decisivo passaggio ancora gli manca: non gli è stato possibile finora attuare la revisione costituzionale a causa delle forti resistenze dell’opinione pubblica.
Il suo background familiare conservatore gli dà la ferma convinzione che l’opinione pubblica sbaglia nel desiderare una proroga all’infinito dello status formale del Giappone come Paese più pacifista del mondo. Suo nonno Nobusuke Kishi – ex membro del gabinetto del generale Hideki Tojo durante il secondo conflitto mondiale, incarcerato come criminale di guerra, poi riabilitato e divenuto premier alla fine degli anni ’50 – cercò anch’egli di modificare il fatidico articolo 9 e sfidò le più imponenti manifestazioni di piazza per far passare il rafforzamento del trattato di alleanza con gli Usa. Dovette dimettersi, ma ora anche i “liberal” ammettono a denti stretti che tutto sommato fu una decisione giusta, che consentì al Paese di dedicarsi alla crescita economica passando indenne tra gli scogli della guerra fredda. Analogamente, per Abe, di fronte alle grandi sfide attuali e future è compito del governo forzare gli impulsi pacifisti della maggioranza dei cittadini.
Il peso dei favori 
Sennonché la popolarità del premier è precipitata ai minimi storici, sotto la soglia di guardia del 30%. Tanto che lo stesso ex premier Junichiro Koizumi ha dichiarato pubblicamente: «Abe si trova in una situazione pericolosa. Si dimetterà intorno alla fine dell’attuale sessione della Dieta (20 giugno)?». Koizumi si è distanziato dalla linea del partito sul tema del nucleare, perché vorrebbe che il Giappone del post-Fukushima rinunciasse del tutto all’energia atomica, ma quella su Abe non è una illazione: dice quanto molti ritengono probabile, ossia che la parabola dell’attualepremier sia al termine.
Due gli scandali di presunti favoritismi, entrambi riguardanti istituzioni educative. Il primo concerne la vendita di un terreno pubblico a prezzi stracciati a un operatore scolastico nazionalista, Moritomo Gakuen, per costruire una scuola elementare. Il secondo, la procedura anomala e accelerata per il permesso di realizzare una nuova scuola di veterinaria facente capo a un amico di Abe, Kotaro Kake. Questi casi hanno reso popolare la parola “sontaku”: il meccanismo psicologico per cui i burocrati favoriscono qualcuno che vanta amicizia o affinità ideologica con la superiore autorità politica, pensando di fare cosa grata “molto in alto”. Non necessariamente, insomma, il politico o il beneficiato avrebbero chiesto espressamente il favore. Ma per l’opposizione parlamentare, è un problema di norme violate con l’avallo della politica, sintomo di un sistema a rischio di degenerazione clientelare.
Si tratta di scandali scoppiati già l’anno scorso, ma riesplosi per via dell’emergere di documenti pubblici falsificati. Nel mirino in particolare il ministero delle Finanze, anche con dimissioni o suicidi di funzionari: il ministro Taro Aso, braccio destro del premier, cerca di resistere in una trincea assediata persino da uno scandalo di molestie sessuali che ha travolto un viceministro (#MeToo è arrivato anche in Giappone). Altri casi di cover-up hanno riguardato il ministero della Difesa. Gli attacchi alla stampa e la centralizzazione della gestione della burocrazia si sono ritorti contro Abe: la stampa fa rivelazioni, la burocrazia asservita ha forse interpretato i suoi desideri (non esplicitati) fino a violare la legge.
Umiliazioni da Trump 
Se nelle ultime elezioni il premier era riuscito a canalizzare le preoccupazioni per i missili di Kim Jong-un, i rapidi sviluppi in senso distensivo della situazione diplomatica l’hanno visto marginalizzato, quasi tagliato fuori, mentre sul fronte commerciale Donald Trump l’ha ripetutamente umiliato, anche via twitter, evidenziando che lo strombazzato rapporto privilegiato con il presidente americano era una fake news. «La presunta diplomazia del golf si è rivelata controproducente in modo spettacolare», osserva uno dei commentatori più critici, William Pesek. Gli Usa sono usciti dalla Trans-Pacific Partnership (Tpp) nei giorni in cui Giappone la ratificava e non hanno esentato (come fatto per altri alleati) Tokyo dai dazi su acciaio e alluminio.
Anche i presunti buoni rapporti con Putin non hanno smosso di una virgola il presidente russo sulla questione delle 4 isolette che il Giappone rivendica. Per contro, Abe si è posizionato come il campione del free trade in Asia, promuovendo la Tpp a 11 Paesi e l’accordo di libero scambio con la Ue che dovrebbe firmare a luglio a Bruxelles. L’Abenomics, poi, ha portato da ultimo a 8 trimestri consecutivi di crescita trimestre su trimestre, anche se i critici rilevano alcuni mancati obiettivi (il target di inflazione del 2% ancora lontano, passo lento delle riforme sistemiche, aumento delle diseguaglianze. 
Successione in vista 
Tra i possibili successori, si fanno i nomi di Shigeru Ishiba, ex ministro della Difesa; e di Fumio Kishida, ex ministro degli Esteri. Soluzioni più audaci sarebbero Taro Kono, attuale ministro degli Esteri, o il giovane (36 anni) Shinjiro Koizumi (il figlio), mentre la prima donna premier potrebbe essere Seiko Noda, ministra degli Affari interni.
Secondo Gerry Curtis, veterano osservatore della politica giapponese, tra le correnti del partito Liberaldemocratico cresce il desiderio di porre fine all’era-Abe ma «non c’e’ ancora un diffuso consenso sul prossimo cavallo su cui puntare». Anche se il suo partito ha un’ampia maggioranza alla Dieta, l’ipotesi elezioni anticipate è tornata nell’aria. Secondo molti analisti il prossimo premier dovrà essere meno decisionista e meno longevo, anche se erediterà il ruolo più forte del “Kantei” (l’ufficio del premier) promosso da Abe a scapito di altri ministeri.