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 2017  novembre 30 Giovedì calendario

Il missile di Kim colpirà gli Usa?

La pace mondiale sembra di nuovo in bilico. Tutta colpa di un Hwasong-15.

Sarebbe?
È il nome del razzo che la Corea del Nord ha lanciato nel mare del Giappone martedì sera. Si tratta di un missile in grado di montare una «testata nucleare ultra larga», che ha coperto la gittata di 960 chilometri e toccato un’altitudine massima di 4.500 chilometri. Partito da Pyongsong, a nord della capitale Pyongyang, intorno alle 3.17 locali, il missile è caduto dopo 53 minuti a circa 250 km dalle coste nipponiche. È quello che gli esperti in armamenti chiamano Icbm, un missile balistico intercontinentale. Fanno parte della stessa categoria i famosi Minuteman americani e gli SS18 Satan russi, con la capacità di lanciare un grappolo di testate nucleari che hanno gettato nel terrore il mondo durante la Guerra Fredda.

Era un po’ che Kim Jong-un non si faceva notare.
L’ultimo test missilistico ordinato dal dittatore era avvenuto 74 giorni fa. È il periodo di tempo più lungo tra un test e l’altro che ci sia stato quest’anno. Dopo il lancio, Kim ha annunciato in tono trionfale: «Abbiamo finalmente portato a termine il grande compito storico del completamento della nostra potenza nucleare. Possiamo colpire gli Stati Uniti».

Immagino la reazione furiosa di Donald Trump.
«Ce ne occuperemo» è stata la prima dichiarazione del presidente americano. Poi, attraverso un tweet, ha alzato il tiro: «Ho appena parlato con il presidente cinese Xi Jinping delle azioni provocatorie della Corea del Nord. Ulteriori importanti sanzioni saranno imposte alla Corea del Nord. La situazione sarà gestita!». Le ricordo che il 20 novembre Trump aveva deciso di inserire di nuovo la Corea del Nord tra gli stati «sponsor del terrorismo internazionale». E questo non aveva aiutato a rasserenare gli animi. Da segnalare che ieri per la prima volta Pechino ha condannato apertamente il lancio del nuovo missile balistico intercontinentale, esprimendo «grave preoccupazione e opposizione». Il portavoce del ministero degli Esteri Geng Shuang ha aggiunto che la Cina vuole «stabilità e pace nella penisola». Intanto, quando a New York era pomeriggio, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si è riunito in via straordinaria.

Siamo sicuri che Kim sia davvero in grado di colpire gli Stati Uniti?
Gli esperti della Union of Concerned Scientists hanno confermato che il razzo nordcoreano «regolando la traiettoria potrebbe raggiungere tutta la costa orientale americana». Consideri che le Hawaii, che ospitano il quartier generale statunitense nel Pacifico, distano 7.500 chilometri da dove è partito il missile. Inoltre, secondo americani e sudcoreani, con un carico utile composto da una sola testata il vettore potrebbe raggiungere una gittata di circa 13 mila chilometri. Washington ne dista solo 11 mila da Pyongyang.

Questo vuol dire che, di fatto, siamo nelle mani di Kim?
Non basta avere un missile con una gittata sufficiente a colpire gli Stati Uniti. Per quanto se ne sa, i nordcoreani al momento non sono in grado di costruire bombe nucleari abbastanza piccole da poter essere caricate a bordo di un missile. Il programma nordcoreano ha mostrato parecchie mancanze, incidenti e fallimenti si sono seguiti con molta più frequenza dei lanci riusciti. A detta del primo ministro sudcoreano Lee Nak-yon, anche in quest’ultimo test ci sono stati problemi tecnici: «Secondo i nostri dati le comunicazioni radio tra il missile e la base di lancio in Nord Corea si sono interrotte a metà del volo». Ma la maggior parte degli esperti stima che la Corea del Nord riuscirà ad avere armi nucleari e missili intercontinentali affidabili entro 5-10 anni. Pensando al presente, la situazione può cambiare molto velocemente. L’intelligence di Seul sostiene che a breve Pyongyang potrebbe compiere un nuovo test nucleare, facendo esplodere magari sul Pacifico la bomba termonucleare di cui ha parlato a settembre il suo ministro degli Esteri. Senza contare che l’Olimpiade invernale nell’odiata Corea del Sud al via a febbraio potrebbe indurre a un crescendo di provocazioni. Ma, come ha scritto Guido Santevecchi sul Corriere della Sera, è anche possibile che, con questa prova di forza, Kim abbia voluto far sapere al suo popolo e al resto del mondo di aver centrato lo scopo e che potrebbe sospendere la corsa alle armi, in cambio di concessioni: soprattutto sul fronte delle sanzioni. Bisogna attendere la reazione articolata di Washington. In effetti, dopo il lancio del missile, nel dispaccio della Kcna, l’agenzia del regime, era scritto: «Non minacceremo alcun Paese e alcuna regione fintanto che gli interessi della Repubblica Democratica Popolare di Corea non saranno violati». Queste parole possono significare due cose: volendo essere ottimisti, Kim offre la possibilità di un negoziato a Trump. Ma potrebbe anche esserci un intento minaccioso dietro a questa frase, perché la Nord Corea ha ripetuto più volte che le sanzioni internazionali sono una violazione del loro interesse nazionale e rappresentano, di fatto, una dichiarazione di guerra.