Corriere della Sera, 15 dicembre 2017
«Ruberie nelle banche, anche ad Arezzo. Ma dal mio governo nessuna pressione»
ROMA Serata in salita per il segretario del Pd Matteo Renzi, che avrebbe voluto celebrare in tv l’approvazione della legge sul biotestamento e invece è stato catapultato nella trincea delle banche a difendere la contestata posizione della sottosegretaria Maria Elena Boschi. Così, dopo 5 anni di assenza dagli studi di Piazzapulita (La7), Renzi ha dovuto mutare tattica davanti alle domande di Corrado Formigli: «Sulle banche non ci sono state pressioni da parte di Maria Elena Boschi. Se il ministro dei Rapporti con il Parlamento va a parlare con il presidente Consob per me non è un problema. Ma io sono sconvolto dal fatto che questa storia sta diventando una micidiale arma di distrazione di massa».
Sulle banche Renzi si è scaldato, ma senza scomporsi: «Possibile che in questo Paese si debba sempre guardare dal buco della serratura sui pranzi tra Boschi e Vegas, quando invece ci dovremmo occupare delle ruberie che ci sono state nelle banche italiane, compresa Etruria?». L’ex premier, poi, ha ricordato il decreto sulle popolari varato dal suo governo – e qui non si è parlato dei suoi incontri con l’ingegner Carlo De Benedetti cui ha fatto riferimento il presidente Consob Giuseppe Vegas – «dopo il quale i politici non toccano più palla nelle banche territoriali». E, tornando all’istituto di Arezzo, ha aggiunto: «Il padre di Boschi l’ha mandato a casa il nostro governo».
La partenza è stata ruvida anche sulla mancata approvazione dello ius soli: «Al Senato non ci sono i numeri, e il presidente Gentiloni ha deciso di non rischiare, almeno per ora, con la fiducia». Poi Renzi ha confermato che si candiderà in Toscana: «Alla Camera o al Senato, comunque aspetto Salvini e mi fa piacere accettare la sua sfida».
L’asse con Berlusconi? «Lo escludo però vedo che a Berlusconi piace Gentiloni...». E la premiership di Gentiloni «avrà il consenso di Renzi?». Risposta, dopo breve pausa: «La discussione è sterile perché, come nella Prima Repubblica, il presidente del Consiglio lo sceglie il capo dello Stato». Infine, che succede se il Pd va sotto il 25,4% ottenuto da Bersani nel 2013? «Se il Pd va al governo vince, se va all’opposizione perde. Non dico “se perdo mi dimetto” perché porta male».