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 2018  aprile 25 Mercoledì calendario

Riccardo Bacchelli, talento schivo. «Il Nobel? È come le castagne»

Ottant’anni addietro, Riccardo Bacchelli (1891-1985) inizia a scrivere quel monumentale romanzo storico che è Il mulino del Po. Tre volumi: Dio ti salvi, edito lo stesso anno, 1938, da Treves, La miseria viene in barca, uscito nel ’39 da Garzanti, editore anche del Mondo vecchio sempre nuovo (1940) e, nel 1943, dell’insieme dei tre libri. Nel ’57, Il mulino esce nella Biblioteca moderna Mondadori. Da allora l’epopea di quattro generazioni dei mugnai ferraresi Scacerni ha decine di edizioni. Peccato che Bacchelli sia stato escluso dai Meridiani. Una proposta – in tre volumi —, avanzata una ventina d’anni fa da Giancarlo Vigorelli e Maurizio Vitale (uno dei maggiori esegeti ed amico dello scrittore) non ha fortuna. «Bacchelli è presente in varie collane – osservano ai Meridiani —. Il diavolo al Pontelungo (1927), per esempio, è stato appena ristampato negli “Oscar moderni”», a cura di Marco Veglia, cui si deve anche Le notti di via Bigli, edito da Il Mulino. 
Un’occhiata ai Meridiani riserva qualche sorpresa. Di Thomas Mann sono usciti dodici tomi. E diversi anche di Balzac, Zola, Goethe, Proust, Hesse, Manzoni, Calvino, Silone, Pasolini, Ungaretti, Arbasino. Cui si aggiungono la Ginzburg, Camilleri, Magris, la Romano, Bevilacqua e tantissimi altri. C’è anche Eugenio Scalfari: che cosa ci fa nei Meridiani? Tant’è.
Se Dostoevskij definisce Anna Karenina «il capolavoro assoluto della letteratura del XIX secolo», Il mulino del Po può considerarsi «fra le opere più insigni della letteratura d’ogni tempo». Per molto tempo il nome di Bacchelli gira a Stoccolma. «Sì, ogni anno, a ottobre, torna il Nobel. Con le castagne e il vino buono», si schermiva lo scrittore.
Il mulino del Po. «Gli ultimi mulini natanti, gli ultimi degli ultimi: un tema, un’idea poetica, e tanto cara da avermi tenuto molti anni riluttante prima di metterci mano» annota il narratore nel prologo a Dio ti salvi. Mulini dai quali Indro Montanelli non riesce a stare lontano: «Ogni poco ci torno come a ricercarvi il senso della mia stessa vita. Ce la ritrovo tutta», scriverà. 
L’«idea poetica» piace tanto ad Alberto Lattuada da tradurre, nel 1949, il terzo libro in un film (alla sceneggiatura collaborano anche Federico Fellini, Mario Bonfantini, Luigi Comencini, Sergio Romano; musica di Ildebrando Pizzetti). Fra gli interpreti, Carla Del Poggio, Jacques Sernas, Isabella Riva. Sandro Bolchi, invece, fa due sceneggiati televisivi: nel 1963, in cinque puntate, ispirandosi al primo volume (fra gli attori, Raf Vallone, Giulia Lazzarini, Tino Carraro, Raoul Grassilli, Ave Ninchi) e, nel 1971, in altre quattro, guardando al secondo e terzo libro del romanzo (stavolta con Valeria Moriconi, Ottavia Piccolo, Ornella Vanoni, Nanni Svampa e altri). Bacchelli collabora con i registi, sintetizza la psicologia dei personaggi. E talvolta i vari Scacerni, Malvasone, il Beffa, Desolina, i numerosi Verginesi, donna Cecilia, Smarazzacucco, la Sniza, il Padrone, l’Argìa, ecc. diventano protagonisti delle conversazioni fra lo scrittore e gli ospiti, nella sua casa milanese di via Borgonuovo. 
La memoria fa un salto indietro nel tempo, agli anni Settanta.
Dall’aspetto imponente e dall’eloquio misurato, lo scrittore può sembrare un po’ orso, come Carlo Bo. Apparenza. Entrambi, generosissimi e affettuosi, non amano le smancerie. Tanti gli esempi. Nel ’73 esce Il giuoco della memoria e ne porto una copia a Bacchelli. Una settimana dopo il «Corriere» pubblica una recensione a firma dello scrittore. Nel ’78, legge lo slegato de La stagione del clown. Passano alcuni giorni e Bacchelli mi dà un paio di pagine protocollo, scritte a mano: una sorta di prefazione breve. Ma il libro è già stampato, così alla Guanda decidono di metterla sulla quarta di copertina. «I bambini? Mi piacciono arrosto», diceva Bacchelli. Una foto dell’80 lo coglie in soggiorno, a giocare con Paolo, che allora aveva cinque anni, mentre si lascia tirare per mano… 
E, poi, il «dialogo» con Prezzolini. Nell’81, Franco Di Bella vuole – per la prima pagina – un confronto fra Prezzolini (99 anni) e Bacchelli (90) su «pessimismo e speranze sul futuro dell’Italia». Contatto i due grandi vecchi. «L’Italia, oggi, va a rotoli, si sta suicidando, come sempre del resto, per molte cause piccine, pidocchiose – osserva Prezzolini —. Piccole invidie, minimi interessi, sabbiose aspirazioni, ventose ambizioni, minuscoli frutti, delitti spesso da osteria, congiure da palcoscenico, imbrogli da seminario, scene da circo». 
E Bacchelli: «Non rispondo a Prezzolini perché dice solo sciocchezze. Non voglio neppure sentirne parlare. L’ultima volta che lo vidi, nel ’14, assieme a Slataper, gli volevo rompere la testa. Come si fa a fare l’analisi di un popolo su due piedi? Furbizia, rivolte, imbrogli? Ci sono anche negli altri popoli. Gli italiani li ammettono e, spesso, stupidamente, se ne vantano anche».