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 2017  dicembre 06 Mercoledì calendario

Russiagate. L’Fbi vuole vedere i conti Deutsche Bank del presidente

La nuova pista del Russiagate passa per Deutsche Bank. La banca tedesca, uno dei pochi grandi istituti americani o internazionali che nello scorso decennio ha continuato a prestare ingenti capitali a Donald Trump nonostante i ripetuti crack del magnate divenuto presidente, ha ricevuto dal procuratore speciale Robert Mueller un perentorio ordine di consegna di documentazione finanziaria relativa al suo business con l’attuale presidente, da conti a transazioni che coinvolgano Trump o altri suoi collaboratori e familiari. La banca avrebbe già cominciato a inviare il materiale, finora rimasto segreto, agli inquirenti.
La mossa di Mueller, scattata nelle scorse settimane, è venuta alla luce all’indomani del patteggiamento del procuratore con l’ex consigliere di sicurezza nazionale di Trump, Michael Flynn, in cambio della sua completa cooperazione. E ha mostrato come l’inchiesta si stia adesso intensificando e allargando, con il rischio di rimanere a lungo quantomeno una spina nel fianco per la Casa Bianca e la sua credibilità politica.
Mueller sta indagando sulle interferenze di Mosca nelle elezioni americane a favore di Trump e sul sospetto che la campagna dell’allora candidato repubblicano sia responsabile di collusione con il Cremlino. Altri tre ex collaboratori della campagna, a cominciare dal manager Paul Manafort, sono stati ad oggi incriminati. In gioco, nella vicenda che riguarda Deutsche Bank, sarebbe una serie di operazioni di trading russe, i loro legami con ulteriori manovre finanziarie di Vladimir Putin ed eventuali collegamenti di questi giri di fondi con la cerchia dei “fedeli” di Trump.
La Casa Bianca, negli ultimi giorni, ha cercato di passare al contrattacco alzando il tiro delle critiche indirette a Mueller. Trump ha twittato contro l’Fbi, del quale Mueller si serve per l’inchiesta, affermando che ha ormai una «reputazione screditata», un attacco che ha spinto persino il direttore di propria nomina dell’agenzia, Christipher Wray, a inviare una e-mail a tutti i dipendenti di apprezzamento del loro impegno per la giustizia. Mueller, hanno inoltre incalzato i difensori di Trump, è stato costretto di recente ad allontanare uno dei suoi agenti dall’inchiesta perché aveva espresso opinioni critiche nei confronti del presidente, segno dei pregiudizi di un’indagine che considerano alla stregua di una “caccia alle streghe”.
I riflettori su Deutsche Bank potrebbero però scuotere ulteriormente il muro di dinieghi dell’amministrazione. Soltanto negli ultimi anni la banca ha elargito prestiti a enti collegati a Trump per circa 300 milioni di dollari, tra i quali 106 milioni nel 2011 per l’acquisto del resort di golf di Miami Doral e 170 milioni per trasformare lo storico Ufficio Postale di Washington in un albergo di lusso. Con Mosca l’istituto tedesco ha inoltre una storia già travagliata: in gennaio ha pagato una multa da 630 milioni per aver svolto un ruolo in possibili trading fittizi volti al riciclaggio di 10 miliardi.
Adesso i vertici del gruppo hanno fatto sapere di «cooperare con le autorità inquirenti». Questo significa che Mueller avrebbe cominciato già da giorni a ottenere e passare al setaccio quanto richiesto, affermano gli osservatori, dopo che la banca aveva invece respinto le domande di simili documenti avanzate da Commissioni del Congresso impegnate a loro volta nelle indagini sul Russiagate. Quelle richieste, infatti, non avevano valore legale di “subpoena”, di ordini di consegna di materiale, perché gli esponenti repubblicani in Parlamento avevano resistito all’idea. La banca aveva così citato le norme su segreto e privacy bancaria negli Stati Uniti in assenza di un provvedimento formale. Non più oggi, uno sviluppo che promette continue sorprese in arrivo dal Russiagate.