Corriere della Sera, 30 novembre 2017
Corea del Nord, può l’ultimo missile favorire i negoziati?
Per qualche ora, a Washington, si è temuto che Trump potesse ordinare un attacco improvviso contro la Corea del Nord. Specie dopo averlo visto annuire in tv, mentre il segretario alla Difesa, James Mattis diceva: «È una minaccia per tutto il mondo». Così non è stato. Il presidente è partito come da programma per un comizio-show sulle tasse in Missouri. Diversi commentatori, ad esempio sul New York Times, hanno allora ripreso la sensazione che è rimbalzata dalla Cina: il missile lanciato da Kim Jong-un in realtà allontana la prospettiva della guerra. È un’idea che sembra paradossale. Il ragionamento è questo: i nordcoreani hanno dimostrato di poter colpire praticamente l’intero territorio americano. La loro posizione negoziale si è rafforzata: ora sono pronti, o quasi, per una trattativa «alla pari». È uno scenario possibile. Così come i più pessimisti, come il senatore repubblicano Lindsay Graham, hanno molti argomenti per ipotizzare «l’inevitabilità» del conflitto. L’incognita principale è Trump. Nel discorso all’Assemblea dell’Onu, il 19 settembre scorso, il presidente minacciò di «distruggere totalmente» la Corea del Nord. Ieri, in un comizio, è tornato a insultare il dittatore nord coreano. Ma, intanto, gli Usa si stanno muovendo sul piano politico-diplomatico. Trump insiste nel dialogo con Xi Jinping. Il leader cinese, spalleggiato da Vladimir Putin, da sempre lo sollecita ad aprire un negoziato diretto con Kim. Se hanno ragione gli ottimisti, ora ci sarebbero le condizioni per provare.