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 2017  dicembre 08 Venerdì calendario

L’Inter è pronta per lo scudetto. Parola di Mauro Icardi. Intervista

Mauro Icardi, l’Inter è prima e imbattuta: cos’è cambiato dall’anno scorso? 
«L’ambiente attorno e dentro l’Inter: dai giocatori ai dirigenti. E poi il mister: ha grandi meriti».
Cos’è Spalletti per l’Inter?
«Una personalità forte, che trasmette quello che pensa sia giusto: ha aiutato tanto dentro lo spogliatoio. Sa lavorare sulla tua testa, se non ce l’hai a posto, sa entrarci dentro. Fa la differenza in campo e fuori».
Esempi pratici della metamorfosi nerazzurra?
«L’anno scorso siamo andati in ritiro con Mancini, poi è arrivato De Boer, poi, esonerato pure lui, ecco Pioli. Oggi è tutto più chiaro, per i giocatori e la società: questo dà tranquillità, ti permette di lavorare bene. Si è visto da subito».
La crescita caratteriale dell’Inter è merito di questo clima o di Spalletti?
«Se fuori dallo spogliatoio le cose non sono chiare si crea confusione e la si porta a tutti i livelli: giocatori, staff, dirigenti. Lavori male e alla fine non arrivano premi».
Cosa può dire Juve-Inter?
«Mi aspetto che continuiamo a fare bene, non siamo primi per caso. La partita è molto importante, ma vale 3 punti come le altre. Siamo lì davanti e dobbiamo ribadire la bontà di quanto mostrato finora».
Tanti dicono è un’Inter da scudetto: ora lo sognate?
«Il nostro scudetto è arrivare in Champions: è l’obiettivo di società e giocatori. Poi se a poche gare dalla fine saremo ancora davanti, penseremo a qualcosa in più. Due-tre anni fa con Mancini eravamo primi fino a dicembre, poi siamo arrivati quarti, quinti, sesti, neanche me lo ricordo più».
I tifosi possono stare un po’ più tranquilli rispetto a quella stagione?
«Capisco l’entusiasmo, dopo 15 giornate siamo primi e c’è la mentalità corretta. È giusto pensino allo scudetto, ma dobbiamo essere realisti: è ancora lunga. La differenza rispetto al passato è che ora siamo calmi, sicuri, la mentalità è cambiata. Sappiamo qual è l’obiettivo e i tifosi ci devono dare una mano».
L’anno scorso Juventus-Inter è stata una partita nervosa: Perisic espulso, la sua pallonata verso l’arbitro Rizzoli che ha portato a una squalifica. Che clima ci sarà domani?
«Se capita quello che è accaduto l’anno scorso il mister ci taglia la testa. È sempre un derby d’Italia, la tensione ti gioca contro. Dobbiamo gestirla facendo come negli altri match. Ora c’è la mentalità giusta per gare così, se siamo primi non è un caso».
Domani trova Higuain. Con la media che ha (più di un gol a partita) ci pensa a battere il suo record di 36 reti?
«Ne mancano ancora tante. Non penso al record ma a fare gol che servano a qualcosa. L’anno scorso ne ho fatti 24 e non hanno portato niente».
Ha affrontato Roma e Napoli, domani la Juve: chi fra quelle davanti teme di più e chi arriverà in fondo?
«La squadra più strana lì davanti siamo noi, l’intrusa è l’Inter in un certo senso. La Juve sono sei anni che vince sempre, la Roma è lì da tempo, il Napoli pure. Noi stiamo costruendo qualcosa per stare a quel livello, senza fare proclami, ma la strada è giusta».
Il suo modo di stare in campo è cambiato, gioca anche molto per la squadra: si sente oggi il miglior Icardi di sempre, maturo e completo?
«Si può migliorare. Il mister mi ha fatto capire quando c’è bisogno di una corsa in più per aiutare il compagno, come con il Genoa, quando ho preso quella palla in difesa sul dischetto. È la conseguenza di quello che ti mettono in testa con il lavoro settimanale».
Si sente un top player di livello internazionale o le manca ancora qualcosa?
«Mi manca giocare in Europa. Per ora sto andando bene, per essere al top devo giocare a certi livelli. La serie A è competitiva, però giocare la Champions è un altro step. In questo il Mondiale può aiutare: lì ci sono i migliori».
L’impressione è che oggi ci sia davvero uno spogliatoio compatto all’Inter.
«Tutti aiutano la squadra e ognuno sa quali sono le sue responsabilità. Chi entra fa la sua parte e Spalletti su questo ci martella in continuazione».
Sente più il derby con il Milan o il match con la Juve?
«Sono due gare bellissime. Però il derby a San Siro contro il Milan è una partita storica».
Lo sa che in Spagna dicono che a fine anno farà le visite mediche al Real Madrid?
«Che scemenza».
Se domani arrivassero qui Real Madrid, Barcellona o un altro top club e dicessero: questi sono i soldi per pagare la clausola, lei che fa?
«Non è il momento di parlarne. Non sono io che gestisco queste cose».
La clausola però dovrebbe firmarla lei...
«Intanto non sono ancora arrivati (ride, ndr). Io qui sto benissimo, gioco, sto facendo gol, sono capitano, sono cose importanti. Poi non sono io quello che gestisce. C’è la società, c’è Wanda. Sono fatto così, non mi piace gestire certe cose, le lascio fare ad altri».
La clausola è troppo bassa o troppo alta? Rinnova o no?
«La clausola è bassa o alta non so chi lo dice, l’ha messa l’Inter. La mia intenzione è vincere qualcosa con questa maglia e poi, se in un futuro viene il momento di parlare di mercato, andranno da Ausilio, dal presidente: ma io l’ho detto sempre, mi trovo bene qui».
Ausilio ha detto che farete tanti rinnovi...
«Qualche rinnovo l’abbiamo fatto: ne arriveranno altri allora. Gli piace trattare con Wanda, hanno un rapporto di amore e odio (dice ridendo, ndr)».
Il suo forte legame con l’Inter da dove nasce?
«L’Inter mi è sempre piaciuta fin da quando giocavo alla Playstation. La sceglievo perché c’erano giocatori come Adriano che era devastante e Martins velocissimo. Poi degli amici delle Canarie vennero al museo di San Siro. Comprarono due cappellini: Inter e Milan. Mi sono tenuto quello dell’Inter, lì iniziai a tifarla. Mi emozionò quando ero alla Samp e mi chiamò Moratti».
C’è stato un periodo in cui si è sentito emarginato dall’Argentina? Le è mai venuta la tentazione di rispondere alla convocazione dell’Italia?
«Sono argentino e giocare in Nazionale era la cosa più importante. Ora mi manca vincere qualcosa con loro».
Con Maradona qual è il problema?
«È stato un mito in campo, ma non so che rispondergli, ha la fissa con me, fatti suoi».
Lei è nato a Rosario, come Messi: che legame ha?
«Siamo entrambi tifosi dei Newell’s Old Boys. Messi l’ho conosciuto a Barcellona. Ero un bambino di Rosario e questa cosa lo colpì».
A Barcellona cosa non ha funzionato?
«Sono andato via perché non mi trovavo bene a giocare in un modulo con tutti piccolini. Anche Ibrahimovic si è trovato malissimo. Ho scelto la Samp, sapevo che avrei avuto più spazio. E poi non sei un vero attaccante se non hai giocato contro le difese italiane».