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 2018  febbraio 24 Sabato calendario

Nove giorni al voto, i partiti cercano di far dimenticare i loro programmi

È iniziata l’ultima settimana di campagna elettorale prima del silenzio pre-voto imposto dalla legge.  

E il clima non mi sembra dei più sereni.
Oggi Roma è blindata per via di cinque manifestazioni quasi contemporanee: il corteo antifascista indetto dall’Anpi e appoggiato dal Pd, la marcia dei Cobas e dei movimenti per la casa, il sit-in dei no vax a San Giovanni e quello degli antagonisti davanti al centro di permanenza di Ponte Galeria e infine in serata la manifestazione di Giorgia Meloni a piazza Vittorio. Ordine pubblico affidato a 3.500 poliziotti, controlli severi a caselli autostradali, autogrill, stazioni ferroviarie con perquisizioni di pullman e auto private. Divieto di caschi, bandiere e qualsiasi oggetto appuntito. Cortei e sit-in saranno sorvegliati da elicotteri e droni. In contemporanea Salvini sarà a Milano, a Piazza del Duomo, per un’adunata che si chiama “Ora o mai più”. Nelle locandine della manifestazione s’è visto un leader della Lega sorridente, con giacca blu e aria rassicurante, con la scritta “Prima gli italiani” (anche se si è scoperto che i modelli sui manifesti sono cechi e slovacchi). Alla stessa ora (15), a poche centinaia di metri da piazza del Duomo, in piazza Beltrami, davanti al Castello Sforzesco, quelli di CasaPound Italia si daranno appuntamento per il comizio di Simone Di Stefano e della candidata alla presidenza della Regione Lombardia, Angela De Rosa. Mentre antagonisti ed esponenti dei centri sociali e di tutte le sigle della sinistra più dura terranno un sit-in in Largo La Foppa. Il tutto nell’arco di un chilometro. Anche a Milano c’è una certa preoccupazione per l’ordine pubblico.  

Ma non sarà che anche voi della stampa state esagerando con questo allarme sicurezza?
Non so. Da inizio anno gli episodi di violenza sono stati una settantina e sono aumentati esponenzialmente in seguito alla sparatoria di Traini a Macerata e al pestaggio del carabiniere a Piacenza.
Dopo l’esponente di Forza Nuova picchiato a Palermo, il caso dell’attivista di Potere al Popolo accoltellato a Perugia, le minacce alle «guardie» incise sulla lapide di via Fani e l’irruzione di Forza Nuova negli studi di Giovanni Floris, il ministro dell’Interno Minniti ha avvertito che non saranno tollerate violenze politiche e ha ricordato che «nessun atto violento è rimasto impunito. Per tutti la reazione è stata immediata: perquisizioni, indagini, denunce circostanziate, fermi». Ieri, sulla pagina Facebook «Noi poliziotti per sempre», sono state pubblicate le immagini impressionanti di un agente ferito al gluteo da una delle schegge inserite nelle bombe artigianali lanciate giovedì sera a Torino da alcuni dei centri sociali che hanno scatenato la guerriglia in strada contro il comizio di Simone De Stefano di CasaPound.
  • A proposito di CasaPound, ho letto che Laura Boldrini vorrebbe vietarne le manifestazioni.
In realtà la presidente della Camera ha ribadito che «i gruppi che si ispirano al fascismo vanno sciolti, non perché lo dico io ma perché lo dice la Costituzione, come è accaduto negli anni Settanta». È evidente che Forza Nuova o CasaPound hanno poche possibilità di entrare in Parlamento e stanno sfruttando questa campagna elettorale per avere visibilità, anche provocando e cercando lo scontro di piazza. Quello che mi fa una certa impressione sono i richiami, come quello della Boldrini, agli anni Settanta, agli anni di piombo, quando ci si sparava e ci si uccideva per strada tra rossi e neri. In questo caso mi pare che il parallelismo non regga, oggi siamo di fronte ad atti di teppismo politico disomogeneo. E non credo che sia la politica a creare violenza, credo piuttosto che i partiti non abbiano più la capacità di arginare gli istinti più violenti presenti nella società, o in alcuni casi non vogliano arginarli. Il senso di insicurezza provocato dalle ondate migratorie viene sfruttato per giustificare discorsi che incitano al razzismo.  

• Rimpiange i partiti di una volta?
No, ma annoto che fra nove giorni andremo al voto e sappiamo già che molto probabilmente non avremo un vincitore in grado di creare un governo. Colpa di una legge elettorale pasticciata  ma anche della mancanza di leadership davvero convincenti. Di Maio inciampa tra un congiuntivo e un candidato inadeguato, il centrodestra è ancora aggrappato a Berlusconi e a sinistra Renzi è ormai delegittimato dai suoi stessi compagni di corsa, tant’è che negli ultimi giorni abbiamo assistito a Prodi e Napolitano che hanno sostenuto con calore Gentiloni, il quale domani al teatro Sistina di Roma riceverà anche l’appoggio di Veltroni. L’attuale premier non è certo il prototipo dell’uomo forte, ma almeno ha la capacità di navigare con tranquillità nella tempesta.  

Cosa dobbiamo attenderci in questa ultima settimana di campagna elettorale?
Molte polemiche e poche idee. Come ha scritto bene Federico Fubini sul Corriere della Sera, gli ultimi giorni di questa campagna elettorale probabilmente verranno ricordati non per quello che dicono i candidati, ma per ciò di cui hanno smesso di parlare. Con poche eccezioni, i partiti e i leader non citano neanche più i loro programmi, anzi si direbbe quasi che siano ormai impegnati a farli dimenticare.