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 2017  dicembre 14 Giovedì calendario

Depistaggi, perizie, nuovi indagati: svolta nel caso di Serena Mollicone

Roma Il nove giugno 2001 Guglielmo Mollicone viene strappato al funerale di sua figlia Serena davanti alle telecamere di tutte le tv, mentre il paese espone lenzuola bianche alle finestre e chiede giustizia. I carabinieri di Arce lo trattengono in caserma per alcune ore ma solo per delle banali firme. L’episodio finirà anni dopo nel fascicolo della Procura di Cassino che indaga dal 2011 sul comandante di allora, Franco Mottola, sua moglie Anna e il figlio Marco per l’omicidio della 18enne e l’occultamento del suo cadavere. Sedici anni di un’indagine che tra depistaggi, misteriosi suicidi e false piste sembra ora arrivata a conclusione con l’iscrizione dei sottufficiali Francesco Suprano e Vincenzo Quatrale: il primo, già chiamato in causa una volta e poi prosciolto, risponde di favoreggiamento per aver nascosto agli inquirenti fatti rilevanti a sua conoscenza; il secondo è accusato di concorso in omicidio e istigazione al suicidio di un altro carabiniere, Santino Tuzi, il primo a chiamare in causa i colleghi della stazione.
Il cadavere e i misteriSerena, secondo i pm, venne tramortita in caserma e lasciata morire in un bosco, mani e piedi legati col fil di ferro, carta assorbente in bocca e sacchetto in testa stretto col nastro adesivo. La studentessa modello, la figlia affettuosa che si prende cura del genitore dopo la morte della mamma, la clarinettista nella banda del paese, viene trovata così alle 7,30 della mattina del 3 giugno, 36 ore dopo la sua scomparsa, tra i cespugli di un boschetto in località Fonte Cupa. 
Una morte apparsa subito strana. La notte prima ha diluviato, ma la camicia a fiori e il pantalone scuro che Serena indossa, gli stessi abiti con cui il venerdì è uscita di casa, sono asciutti. E l’autopsia dice che il decesso, nonostante i segni di percosse e una frattura alla tempia destra, è avvenuto per asfissia. Non ci sono segni di stupro. Serena frequenta con ottimi risultati l’ultimo anno del liceo pedagogico a Sora, dove va tutti i giorni in pullman. La mattina della sparizione ha fatto tappa a Isola del Liri per una visita odontoiatrica e poi doveva raggiungere il fidanzato, alle 14. È lui ad avvisare il padre che la figlia non è mai arrivata e la sera il genitore si decide a chiamare i carabinieri. Padre e fidanzato finiscono sotto inchiesta in momenti diversi e presto ne escono. A casa di Guglielmo Mollicone, durante una seconda perquisizione, compare il cellulare Nokia della vittima che prima non c’era e che lei portava sempre con sé.
Anche un altro sospettato viene chiamato in causa: è un carrozziere di 35 anni, Carmine Belli che, forse in cerca di notorietà, dice di aver dato un passaggio alla ragazza. Ma poi ritratta. Nella sua officina spuntano un frammento della prenotazione medica di Serena e un nastro adesivo simile a quello usato sul cadavere. Belli finisce a processo, ma Corte d’Assise e Cassazione non solo lo assolvono ma stigmatizzano le indagini condotte «con accanimento anche in mancanza di riscontri sulle prove».
Il militare suicida
Si arriva così al 2008. Il brigadiere Santino Tuzi dice ai pm di aver visto entrare Serena Mollicone in caserma, anzi nell’alloggio in uso alla famiglia Mottola su precisa indicazione del comandante, alle 11 del venerdì e di non averla vista uscire fino alle 14,30 quando stacca dal servizio. Il brigadiere ha appuntato il nome della 18enne sul registro delle presenze dove poi risulta sommariamente cancellato. Quattro giorni dopo la deposizione, Tuzi si spara. La figlia parla di un gesto per proteggere la famiglia da ricatti e pressioni.
E siamo ai giorni nostri. Una perizia dell’istituto Labanof di Milano appura che la ferita alla testa della ragazza (il corpo è stato riesumato nel 2016) è compatibile con i segni su una porta sequestrata nell’alloggio del comandante (tuttora in servizio). Racconta il padre Guglielmo che Serena aveva avuto un flirt con Marco Mottola, interrotto perché lui era coinvolto in un giro di spaccio. Quel giorno in caserma voleva forse denunciarlo.