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 2017  dicembre 18 Lunedì calendario

Frankenstein la leggenda ha due secoli

«Trascorsi l’estate del 1816 nei dintorni di Ginevra. La stagione fu fredda, piovosa, e alla sera ci si riuniva intorno al fuoco per leggere storie tedesche di fantasmi. Questi racconti risvegliarono in noi un giocoso desiderio di imitazione. Insieme agli amici decidemmo di comporre una storia ciascuno basata su qualche evento soprannaturale». Così Mary Shelley rievoca a beneficio di una amica le circostanze della nascita di Frankenstein, la sua opera più nota, pubblicata a Londra due secoli fa, il primo gennaio del 1818. Il romanzo nel quale si racconta la storia del primo mostro dell’età moderna apparve anonimo e soltanto nel 1831, quando apparve la seconda edizione, la moglie del poeta romantico svelò la sua identità. Da allora quella vicenda che inaugura la stagione della fantascienza non è mai uscita di stampa e ha affascinato (o terrorizzato) milioni di persone. Lo conferma un’indagine di Charlotte Gordon, biografa della scrittrice che firma Romantic Outlaws, un saggio uscito a Londra per Hutchison, nel quale documenta come nel corso del Novecento si possano contare oltre cento opere di narrativa, quaranta adattamenti cinematografici, ottanta produzioni teatrali e migliaia di fumetti con un evidente debito nei confronti di Mary Shelley. 
VARIANTIIl ruolo della scienza è l’aspetto che più colpisce nella persistenza del mito: nel testo originale alla creazione del mostro sono dedicate non più di trenta pagine, ma è proprio questa porzione del libro a fornire i semi di quasi tutte le immagini derivate da Frankenstein che appaiono in tante varianti successive. Le riletture critiche del racconto si sono moltiplicate soprattutto nei paesi di lingua inglese in coincidenza con l’imminente anniversario, riportando alla ribalta la figura di una donna geniale e sfortunata, che vide morire in tenerissima età tre dei quattro figli, restò vedova molto presto e trascorse gran parte della vita in povertà. Figlia del filosofo William Godwin e della femminista Mary Wollstonecraft, era nata a Londra nel 1797 e restò subito orfana della madre, uccisa dal parto. Appena sedicenne si innamorò di Percy Shelley, già sposato, e fuggì con lui e con la sorellastra Claire (incinta di Lord Byron) in Francia e in Svizzera. Dopo la morte del marito per annegamento nel 1822 durante un viaggio in barca da La Spezia a Livorno tornò in patria cercando di sfruttare la fama guadagnata grazie a Frankenstein, accolto con enorme favore dal pubblico. 
LE DIFFICOLTÀLe lettere dimostrano che comunque non si pentì mai delle scelte fatte, nonostante le mille difficoltà che fu costretta ad affrontare. «Ritengo un privilegio aver messo il mio destino nelle mani di un essere superiore, un luminoso spirito cosmico, custodito in un tempio terreno, che mi ha fatto toccare le vette della felicità -afferma Sono stata così bene con Percy che non cambierei la mia pur modesta condizione in cui mi trovo ora con quella della creatura più agiata del mondo, e sono certa che con il tempo ritroverò la pace e la mia mente e il cuore non saranno più preda di un’angoscia senza nome». In realtà, sostengono molti studiosi, non riuscì affatto a trovare la quiete alla quale anelava a causa dei problemi economici ai quali dovette far fronte a causa della guerra dichiaratale dal padre del marito, un nobile ricchissimo che lasciò lei e il figlio senza un soldo. Sotto il profilo letterario fu autrice geniale e di profonda cultura. 
All’origine di Frankenstein, il primo romanzo nero fantascientifico della letteratura moderna, c’è Milton e la sua produzione getta le basi della narrativa romantica al femminile alle quali attinsero in seguito le sorelle Brontë. Lo conferma Franco Pezzini nel recentissimo Fuoco e carne di Prometeo (Odoya, 400 pagine, 22 euro) dove rileva che la scrittura di Mary si addentra nei territori del macabro e del soprannaturale con risultati straordinari, che ne mostrano il naturale talento di cui aveva già dato prova nel suo capolavoro più noto e al quale il suo nome resterà per sempre legato. Purtroppo non ne trasse vantaggi in termini di guadagni perché Frankenstein le fruttò una somma abbastanza modesta e tutti i racconti successivi uscirono su riviste popolari che li pagavano poche sterline. Quali sono i motivi all’origine del plurisecolare interesse per la creatura mostruosa creata da un medico? 
LA SPIEGAZIONEEcco la spiegazione offerta pochi giorni fa dal New York Times: «Affascinato dall’orrore del mostro, il pubblico accetta senza discutere i vizi di chi lo distrugge, così come ne accetta la presentazione letteraria, la tipologia frusta e ripetitiva che, a contatto con l’ignoto, riacquista forza. Il mostro serve a spostare gli antagonismi e gli orrori che si manifestano dentro la società all’esterno di essa. Infatti in Frankenstein la lotta sarà tra una razza diabolica e la specie umana. Chi combatte il mostro diventa il rappresentante della specie. Il mostro, l’assolutamente inumano, serve a ricostruire una universalità, una coesione sociale che, di per sé, non sarebbe più convincente». 
Anche se forse non ne era consapevole, Mary Shelley nel 1818 pubblica un romanzo nel quale, grazie a un processo creativo di trasformazioni fantastiche, si affronta per la prima volta il tema etico legato ai limiti morali del progresso scientifico. Che, da allora, non ha più abbandonato la ribalta in ambito filosofico e narrativo.