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 2017  dicembre 18 Lunedì calendario

«Violentata e poi strangolata». Beirut, morte di una diplomatica

GERUSALEMME Le vecchie case ottomane sono sopravvissute alla guerra civile e all’avidità dei palazzinari, le vie di Gemmayze non sono più le stesse. Il quartiere cristiano è molto popolare tra i giovani di Beirut, caffé dove fumare il narghilé e cocktail bar che sono diventati il punto di ritrovo per gli stranieri, la comunità degli expats che abita in città.
Come Rebecca Dykes, arrivata undici mesi fa per lavorare all’ambasciata britannica, dipartimento per lo Sviluppo. È questo che aveva studiato: prima a Manchester (Antropologia), poi a Londra (Relazioni e Affari internazionali). È questo che voleva fare: viaggiare, conoscere Paesi e popoli diversi, provare ad aiutarli. Aveva già collaborato con il Foreign Office, analista del caos iracheno.
Beirut è di solito sicura, le strade affollate a qualsiasi ora, anche quando il buio sta diventando alba. Adesso la polizia prova a ricostruire gli ultimi spostamenti della ragazza, 30 anni: verso mezzanotte di venerdì avrebbe lasciato gli amici a Gemmayze, il corpo senza documenti è stato ritrovato sabato mattina al bordo di una delle tangenziali che tagliano la metropoli sul Mediterraneo. Strangolata, probabilmente violentata. L’ambasciata sta per ora lasciando le indagini alla polizia locale e si prepara ad accogliere la famiglia («siamo devastati, vogliamo sapere che cosa sia successo alla nostra Becky») in arrivo dalla Gran Bretagna.
Gli investigatori escludono che il delitto sia politico, che l’obiettivo possa essere stata la cittadinanza di Rebecca, colpire gli occidentali come nei quindici anni del conflitto che ha devastato Beirut tra il 1975 e il 1990. Le milizie – soprattutto quelle legate a Hezbollah – rapirono giornalisti, diplomatici, anche agenti della Cia, almeno un centinaio tenuti in ostaggio per ricattare le potenze straniere e limitare il loro intervento nella guerra.
Nel 2010 Rebecca aveva partecipato a una corsa benefica, dieci chilometri attraverso il centro di Londra per raccogliere fondi da donare al Voluntary Service Overseas: l’organizzazione invia volontari nelle aree più povere del mondo, combatte i matrimoni forzati e le violenze contro le donne.