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 2018  aprile 16 Lunedì calendario

La guerra negli occhi di Masa

Gli occhi verdi di Masa somigliano a quelli della ragazza afghana fotografata da Steve McCurry. Sono meno spaventati, forse perché confortati dalle cure di mamma Amani, che la avvolge con dolcezza nel suo manto nero. Qui non la vediamo, ma a destra c’è anche la gemella Malaz, che ha 7 anni come lei. Sono sfuggite, insieme, alle bombe chimiche di Douma lanciate dal regime di Assad. La foto è apparsa ieri sul «Sunday Times» in un reportage dalla Siria del Nord, dove la famiglia di Masa è stata evacuata. 
Il giornale britannico ha raccolto per primo le testimonianze su ciò che è accaduto sabato 7 aprile. Erano circa le sei di sera quando la famiglia di Masa e Malaz si trovava nascosta nello scantinato di casa con 75 vicini: «Le bombe quella sera erano davvero forti», ha ricordato mamma Amani, 34 anni. Esplosioni e polvere.
Poi tutto sembra tornare tranquillo, quando si sentono due colpi sordi («come se qualcosa fosse precipitato»), seguiti da un sibilo. Due giovani corrono fuori a vedere cosa succede, ma tornano subito indietro urlando: «Gas, gas! Uscite!». Nessuno ha dimenticato i 1.400 morti della vicina Ghouta, vittime del gas nervino nel 2013. Dunque a quel punto, mentre suo marito Diaa, malato di diabete, lascia che sia il fratello ad afferrare Malaz per portarla via, Amani prende per mano Masa e salendo per le scale si inoltra dentro una nuvola bianca maleodorante (probabilmente un misto di cloro e nervino).
«Il gas era piccante in gola come il peperoncino, vomitavo e tossivo, non si poteva respirare, le persone intorno cadevano per terra». Anche Amani perde i sensi per qualche istante, mentre Masa al suo fianco comincia a schiumare dagli angoli della bocca. «Sentivo di perdere le forze, non controllavo il mio corpo, tremavo». Ritrova il marito, il cognato e Malaz al secondo piano dell’edificio, dove alla fine crolla per terra, ma restando cosciente. Vede il buio e sente di respirare polvere e miasmi, le bombe continuano a precipitare e a far vibrare le pareti. Fatto sta che a un certo punto la famiglia si ritrova per strada, tra gente che arranca e piange sui corpi di parenti e amici immobili per terra. Altri gettano acqua sui corpi ancora vivi con le bocche ribollenti di schiuma bianca.
«Nel seminterrato della casa a fianco della nostra», ricorda Amani, «sono morti tutti perché non hanno sentito il gas». Quando il gas si è ritirato, i soccorritori hanno trovato negli scantinati cumuli di cadaveri ustionati e con la pelle squamata. Si sa che nelle tragedie c’è sempre qualcuno che è più fortunato di altri. La famiglia di Masa e Malaz riesce a raggiungere una clinica, tra morti e morenti, tra gente attaccata agli apparecchi respiratori e altri che si spruzzano d’acqua. «Ho visto un dottore in lacrime perché aveva solo tre medicine per 40 pazienti». Per le gemelle, che ormai respirano a fatica, ci sono ancora due siringhe. Malaz con il suo orsacchiotto e Masa con il volpino di peluche tra le mani ci guardano, sembrano stanche ma serene. Se non fosse per il manto nero di mamma Amani, quasi un avvertimento, potrebbero essere figlie nostre che dopo aver corso tutto il pomeriggio in giardino stanno per addormentarsi nei loro lettini e fare sogni d’oro.