Corriere della Sera, 12 dicembre 2017
La fuga dei giovani senza privilegi. La politica deve reagire
La pubblicazione di un manuale di sopravvivenza per i poveri e il ritorno dell’occupazione ai massimi dal 2007 non dovrebbero coesistere nella cronaca degli stessi giorni. Né dovrebbero le stime dell’Ocse, secondo cui i giovani andranno in pensione a 71 anni, con le incessanti richieste attuali di tornare indietro sull’età del ritiro a 67. Invece tutto questo accade simultaneamente e purtroppo è anche logico. La generazione del 1952 che nel 2019 andrà in pensione è nata in un anno in cui in Italia vennero al mondo 844 mila bambini. Le generazioni che finanzieranno il futuro di quella classe di età – nate fra fine anni 50 e inizio anni 70 – appartengono a una stagione da 900 mila o un milione di bebè l’anno. Rappresentano una base larga e robusta di baby boomers. Tra dieci anni però anche loro inizieranno a produrre sempre meno reddito e a ricorrere a maggiori cure mediche. Per fortuna molti nel milione-e-sedicimila italiani nati nel 1964 vivranno oltre metà del secolo. Ma chi li sosterrà? Negli anni 90 nasceva poco più di mezzo milione di bebè l’anno, oggi meno di mezzo milione. Al 2040 (di fatto, dopodomani) l’Italia avrà perso sei milioni di persone in età di lavoro, da 39 a 33 milioni. Qui s’innesta la questione della povertà e dell’esclusione di chi è nato fuori dalle aree privilegiate di una società immobile. Per loro l’uscita dall’Italia in cerca di fortuna è naturale, infatti dal 2006 il numero degli italiani all’estero è esploso da 3 a 5 milioni. L’attrito alla migrazione dall’Italia verso l’Europa è ormai inesistente, in tempi di colloqui di lavoro fra Palermo e Stoccolma su Skype, telefonate gratis dalla Germania e posti duri ma disponibili ovunque a Amazon o Deliveroo. I giovani nati fuori dal privilegio lasciano il Paese perché l’Italia è una società internamente chiusa e l’Europa invece è aperta. Ma così un Paese già sbilanciato perde la sua base. La lezione è che una società chiusa, come sottoinsieme di una società aperta, non può tenere. E poiché l’Europa è e resterà aperta, il programma per i politici dovrebbe essere chiaro. Se solo fossero seri.