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 2018  marzo 20 Martedì calendario

Vegano, dislessico e malato per i social. Chi è il 28enne che ha svelato gli abusi

LONDRA Ventotto anni, canadese, omosessuale, vegano, capelli cortissimi con più di un riflesso rosa, piercing al naso, ultragenio dislessico dalla parlantina brillante e soprattutto molto, molto pentito dell’uso fatto in passato dei suoi straordinari talenti: è questo Christopher Wylie, l’uomo che ha deciso di raccontare tutto quello che succede nella sua ex società, Cambridge Analytica, dove in passato ha contribuito a costruire «lo strumento psicologico fotti-cervello da guerra di Steve Bannon» e ad aprire le strade ai colpi di scena politici del 2016: elezione di Donald Trump, Brexit, ecc...
Da Cambridge Analytica si è allontanato già nel 2014 ed è poco meno di un anno che fa da fonte alla giornalista dell’Observer Carole Cadwalladr, ma solo ora ha deciso di raccontare la verità a viso scoperto. «Mi sento responsabile, ed è qualcosa che rimpiango», racconta Wylie in un’intervista, dopo che la giornalista l’ha definito «il primo grande whistleblower, spifferatore, della generazione millennial». Oltre ad una immediata notorietà globale, la prima conseguenza tangibile del suo coraggio è stata quella di trovarsi l’accesso bloccato a tutti i social networks, da Facebook a Instagram a WhatsApp. 
Wylie è un irregolare. Ha lasciato la scuola a sedici anni senza neppure un diploma, ma la sua dimestichezza con l’informatica l’ha presto portato a lavorare con la politica: prima, a 17 anni, nell’ufficio del leader dell’opposizione canadese e poi, un anno dopo, a fare apprendistato dall’ex responsabile del «targeting» politico per la campagna di Barack Obama. Un’ascesa fulminante che l’ha convinto, a 20 anni, a riprendere gli studi e a decidere di andare a studiare legge alla London School of Economics, trasferendosi nel Regno Unito e iniziando lavorare con i LibDem: se si fossero fatti sedurre loro dalle sue idee la storia avrebbe preso un corso molto diverso. 
L’IDEA CHIAVE
Ma proprio l’osservazione di quell’elettorato fluido, innovatore, progressista, aperto a tutto gli ha dato la sua idea chiave, secondo quanto raccontato dall’Observer: «I tratti della personalità possono predire i comportamenti politici». Da lì a Cambridge Analytica, che allora si chiamava SCL Group, il passo è stato breve e l’amministratore delegato Alexander Nix, uno che oggi Wylie definisce un «etoniano altoborghese che si aspetta che la gente lo segua ovunque vada», lo aveva assunto per «testare tutte le folli idee» di cui Wylie era una sorgente inesauribile. 
Folli idee che avevano suscitato anche l’interesse di uno come Steve Bannon, all’epoca direttore di Breitbart News, che grazie ai soldi del finanziere miliardario Robert Mercer aveva permesso a Nix di far fare alla sua società il salto di qualità.
A quel punto Wylie si era ritrovato ad avere Bannon come capo e a collaborare con il professor Aleksandr Kogan di Cambridge, mettendo a punto la app del test di personalità grazie alla quale era possibile non solo accedere ai dati, inclusi i messaggi privati, di chi, ignaro, lo faceva, ma anche a quelli della rete di amicizie dello sventurato. Nix, in un’audizione sulle fake news di febbraio scorso, ha dichiarato davanti ad una commissione parlamentare che «non lavoriamo con i dati di Facebook, usiamo Facebook per fare pubblicità», cosa che Wylie contesta dal profondo, spiegando che «nei tempi in cui ci lavoravo io era fondamentalmente non vero, poiché abbiamo speso un milione di dollari per raccogliere decine di milioni di profili facebook» e anzi, «la compagnia stessa era fondata sull’uso dei dati Facebook». 
CONTRO I TITANI
Wylie ha lasciato Cambridge Analytica nel 2014, ha cercato di dire tutto al social network di Mark Zuckerberg. Ora si è messo contro dei titani pronti ad impugnare i contratti firmati in passato e rischia cause milionarie, ma ha dalla sua una generazione che sta prendendo coscienza che essere vegani ed ecologisti non basta, se poi si mettono a punto vere e proprie armi. Come ha detto una fonte anonima alla giornalista dell’Observer, «è una delle persone più intelligenti che si possano incontrare. A volte è un dono, altre una maledizione».