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 2018  febbraio 20 Martedì calendario

La «vecchia» Biella spera nel digitale. Il voto di una delle città più «anziane» d’Italia

Tra le mura del vecchio lanificio Sella, un complesso industriale in piedi da qualche secolo, spunta la porta di vetro di un ufficio. C’è scritto «Private&fintech»: private banking e tecnologie finanziarie. L’istituto che porta il nome della famiglia, Banca Sella, ha scelto il vecchio cuore dell’industria tessile locale come sede del suo Sellalab, la «piattaforma di corporate innovation» lanciata nel 2013 per catalizzare freelance e startup. Oggi gli edifici che ospitavano operai e macchinari sono affollati da scrivanie, smartphone e computer portatili.
La coesistenza fra antico e nuovo rispecchia la contraddizione di Biella: una delle città con più anziani in Italia riesce a essere, anche, un laboratorio di innovazione sospeso fra tecnologie finanziarie e progetti per la «riqualificazione digitale» degli over 55. Non a caso la spinta all’innovazione, economica e demografica, è uno dei fattori che potrebbero pesare di più in vista delle elezioni del 4 marzo,dove elettori e imprese aspettano un cambio di registro che va dall’attrattività professionale al potenziamento delle reti ferroviarie.
Che la città stia invecchiando è fuori dubbio, almeno nei numeri. Oggi, secondo i dati del Sole 24 Ore, i cittadini biellesi sopra i 64 anni sono pari al 251% degli under 14. Il tasso di natalità è tra i dieci peggiori di Italia. La popolazione è rimasta praticamente identica tra 2006 e 2016, scendendo da 45.822 a 44.616 residenti. I giovani se ne vanno e tornano di rado, ricreando su scala provinciale le ansie della fuga di talenti che affliggono le cronache nazionali.
Il problema del ricambio è avvertito in tutte le aziende nate sul territorio, da un marchio globale dell’abbigliamento come Ermenegildo Zegna alla birra Menabrea, acquisita anni fa dalla altoatesina Forst ma rimasta «strettamente legata» alla città d’origine. Paolo Zegna, presidente del gruppo omonimo, spiega che l’invecchiamento sta mettendo a rischio la continuità stessa della filiera del tessile. Alcuni mestieri scompariranno insieme a una generazione in via di pensionamento, lasciando in bilico la sopravvivenza del settore. I giovani si trasferiscono perché il lavoro nel comparto non esiste, o meglio: ci sarebbe, ma non nelle sue vesti più seducenti. È facile attirare un under 30 quando si sfoderano parole d’ordine come fashion e design. Un po’ meno quando si propone il ritorno al lavorìo di ago e filo, essenziale per mantenere in vita la filiera.
Nel 2016, come scritto dal Sole 24 Ore, le esportazioni di tessile e abbigliamento del distretto biellese hanno raggiunto il picco storico di 1,3 miliardi di euro. Ma il calo di dipendenti si accentua con l’innalzamento dell’età, come se mancasse un tassello generazionale. «Il tessile – dice Zegna – attrae con professioni più “sexy” come stilista o designer. Ma il problema è trovare profili più tradizionali, a partire da figure come i periti». Zegna spiega che il ricambio di risorse nell’industria dovrà essere veicolato sia dai vecchi mestieri che dalle evoluzioni della Industria 4.0. Filatoi e tintorie possono tornare attrattivi grazie alla contaminazione con digitale e internet of things, l’internet delle cose che permette una gestione capillare delle fabbriche e alza l’asticella sul controllo di qualità. «C’è bisogno di entrambe le cose : del vecchio lavoro manuale e dell’evoluzione tecnologica», spiega Zegna.
Qui potrebbe subentrare l’altra Biella, quella che guarda al digitale come una leva per ripopolare la città. Il solo Sellalab ha creato circa 200 posti di lavoro nella città nell’arco di meno di cinque anni, ospitando anche startup che sembrano nate apposta per la transizione digitale del territorio. Come Lanieri, un’azienda che prepara e vende abiti sartoriali online. Enrico Susta, supervisore dei pagamenti online del gruppo Sella, spiega che l’afflusso di risorse e imprese di ispirazione tecnologica ha contribuito a svecchiare il distretto. Anche anagraficamente: «C’è stata – dice Susta – una riscoperta tra gli imprenditori giovani e meno giovani. Si è realizzato che la via del digitale e dell’open innovation può essere la risposta al problema legato all’età e anche alla nostra localizzazione geografica».
Il modello del lab tecnologico funziona ed è stato esportato altrove, con l’apertura di sedi a Torino, Lecce e Salerno. Ma accanto a sviluppatori Android e web designer c’è una quota di popolazione over 50 che fatica a reintrodursi sul lavoro e non deve «riscoprire», ma scoprire del tutto le possibilità del digitale. Il Comune sta cercando di rispondere con iniziative come #Biellainclude, laboratori mirati per insegnare «l’uso del computer e di internet alle persone con più di 55 anni che ancora sono sull’altra sponda del cosiddetto digital divide». Il progetto, spiega l’assessore all’Innovazione, Fulvia Zago, serve a «permettere alle persone di utilizzare le piattaforme che servono loro, a seconda dei casi. Ad esempio Skype per mettersi in contatto con i figli che vivono all’estero o Whatsapp per parlare meglio con i colleghi». Un’infarinatura sui rudimenti online che rientra nelle linee del piano governativo Agenda digitale e si propone, anche, di risollevare l’occupabilità di un blocco generazionale affossato dalla crisi. «È – spiega Zago – un progetto di coesione territoriale. Rispondiamo alla crisi con l’inclusione digitale».
Prima ancora delle infrastrutture online, però, la città sconta sul suo tessuto le carenze di quelle fisiche. I viaggiatori che si spostano sui binari di Biella San Paolo, la stazione principale, sono vittime di ritardi e disservizi a cadenza quotidiana. Nel 2019 dovrebbero debuttare i primi treni elettrificati sulla linea Biella-Santhià e «una dozzina di coppie di treni diretti per Milano e Torino», ma il gap non si colmerà aggiustando qualche orario. Come spiega Franco Ferraris, presidente della Fondazione Cassa di risparmio Biella, la città può ringiovanire se torna ad essere meno periferica: «L’urgenza – dice – è che Biella sia collegata alla rete nazionale. Se vogliamo i giovani, dobbiamo dargli la possibilità di raggiungerci».