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 2017  novembre 29 Mercoledì calendario

Il bitcoin sfonda i 10mila dollari. La moneta vale più dell’Austria

10.086 dollari per un bitcoin. La soglia magica, impensabile fino a pochi mesi (anzi, settimane) fa è stata infranta ieri mattina in Corea del Sud, uno dei Paesi più sensibili al fascino della moneta virtuale che dall’inizio del 2017 ha messo a segno un rialzo del 900%. 
L’avanzata delle quotazioni ha spinto il valore complessivo delle criptovalute oltre la soglia dei 300 miliardi di dollari, ovvero più o meno il prodotto interno lordo dell’Austria. Ma, tanto per rendersi conto che il fenomeno sta mettendo radici un po’ ovunque, basta superare la frontiera del Brennero e tornare in Italia, attraverso quella che è già stata definita la bitcoin Valley. In Trentino, per iniziativa di una controllata di Gpi, una società del Trentino quotata all’Aim (uno dei mercati ufficiali di Borsa italiana), stanno per entrare in funzione i bitcoin Pos, dispositivi che permettono di accettare la criptovaluta come sistema di pagamento attraverso i terminali telematici. L’obiettivo è quello di allargare l’utilizzo dei sistemi di pagamento anche ai supermercati eliminando sia l’uso del denaro fisico che le carte di debito o di credito. 
Insomma, le perplessità dei critici restano, ma le criptomonete stanno prendendo sempre più piede. Soprattutto sui mercati finanziari dove il bitcoin sta, tra l’altro, scalzando l’oro dal ruolo di bene rifugio per eccellenza. Certo, il rischio bolla è molto alto. Così come la speranza (o il miraggio) di un guadagno speculativo eccellente. Ma lasciamo ai guru e ai maghi il monopolio delle sfere di cristallo, limitiamoci per ora a prendere atto che le criptovalute sono uno dei frutti dell’economia digitale, la stessa che sta sconvolgendo i posti di lavoro e che non intende risparmiare il monopolio delle banche centrali. Si è così aperto un orizzonte che, assieme a tanti pericoli, può offrire non poche opportunità a chi saprà muoversi tra i nuovi prodotti finanziari fondati sugli algoritmi. 
ETHEREUM 
Bitcoin, ma non solo. Esistono già sulla piazza altre monete virtuali meno note, nate dalle radici della valuta capostipite, spuntata nel 2009 ad opera dell’anonimo inventore che si nasconde dietro lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto. Su Internet non è difficile investire in Ethereum piuttosto che su altre monete, tra cui il bitcoin Gold ed il bitcoin Cash. Ethereum (ETH), fondata nel 2013 dal giovane Vitalik Buterin si è conquistata la posizione di seconda cryptocurrency in termini di volumi e capitalizzazione. 
Partendo da un valore di 8 dollari per singolo coin poco meno di cinque anni fa è cresciuta tra alti e bassi fino a valere ieri 480 dollari circa. Un’ottima performance ma assai meno fulminante di quella del bitcoin. Non sarebbe più saggio puntare su Ethereum che, per dirla in gergo di Borsa, «ha già tanto camminato»? La nuova moneta è senz’altro più avanzata e sofisticata: permette transazioni più veloci ad un costo più basso oltre alla capacità di supportare i cosiddetti “smart contracts”: utilizzando la Blockchain (la catena che collega i dati dei bitcoin) Ethereum ha la possibilità far eseguire clausole e obblighi scritti dalle parti senza necessità di un soggetto esterno che li certifichi (notaio). Ancora più evoluti sono il bitcoin Cash ed il bitcon Gold, l’ultima creatura in grado di assicurare operazioni molto più sofisticate. 
A prima vista ha senso puntare sulle novità. Ma, smentendo gli stessi protagonisti delle innovazioni, per ora il mercato sta correndo dietro il “vecchio” bitcoin. 
«È come ha detto un esperto se un automobilista snobbasse una Ferrari per una vecchia Ford T». Un mistero che ha due spiegazioni. Primo. L’introduzione di una nuova moneta, ultimo casi il bitcoin Gold, si accompagna ad una lunga catena di furti elettronici prima che il sistema sappia reagire. Secondo, molti non comprano monete virtuali per utilizzarlo, bensì per puro scopo speculativo, senza badare al valore d’uso. Di qui la corsa al vecchio bitcoin che sta per diventare la base di nuovi prodotti finanziari destinati a prolungare il boom. 
IN BORSA 
Tra dieci giorni esatti il Chicago Mercanile Exchange, la Borsa più trafficata del pianeta, avvierà gli scambi sui futures dei bitcoin. Intanto il Nasdaq, dopo aver promosso da tempo la nascita di un Fintech Index, ha promosso la nascita di un Etf, Ether Exchange Traded Notes. In realtà, questo prodotto non tratta solo bitcoin ma anche titoli delle aziende che lavorano alla rivoluzione del blockchain, la rivoluzione che sta alla moneta come la catena di montaggio all’automobile. Fanno perciò parte del paniere le non molte aziende nate per creare applicazioni di tecnologia blockchain, ma anche gruppi come Accenture, Sap e Hitachi oltre alle banche che più stanno investendo nel Fintech. In settimana, infine, è nato il Tobam bitcoin fund, il primo fondo in criptovalute Europeo ad esser nato con l’autorizzazione di un organo di controllo (che però non garantisce l’esito dell’investimento). Ma ne spuntano ogni giorno: la società di ricerca Autonomous Next ha contato 130 crypto-hedge funds nati da non più di un anno che amministrano 2,5 miliardi di euro. Una bella bolla, non c’è che dire.