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 2017  dicembre 11 Lunedì calendario

Luca Moroni, 17 anni, è lo scacchista più forte d’Italia

Il nuovo campione italiano di scacchi diventerà maggiorenne la prossima estate. Si chiama Luca Moroni, è nato in Brianza, a Bovisio Masciago, frequenta a Desio il quarto anno del liceo scientifico, opzione scienze applicate, quando non è in giro per i tornei. «Faccio una cinquantina di giorni di assenza all’anno. Per fortuna i professori e la preside mi incoraggiano a continuare, mi aiutano a recuperare lezioni e interrogazioni».
A Cosenza, dove ieri ha conquistato il titolo nazionale si è lasciato dietro, dopo dodici giorni di partite serrate, i dieci avversari. Ieri mattina erano ancora in quattro a pari punti, poi il colpo di reni finale. Ha chiuso con quattro vittorie e sei pareggi, davanti a un venticinquenne che si è fermato a tre successi. «Il segreto in tornei come questi è non perdere mai – spiega —. Meglio pareggiare e vincere con gli avversari meno forti. È stata dura, il torneo era equilibrato, ma in questo periodo sono molto in forma». È il terzo anno che Luca partecipa al campionato italiano: quarto nel 2015, l’anno scorso «un disastro, ma mi è servito da lezione», fino all’exploit di ieri.
Come spesso capita ai grandi scacchisti, Luca è stato un bambino prodigio. «Ho iniziato a sei anni. Mio padre mi voleva insegnare la dama, ma a me piacevano tutti quei pezzi uno diverso dall’altro». In famiglia non erano giocatori, il padre è ambulante di salumi e formaggi, la madre ha un laboratorio dove cuce divani. Luca è andato avanti da solo. A sette anni il primo torneo. «Lessi il volantino a scuola. La domenica mi presentai». L’inizio non è dei migliori. «C’erano molti adulti, ho pareggiato una partita e perso tutte le altre. Ma mi sono divertito tantissimo, è stato amore a prima vista».
Decide di fare sul serio, si iscrive al circolo di Ceriano Laghetto, e non si ferma più. Vice campione del mondo under 16, è diventato Maestro nazionale a 13 anni, Maestro internazionale a 16, dallo scorso agosto è Grande maestro, l’élite di questo mondo, appena una decina di nomi in Italia. Per Luca non è più semplicemente un gioco. «Mi alleno quattro ore al giorno, quando torno da scuola. I compiti li faccio dopo. C’è molto da preparare, si studiano le aperture, oppure i finali. Si analizzano le partite dei grandi campioni, ci si confronta con il computer che è più forte dell’uomo. Soprattutto con l’ingresso della tecnologia, la teoria è in continuo sviluppo, bisogna restare sempre al passo con gli altri».
Nelle giornate di Luca resta poco tempo per fare altro. «Mi piace il calcio, sono tifoso della Juventus, prima giocavo due volte alla settimana ma la domenica non potevo andare alle partite perché c’era sempre qualche torneo. Ho dovuto smettere. Ho iniziato allora con il tennis, ma ho mollato anche quello». Nei limiti del possibile cerca di fare tutto ciò che fanno i suoi coetanei. Le uscite con i compagni di classe, e soprattutto con gli amici scacchisti. «Abbiamo la stessa passione, è facile ritrovarci». Ammette di leggere poco, di amare la musica e il cinema.
Gli scacchi hanno forgiato il suo carattere. «Ti abituano alla logica che torna utile anche in altri campi. Ma anche a maturare come persona. I genitori non possono sempre seguirti, io a 12 anni viaggiavo già da solo. In questi anni ho visitato tanti Paesi esteri, ho conosciuto tante persone».
Ha due modelli. «Dybala come calciatore, il russo Vladimir Kramnik come campione di scacchi ma anche come uomo. L’ho incontrato a un torneo, è uno che non se la tira per niente, gentile con tutti, sorride all’avversario a fine partita».
Luca sa bene che il titolo di campione italiano è una tappa importante, non un traguardo. «Devo fare ancora tantissima strada, devo migliorarmi sempre di più». Ma di una cosa è già sicuro. «Ho capito che il mio futuro è negli scacchi. È questa la mia vita e sarà anche la mia professione».
Una scelta d’amore, non d’interesse. «Lo so bene che rispetto al calcio o al basket è uno sport povero. E in Italia non ha tutta la visibilità che meriterebbe. Ma si può vivere benissimo di scacchi, ed è quello che desidero».