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 2017  dicembre 04 Lunedì calendario

Giovanni Malagò : «Calcio, pollaio con troppi galli»

«Il calcio italiano vive un momento molto complicato ma, come tutte le situazioni difficili, può essere l’occasione per nuove idee e progetti condivisi». E fin qui sono tutti d’accordo con lui. «La mia idea l’ho espressa con chiarezza e coraggio: siccome la Lega viene da un lungo periodo di caos, la cosa più giusta sarebbe commissariare tutto e creare i presupposti di una nuova programmazione vincente». E su questo, non lo segue nessuno. Da che la Nazionale azzurra di mister Ventura è stata eliminata dai Mondiali in Russia, tra chi vive di calcio e il presidente del Coni, Giovanni Malagò, i rapporti sono più tesi di quelli tra Renzi e D’Alema. I primi lo accusano di volersi portare a casa il pallone, lui punta l’indice contro gli azionisti e i componenti del mondo della pedata, le cui idee sarebbero poche, confuse e contraddittorie. «Se si riesce a evitare il commissariamento» spiega, «io ne sono felice ma a patto che ci siano le condizioni per andare avanti altrimenti si rischia di fare come in politica con i governi che stanno su per lo 0,1 per cento: non si combina nulla». 
Il 7 dicembre però ci sono le elezioni in Lega e si risolve tutto... 
«Questo lo dice lei, io non mi stupirei del contrario. Per questo ritengo un errore avere fissato per il 29 gennaio le elezioni per i vertici della Federazione: non sono sicuro per quella data di avere neppure i vertici della Lega. Guardi che il calcio è nel caos: davvero secondo lei in settimana saranno individuati ed eletti un presidente, un amministratore, un rappresentante terzo e sei tra consiglieri di Lega e consiglieri federali? Non mi pare tiri aria». 
Ma allora vuole proprio un repulisti? 
«No, però ci sono troppi galli nel pollaio, troppe spaccature: era pensabile che gli atleti non partecipassero al consiglio federale perché in contrapposizione con chi lo gestiva e con le società? Se lo spauracchio del commissariamento sarà sufficiente per ricompattare tutto, rivendicherò il merito di averlo evocato. Se però prevalesse l’istinto di sopravvivenza e si arrivasse a una soluzione tampone, sarebbe gravissimo, perché il calcio è all’ultima chiamata e in molti non avranno un’altra occasione di riscatto». 
Sta parlando anche alla politica? 
«La politica va lasciata il più possibile fuori dallo sport. Tutti sono convinti che io ami flirtare con la politica; in realtà io, come è necessario, ci interloquisco, ma ho sempre pensato che la forza del Coni stia nella sua indipendenza e terzietà. Se dai confidenza al politico, questo alla fine strumentalizza te e le tue idee». 
Chi si augura che arrivi ai vertici del calcio? 
«Non esiste un uomo che può risolvere tutti i problemi d’incanto. Non è che, levato Tavecchio, basta trovare un nome per mettere a posto le cose. Il primo obiettivo dev’essere l’accordo di tutti. Il calcio finora non è stato riformato perché in Federazione e in Lega ci sono troppi interessi diversi, ognuno tira dalla sua». 
Adesso mi difende Tavecchio? 
«Tavecchio ha fatto delle buone cose ed è stato un innovatore. Per esempio con il Var, che ha reso il calcio più credibile e più giusto: con tutti gli interessi economici in ballo era assurdo non avvalersi della tecnologia per evitare errori». 
Buffon l’ha criticato e agli arbitri non piace... 
«È stato criticato l’eccesso di utilizzo e nessuno vuole perdere il proprio potere. Anche le società all’inizio erano scettiche ma poi tutti si sono resi conto che è una via da cui non si torna indietro». 
Torniamo invece indietro, a Tavecchio: ne ha chiesto la testa e ora lo rimpiange? 
«Il calcio è una religione. Chiunque, anch’io, al suo posto si sarebbe dimesso: erano sessant’anni che non restavamo fuori da un Mondiale. Le colpe non saranno tutte sue, ma era obbligato ad assumersi la responsabilità del disastro. Sono convinto poi che quando si è presentato dimissionario pensava che avrebbero lasciato tutti». 
E cosa sarebbe cambiato? 
«Che sarebbe scattato automaticamente il commissariamento, senza dover andare a elezioni in questo stato». 
Comincio a pensare che ha ragione chi dice che lei vuole prendersi la baracca... 
«Questa illazione è insensata. Non do la mia disponibilità a fare il commissario, ma non per questo mi sfuggono i problemi esistenti». 
Qual è la prima cosa da fare? 
«Senza dubbio la Lega di serie A ha tutte le ragioni di lamentarsi per lo squilibrio con cui è trattata: è il motore economico del movimento ma nelle votazioni in Federazione pesa solo il 12%, una misura del tutto inadeguata, va alzata». 
Mi dia una stima del danno della mancata qualificazione ai Mondiali... 
«Si sono divertiti un po’ tutti a sparare cifre. C’è chi ha parlato di cento milioni. Io mi limito a dire che è un disastro d’immagine: considerato il fatto che i prossimi Campionati, nel 2022, saranno giocati in inverno perché sono in Qatar, abbiamo tagliato fuori due giovani generazioni dal sogno mondiale. In sintesi, abbiamo solo iniziato a pagare e la cosa che più mi addolora è che il fallimento parte da lontano: il calcio azzurro era in crisi da anni. Sia in Sudafrica che in Brasile ci hanno sbattuto fuori al primo turno, dal 2010 nessun nostro club vince trofei in Europa, l’under 21 ha fallito la qualificazione alle ultime due Olimpiadi. Abbiamo fatto tutti finta di niente». 
Abbiamo, o meglio avete, anche fatto tutti finta che Ventura fosse un tecnico da Nazionale... 
«In Italia siamo tutti allenatori. Io non me la sento di rimproverare a Ventura di non aver schierato Insigne. Certo qualche limite indubbiamente ce l’aveva, ma bisogna ricordare che non era partita così. All’inizio era previsto che Lippi vigilasse su di lui». 
Arrivare a sessant’anni al lavoro con il papà... 
«Il discorso è che non se ne trovavano altri. Si è pensato, qualifichiamoci e poi vediamo che succede». 
Intanto gli avete rinnovato il contratto... 
«Quello non me lo so Giovanni Malagò è stato eletto presidente del Coni nel febbraio 2013: è stato un giocatore di calcio a 5 e ha vinto tre scudetti spiegare, è stata una cosa curiosa. Forse volevano infondergli sicurezza, dopo averlo un po’ abbandonato...». 
Abbiamo sottovalutato la Svezia? 
«Non credo, siamo più forti ma non siamo stati concreti. Certo il problema dell’assenza di campioni c’è tutto. Tranne pochissime società, non curiamo i vivai. È gravissimo che ci sia chi prende ragazzini di 12-13 anni dall’Africa, magari taroccando i passaporti e mentendo sull’età per vincere un campionato giovanile. Le società sono convinte di risparmiare con gli stranieri, ma se hai il coraggio di investire su un giocatore italiano anche se all’inizio costa di più, poi vieni ripagato con gli interessi». 
Riuscirà a convincere Ancelotti a prendere in mano la situazione? 
«È un nome che mette tutti d’accordo e sarebbe l’ideale per un rilancio. Ma penso che prima di prendersi una simile responsabilità lui voglia la garanzia che lo lascino lavorare in pace. Insomma, finché non saranno chiari gli interlocutori è inutile parlare del prossimo commissario tecnico azzurro. Chi sta su quella panchina subisce molte pressioni, oltre ad avere personalità, che nel caso di Carlo non mancherebbe, serve un ombrello». 
E ridagli con l’idea del commissariamento. Ma perché oltre che sul calcio non punta l’indice an
che sull’atletica, il presidente Giomi ha la bacheca vuota? 
«L’atletica in realtà va meglio del calcio, che è nella sitauzione più deplorevole da sessant’anni a questa parte. Giomi una medaglia almeno l’ha vinta». 
È tutto lo sport italiano in crisi... 
«Non è vero: a livello di discipline olimpiche non si è mai vinto nella storia come nel 2017». 
Ma dove? 
«Il Coni gestisce 386 discipline sportive. L’Italia è l’unico Paese al mondo che gareggia in ogni campo ad alti livelli. La Gran Bretagna, per esempio, è forte in una ventina di sport e segue e finanzia solo quelli. Noi siamo competitivi in tutto. Anche gli sport di squadra, che sono nel mirino, in realtà non vanno affatto male: siamo andati ai quarti di finale in basket, calcio, pallavolo, pallanuoto. Certo, non abbiamo vinto medaglie, ma c’eravamo». 
Contento lei, i tifosi un po’ meno... 
«Da che non c’è più il Totocalcio dobbiamo fare i conti con problemi di bilancio enormi. Rispetto agli anni Novanta abbiamo un terzo dei soldi, tant’è che il Coni un tempo aveva quattromila dipendenti e oggi ne ha seicento». 
Ha tagliato 2,6 milioni di euro di finanziamenti al calcio per punirlo del flop mondiale? 
«Se non ottieni risultati ai Mondiali e alle Olimpiadi, perdi denaro. È automatico. Di questo passo, il calcio continuerà a perdere soldi. D’altronde, un tempo eravamo il campionato più ricco e forte d’Europa, poi siamo diventati il secondo dopo l’Inghilterra, ora siamo il quarto e dobbiamo stare attenti a non farci superare dalla Francia e diventare i quinti». 
Alla fine è andata bene che la Raggi ha detto no alle Olimpiadi a Roma, lo ammetta... 
«Non mi provochi». 
Dicono ci ritenterà con Milano... 
«Milano è una città in grandissima crescita ma quanto a impianti sportivi non è all’altezza, avrebbe proprio bisogno di un’Olimpiade che la rilanciasse anche a livello agonistico. Il Comune e la Regione la vogliono, noi del Coni siamo pronti, tocca al governo. Pertanto si vedrà alle prossime elezioni, sperando di non dipendere da un 50,01% come nel calcio. Altrimenti si va incontro a un altro flop».