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 2017  novembre 28 Martedì calendario

Storia di Rino Gattuso

Rino Gattuso, nipote di un maestro d’ascia, nasce a Corigliano Calabro il 9 gennaio 1978 e festeggerà i quarant’anni sulla panchina del Milan. Almeno per lui, non è mai stata un’ipotesi improbabile. Ringhio cresce in Calabria, giocando a calcio sulla spiaggia con i fusti della nafta dei pescatori come pali, e a 11 anni anticipa il futuro. Vede una partita del Milan di Sacchi in tv e a un amico, che poi ha raccontato tutto, dice: «Un giorno con quella maglia ci sarò io». Ambizioso il giusto. 
ADOLESCENZA Il viaggio è piuttosto lungo e alcune tappe sono meno conosciute. Quando ha 12 anni, Gattuso viene scartato dal Bologna e firma con il Perugia, per cui lascia casa e va in collegio. Si ambienta e vince due scudetti Primavera: nella finale contro il Parma, il suo portiere è Storari, che oggi troverà in spogliatoio. Esordisce in B e anche in A, orgogliosamente davanti a papà, poi firma con i Glasgow Rangers il primo contratto serio. Il tutor e traduttore è Gazza Gascoigne, che si lava i denti con lo spazzolino di Rino ma gli vuole un gran bene. La città segue: Gattuso diventa un mito e conosce Monica, figlia di un ristoratore italiano. Finirà per sposarla. Nel 1998 Gattuso paga un cambio di allenatore e torna in Italia, alla Salernitana, ma la strada è tracciata. Resterà il calciatore tutto cuore amato dalla curva. Come ha detto lui: «Il segreto è essere incazzati con il mondo, sacrificarsi, dedicare la vita a un lavoro che avrei fatto anche per un decimo dei soldi».
ETà ADULTA Il Milan, certo. Il Milan arriva nel 1999 e non se ne andrà mai. All’inizio è decisivo Ruben Buriani, ex rossonero diventato team manager della Salernitana, poi fa tutto Rino. Arriva da promessa, scopre di poter fare il titolare, nel 2002-03 vive il primo anno magico. Il Milan rischia di uscire nel preliminare, poi va a vincere la Champions in finale con la Juve. Secondo Gattuso, la sua partita più bella: «Andai oltre le mie possibilità. Ricordo uno scatto di 120 metri per rincorrere il portiere: ogni volta che rivedo quelle immagini non capisco da dove abbia preso tutta quella forza». Rivince la Champions nel 2007, non prima di aver festeggiato il primo scudetto e ovviamente il Mondiale, da simbolo degli emigranti in Germania. Rino gioca tutta la finale, non calcia uno dei rigori ma in un sondaggio viene votato calciatore più sexy, che non è un riconoscimento da buttare. 
ALLENATORE Gattuso il bello ride, continua a correre per il Milan e nel 2012 lascia. Galliani gli regala un cd di Fausto Leali, «Mi manchi», e Ringhio dice: «La società voleva che restassi un altro anno, ma io non voglio essere un peso per nessuno. A un certo punto mi sono sentito una mascotte». Non fa per lui, meglio fare l’allenatore. Inizia da calciatore-allenatore in Svizzera, al Sion, che ieri gli ha augurato di risollevare il Milan attraverso il d.s. Degennaro, poi va al Palermo, in Grecia all’Ofi Creta, al Pisa. Con Zamparini finisce come per (quasi) tutti gli allenatori, all’Ofi una sua conferenza stampa con urla e faccia torva diventa virale. Il periodo più intenso però è a Pisa, con una promozione in B, mille problemi societari e una retrocessione in Lega Pro. Nella finale del playoff 2016 batte il Foggia di Roberto De Zerbi, l’allenatore con cui al ritorno vive storie tese: doppia espulsione. Domenica lo ritroverà in panchina a Benevento ed è curioso: De Zerbi è un ex milanista, aveva il triplo del talento ma nel 2006 era in B a Catania. Gattuso no, nel 2006 arrivava 14o al Pallone d’oro. A pari punti lui e un ragazzo portoghese, Cristiano Ronaldo.