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 2018  febbraio 23 Venerdì calendario

Una giornata con il candidato Galliani: «Sono un uomo del fare, uno alla Ancelotti. Ora devo faticare come Gattuso»

Il «santino» circola veloce di mano in mano come la palla ai tempi di Pirlo e Seedorf, nell’arringa c’è tono fermo capelliano e calma ancelottiana. Piuttosto, un altro dettaglio indica l’anno zero della nuova vita: Adriano Galliani mostra orgoglioso alla platea la cravatta, ma non del solito colore giallo. Questo è azzurro tenue, nuovo porta-fortuna da sfoderare più a Roma che a San Siro: «Azzurro Forza Italia, lo indosso pensando al 4 marzo... – racconta adesso l’ex a.d. del Milan –, ma confesso di avere un’altra cravatta in macchina: è rossonera». Attorno a lui, decine di simpatizzanti varesini. Sono elettori, non più solo tifosi: Galliani è il capolista al Senato nei collegi plurinominali delle provincie di Como, Lecco, Sondrio e Varese. 


ADRENALINA Dopo 31 anni di Milan e un addio turbolento, ha scelto di lasciare la panchina. È «sceso in campo» pure lui e, anche se ha un posto blindato in lista, non sta risparmiando energie in campagna elettorale: visita le imprese, le case di riposo, perfino le latterie; parla con i quotidiani locali; brinda con gli industriali. Pressa l’elettore a tutto campo neanche fosse il miglior Gattuso, come se una scintilla si fosse riaccesa dopo un po’ di noia: «Voglio capire, imparare, ascoltare la gente e i loro problemi: io non sono quello del Milan, prima di tutto sono un imprenditore brianzolo», racconta in un evento privato all’ippodromo di Varese. Un brindisi, poi di corsa in auto su tornanti spigolosissimi, mentre ai lati qua e là si legge «Padania Libera»: ci vogliono 40’ per arrampicarsi fino a Luino, piccola perla sul Lago Maggiore, dove altri simpatizzanti lo aspettano per una cena elettorale in cui c’è anche Giusy Versace, atleta paralimpica capolista alla Camera. Zero stanchezza, anzi altre parole confessate a tavola, mentre l’inno di Forza Italia risuona senza sosta: «Sento l’adrenalina delle notti di Champions. In qualsiasi professione bisogna faticare, lo insegna pure Gattuso». Il candidato Galliani sta mandando a memoria i manuali della comunicazione politica: controlla i dettagli degli incontri, promette impegno nel collegio elettorale anche dopo aver preso i voti: «Non posso salvare il mondo, ma non scapperò – annuncia –: in fondo ho esperienza perché anche in Lega Calcio il mio incarico era politico...». Stringe mani, sorride, prende appunti sulle troppe crisi aziendali. In mezzo ai discorsi, poi, c’è spesso il pallone: «Sono juventino, la voto nonostante Manchester...», scherza un ingegnere a Varese. A Luino ecco una lunga processione al tavolo del candidato 73enne, mentre il risotto ai funghi fuma già sul piatto. Tutti, nel presentarsi, aggiungono pure il tifo: «Sono un piccolo imprenditore, forza Milan!». «Paghiamo troppe tasse... Ah, sono interista». «Facciamo qualcosa per la viabilità? E secondo lei chi vince lo scudetto?». Oltre ad ascoltare le storie degli altri, a tavola Galliani racconta pure la sua: «Ovunque sono stato un uomo del fare, come un bravo centrocampista. E sarà lo stesso anche in politica: più che un genio come Pirlo, in Senato posso ricordare Ancelotti, giocatore e allenatore insieme».

PRIORITA’ A volte, però, la vecchia vita ricompare. Sembra una sirena, un richiamo suadente. A cena, ad esempio, il cellulare serve per continui aggiornamenti Champions: «La Roma ha segnato in Ucraina, ancora Under! Monchi è un bravissimo d.s.». Inutile, invece, trascinarlo sull’amore di sempre: «Ho fatto un fioretto, non parlerò di Milan per un anno». Nel suo collegio ci sarebbe Massimiliano Mirabelli, fresco d.s. rossonero residente a Saronno: non è dato sapere se mai lo voterà. Chi gli ha assicurato una croce sulla scheda è Rino Gattuso, seggio di Gallarate. Domenica Galliani non è andato a vederlo a San Siro contro la Samp per colpa di un accenno di influenza. Se un tempo non avrebbe vacillato, adesso ci sono altre priorità: «Non potevo rischiare di ammalarmi visti gli impegni elettorali, ma sono saltato sul divano al gol di Bonaventura». Accanto, se la ride Lara Comi, europarlamentare di Forza Italia e architetto della sua candidatura: «Avete presente le sue esultanze a San Siro? Immaginatevelo in Senato...». In verità, molti lo immaginano già ministro dello sport, ma il candidato, si sa, è piuttosto scaramantico: «Non sono neanche cardinale e volete già farmi papa?». In realtà, vorrebbe occuparsi soprattutto di lavoro e di imprese, di sgravi fiscali e infrastrutture, ma il mondo dello sport finisce sempre per fagocitarlo: negli ultimi giorni è andato a tifare la Yamamay Busto di volley. E ha fatto tappa a sorpresa anche al museo del Ghisallo, nel giorno in cui Nibali ha donato la divisa del trionfo del Lombardia. Allo scalatore siciliano ha raccontato di quando sfoderava orgoglioso una maglietta con su stampata la prima pagina della Gazza, titolo «Roi Nibalì», dopo la vittoria del Tour de France. 


MANGIA-BAMBINI Aperitivo o cena, 10 lettere rigirano sempre nell’aria. Si ascoltano nei proclami al microfono, negli aneddoti sussurrati agli amici. B-e-r-l-u-s-c-o-n-i, venerato anche nelle canzoni in sala: «Nel ‘94 ero d’accordo alla sua discesa in politica: la sinistra pensava di vincere, ma ha fatto i conti con Messi... – racconta Galliani –. Già allora mi voleva candidare, ma ho preferito dire di no perché il Milan aveva tifosi sia a destra che a sinistra. Adesso me lo ha richiesto e ho accettato con entusiasmo: la mia vicinanza al Cavaliere mi aiuterà, è come se avessi preso un master stando al suo fianco». La storia di questa comunanza di spirito, ancora prima dell’acquisto del Milan, è nota a tutti: il titolare di una società di Lissone folgorato sulla via di Arcore e arrivato a sviluppare i ripetitori del Cavaliere per tutto lo Stivale. Ma c’è un passaggio che spiega la missione politica sin dalla prima mitologica cena, 1 novembre 1979: «Gli dissi: “Mio padre sostiene che i comunisti mangiano i bambini...”. E Berlusconi mi abbracciò commosso: “Lo diceva anche il mio!”». Quarant’anni dopo il messaggio da portare in Senato è più o meno uguale. Ma guai a dire a Galliani che, da capolista, il seggio è in cassaforte: Istanbul gli ha insegnato che nulla in questa vita è davvero scontato.