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 2018  aprile 25 Mercoledì calendario

Se anche nelle scuole d’élite i bulli la fanno da padroni

Anche i ricchi piangono recitava il titolo della celebre telenovela; ma spesso e volentieri, i ricchi, sanno pure menare. E, se sono baby-ricchi, menano di più: preferibilmente a scuola. Dove si trasformano in insospettabili bulli d’élite, con tanto di abbigliamento griffato da vigliacchetti di ceto alto. 
Dispiace per il «Teorema di Michele Serra», secondo cui «non è nei licei classici o scientifici, ma negli istituti tecnici e nelle scuole professionali che la situazione è peggiore», tuttavia va sottolineato come la tesi dell’editorialista di Repubblica non trovi nessun riscontro nella realtà dei numeri. Ne consegue che tutto il surreale «dibattito» seguito a quanto scritto da Serra nella sua rubrica Amaca si è sviluppato su da basi solide quanto quelle di un castello di sabbia. 
A rendere più tragicomica la situazione ha poi pensato chi, per ribattere a Serra, non si è fatto scrupolo di tirare in ballo nomi altisonanti come Engels, Marx, Orwell con tanto di richiami al classismo, al populismo e addirittura al lumpenproletariat che – ci assicura chi ha studiato – significa «proletariato straccione». 
Noi, più modestamente, abbiamo consultato sul tema bullismo gli ultimi dati Istat che analizzano il fenomeno. Risultato: la percentuale del 20% di casi di bullismo che si registrano nei «poveri» istituti tecnici e professionali è la stessa che si constata nei «ricchi» licei classici e scientifici. Un dato trasversale che sconfessa ogni speculazione minata da pregiudizi di carattere ideologico o da stereotipi a sfondo socio-politico. 
A conferma della «patologica democrazia» del bullismo ci sono inoltre le cifre evidenziate della piattaforma Google Trends che mostrano come il bullo – per così dire – «d’alta borghesia» sia una costante non solo in Italia, ma in moltissime parti del mondo. A cominciare da quei Paesi dove i college prevedono rituali «goliardici» con soprusi e angherie che, in diversi casi, hanno provocato la morte delle vittime.
Pur senza arrivare a conseguenze così drammatiche, l’anno scorso due degli istituti più blasonate frequentati dai rampolli della Milano-bene furono al centro di scandali «bullistici»; non solo: dalle indagini venne fuori che uno dei bad boy più violenti era il figlio di un notissimo giornalista televisivo specializzato nel trattare casi di cronaca nera. 
E che dire di quanto accadeva nelle aule della prestigiosa scuola francese della Capitale? A denunciare lo scorso anno «casi di bullismo e insulti razzisti sui ragazzi di colore» fu addirittura la moglie dell’ex console di Francia a Roma, esasperata da quanto il figlio 12enne era costretto a subile in classe. 
Uno scandalo che, per il buon nome della scuola francese, i vertici dell’istruzione misero subito a tacere. 
«Non denunciare abusi e sopraffazioni o tentare di minimizzarli è un grave errore – ci spiega la deputata Federica Zanella, tra le prime promotrici delle campagne contro il bullismo -. Da ex presidente del Corecom Lombardia abbiamo promosso varie ricerche sul fenomeno, dimostrando come questa piaga sociale possa essere curata solo con un impegno sinergico da parte di tutte le istituzioni considerato che il fenomeno accomuna nella stessa maniera le regioni del Nord, del Centro e del Sud». Un punto sul quale sono d’accordo anche al Centro antibullismo del Fatebenefratelli, il primo ospedale italiano a garantire un servizio di assistenza, cura e prevenzione su questo fronte. 
Una realtà che, nel corso degli anni, si è talmente aggravata fino a coinvolgere tra le vittime gli stessi insegnanti. Le immagini-choc di questi giorni con professori umiliati, derisi e aggrediti dai loro studenti (e spesso anche dai genitori) sono lì a dimostrare che il «patto sociale» che da sempre si è retto sul rispetto e l’autorevolezza della figura docente e dell’istituzione scolastica è ormai completamente saltato. 
Un pessimo segnale per l’intera società civile.