Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  dicembre 05 Martedì calendario

Il procuratore Rossi e il padre della Boschi

Che le piglia?
Venne istituita una Commissione parlamentare sulle banche, incaricata di indagare sui guai degli ultimi anni e sulle perdite patite dai risparmiatori. Indagano già i magistrati, ma non importa: il Parlamento vuole fare un’inchiesta per conto suo. Ne ha pieno diritto, ciascuna commissione parlamentare è istituita con una legge votata dallo stesso parlamento. Solo che nel caso delle banche la commissione entra in funzione lo scorso ottobre, ed è chiaro che non finirà mai il suo compito. Dunque perché non istituirla nella prossima legislatura?  

Perché?
È una mossa che s’inquadra nella volontà di Renzi di dare tutta la colpa dello sfascio bancario all’attuale governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, che non avrebbe vigilato abbastanza. E di sfruttare l’attacco per la campagna elettorale. Ricorderà che Renzi mise in imbarazzo tutti quanti imponendo a Montecitorio di votare una mozione in cui si certificava uno sgradimento della Camera al rinnovo a Visco della carica di governatore. Mattarella non se ne fece intimidire e impose a Gentiloni che Visco restasse in via Nazionale. Non per questo gli attacchi sono cessati, anzi: ogni audizione di qualcuno è motivo per far dire sia a questi che a quelli: «Hai visto? Avevo ragione io». L’ultimo caso riguarda il procuratore di Arezzo Roberto Rossi, che la commissione presieduta da Casini ha ascoltato («audito») giovedì scorso sul crac dell’Etruria. È certo che il procuratore, davanti ai commissari guidati da Pierferdinando Casini, ha detto di aver trovato «strano» che la Banca d’Italia premesse per una fusione tra Popolare di Vicenza e Banca d’Etruria, con ciò alimentando le voci che dànno la Maria Elena Boschi, allora un ministro di Renzi, impegnata allo spasimo, insieme col premier, per evitare guai al padre suo, vicepresidente della medesima Banca Etruria. Che la Banca d’Italia abbia fatto pressioni sarebbe davvero strano (non mi pronuncio se sia vero o no), dato che si trattava di far sposare due morti. Non so se sono stato chiaro.  

A fatica, ma la seguo.
Ieri però la polemica politica, fintamente caldissima (della verità non importa niente a nessuno, si tratta solo di infliggere ferite al nemico, Matteo Renzi di qua, tutti gli altri di là), non s’è concentrata su questo punto. Ha preso in esame invece il fatto che il procuratore Rossi, davanti al parlamento, ha detto che il Boschi padre non era indagato nella faccenda Etruria. Il quotidiano La Verità ha invece scoperto che era indagato. Quindi partenza lancia in resta soprattutto dei cinquestelle per affermare che il Rossi va deferito al Consiglio Superiore della Magistratura, Renzi aveva torto dopo l’audizione di giovedì scorso a cantar vittoria, eccetera eccetera. Il procuratore Rossi s’è difeso scrivendo una lettera al presidente Casini, e alla fine il presidente Casini gli ha dato ragione («una risposta chiara ed esauriente»).  

Che cosa dice il procuratore Rossi?
Il magistrato di Arezzo nella lettera definisce gli addebiti che gli vengono mossi da diversi commissari «gravemente offensivi», e di aver risposto «a tutte le domande che mi sono state formulate senza alcuna reticenza né omissione». Aggiunge: «Ho chiarito che l’esclusione di Boschi riguardava il processo per bancarotta attualmente in corso, mentre per gli altri procedimenti ho precisato che non essere imputati non significava non essere indagati. Null’altro mi è stato chiesto in merito». Rossi parla anche del filone di indagine che contesta il falso in prospetto e il ricorso abusivo al credito a carico del cda di Etruria del 2013, nel quale sedeva Boschi in qualità di consigliere: «Non ho nascosto nulla circa la posizione del consigliere Boschi in relazione alle domande che mi venivano poste. Le domande hanno riguardato i fatti in oggetto e non, in alcun modo, le persone iscritte nel registro degli indagati». E a conferma della sua tesi, il pm allega uno stralcio del verbale dell’audizione del 30 novembre. Il procuratore, rispondendo giovedì scorso alle domande di deputati e senatori nel corso dell’audizione della Commissione d’inchiesta sulle banche, aveva escluso qualunque coinvolgimento di Boschi solo nelle indagini per bancarotta fraudolenta. E nessuno gli ha chiesto se il Boschi fosse indagato in altri fascicoli.  

Mi sembra la verità di Sant’Anselmo, che incontrando i soldati romani all’inseguimento di un fuggitivo, essendogli vietato di mentire,  spiegò loro che il ricercato «non è molto lontano da qui». Il giudice è stato consulente remunerato di Palazzo Chigi, vero?
Sì, e non è opportuno che il fascicolo sull’Etruria sia finito nelle sue mani. Si tratta in ogni caso di un’inchiesta altamente politica. Per il fatto di essere stato consulente prima di Letta e poi di Renzi, Roberto Rossi è anche finito davanti al Csm (accusa: «incompatibilità ambientale»). Il Csm però ha archiviato tutto.