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 2017  dicembre 07 Giovedì calendario

Cressida, una donna per Scotland Yard. «Alla Omicidi maschi già in minoranza»

Londra «Sono la persona più fortunata del mondo», dice di sé Cressida Dick, la prima donna nella storia a guidare Scotland Yard, la polizia più celebre del pianeta. E non solo: ad aprile, quando ha assunto l’incarico, ha rivelato pubblicamente la sua omosessualità. Al suo anulare spicca una fede d’oro, segno del legame con la sua partner Helen, anche lei poliziotta.
Personaggio ragguardevole, Cressida. Forgiatasi nel reparto antiterrorismo, ha dovuto affrontare subito una stagione di sangue che ha visto gli attentati succedersi nella capitatale britannica. Il suo primo impegno pubblico è stato il funerale dell’agente ucciso nell’attacco a Westminster. 
Figurina minuta nella sua uniforme, solo lo sguardo penetrante sotto i capelli color del ferro lascia trasparire la sua determinazione inossidabile. Ma di fronte ai giornalisti stranieri nella sede di New Scotland Yard parla anche di questioni personali, anche se si schermisce dicendo che «preferirebbe di più rispondere sul terrorismo».
«C’è voluto molto tempo prima di riuscire ad avere una donna alla guida di Scotland Yard – ammette – ma abbiamo fatto molta strada e la cosa non stupisce più nessuno, anche se magari non è così in altri Paesi». Ormai nella squadra omicidi, rivela, oltre la metà delle poliziotte sono donne, in quella che fino a non molto tempo fa era una riserva maschile. «Ma quando faccio il mio lavoro non penso al fatto di essere donna – racconta – sono solo una persona che quando si alza dal letto la mattina è felice della sua professione. Il mio è il miglior lavoro del mondo e sento di poter fare la differenza».
Cressida nega di aver mai subito sessismo o discriminazioni nella sua lunga carriera, ma riconosce di poter essere di «ispirazione per le ragazze più giovani, che possono dire: se lei è arrivata fin lì, posso farcela anch’io. Ogni persona di talento deve poter andare avanti, anche se ci sono ancora delle barriere da superare».
Cressida parla mentre fuori dalla vetrata scorre il traffico sul lungofiume: lei è orgogliosa del nuovo edificio di Scotland Yard, inaugurato pochi anni orsono, che con il suo ingresso trasparente rappresenta l’apertura al pubblico e alla società della polizia londinese: «Noi non siamo militari né spie», sottolinea. E spiega che i suoi agenti sono ben contenti di avere quasi tutti la telecamera installata sull’uniforme, che registra le loro azioni e quanto gli sta attorno: «Altrove forse sarebbe stato più difficile».
Ma a Londra la polizia si vuole integrata nella società e specchio di essa. «Per questo i nostri agenti riflettono la diversità di questa città: ormai il 30 per cento delle reclute proviene da minoranze etniche. Londra è la vera capitale globale e noi siamo fortunati di poter servire una città così internazionale». Ma i valori del suo corpo di polizia sono rimasti gli stessi dal 1829, anno della fondazione: «Coraggio, compassione e integrità». E ancora oggi, nell’anno della massima sfida del terrorismo, il 90 per cento degli agenti è disarmato. In caso di manifestazioni di piazza, Cressida è convinta che il ruolo dei suoi uomini e donne sia quello di «facilitare il diritto legale a protestare». Chissà cosa penserebbero Putin o Erdogan di parole del genere. 
Questo non vuol dire tenere bassa la guardia. «Abbiamo migliorato la capacità di risposta armata agli attacchi terroristici – spiega —. Ci sono unità mobili piazzate in punti strategici, piccole squadre in grado di rispondere nel giro di minuti», come è avvenuto nel caso del London Bridge a giugno. Per questo «Londra resta una città sicura», anche se la prevenzione totale è impossibile: «Abbiamo seicento inchieste in corso e seguiamo tremila sospetti, ma non possiamo e non vogliamo sorvegliare tutti: il nostro non è uno Stato di polizia».