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 2017  novembre 23 Giovedì calendario

Licio Gelli, un patrimonio da 63,5 milioni

La storia non ha messo ancora un punto sulla controversa vicenda politica e giudiziaria di Licio Gelli. L’ammontare del suo enorme patrimonio si è nascosto tra le carte segrete del suo testamento olografo, depositi custoditi all’estero e proprietà terriere concentrate in Sud America. Adesso dalle carte degli inquirenti aretini, che tentano di recuperare i proventi illeciti, emerge il valore di tutte le sue ricchezze, superiori a 88,5 miliardi di vecchie lire (indicativamente 63,5 milioni di euro).
C’è Villa Wanda, dove Gelli viveva (vicino ad Arezzo), stimata da lui stesso 3 miliardi di vecchie lire già negli anni Sessanta. Poi ci sono i lasciti in contanti, lingotti e monete d’oro, brillanti, gioielli, mobili e proprietà immobiliari in Italia, Francia, Paraguay, Uruguay, Brasile e Argentina, più terreni e fazende negli stessi Paesi. Il tutto elencato a mano dallo stesso Gelli, meticoloso nel redigere il suo testamento e nell’appuntare numeri, beni e nomi dei membri della sua famiglia, senza risparmiare minacce se la distribuzione dell’eredità non fosse avvenuta subito: coloro che si opporranno «avranno gravi sventure», scrive.
La caccia (mai finita) al tesoro
Un patrimonio inestimabile e in parte ormai difficilmente recuperabile, soprattutto quello in America Latina. La procura di Arezzo sta provando dal 1999 a recuperare almeno in parte ciò che considera frutto di proventi illeciti. Inutilmente: il tribunale ha sempre respinto le richieste di sequestro. Ora ci sarà l’appello (la cui data è ancora da fissare) del quarto tentativo andato in fumo, e con questo stanno emergendo i documenti del patrimonio.
Nel 1999 i giudici aretini non accolsero la richiesta di sequestro di Villa Wanda, ritenendo che la competenza fosse di Roma. Poi nel 2016, subito dopo la morte di Gelli (scomparso il 15 dicembre 2015), fu risposto ai pm, che tentano per la seconda volta, che non c’era motivo di urgenza, visto che la proprietà era stata acquistata nel ’68, quando Gelli non era ancora considerato pericoloso. Successivamente, al terzo tentativo, i giudici eccepiscono che manca l’identificazione degli eredi.
La procura aretina ci riprova per la quarta volta, sempre lo scorso anno, e chiede il sequestro delle quote della Pistoia srl, che controlla al 100% la Sator, la società costituita dal nipote di Gelli – Alessandro Marsili, insieme alla compagna di Gelli Gabriela Vasile -, servita ad acquistare Villa Wanda nel ’91, ceduta dallo stesso Gelli. L’ipotesi è che dentro la Pistoia srl sia stato immesso denaro di provenienza illecita, per 1,2 milioni di euro. Niente da fare: per il tribunale non ci sono i presupposti per sequestrare la villa. I pm hanno fatto così richiesta di appello un mese fa, sollevando la questione che la richiesta di sequestro non riguarda la proprietà immobiliare ma la società che la detiene.
Dai brillanti alle fazende brasiliane
Mentre la caccia prosegue, la Guardia di finanza di Arezzo ha intanto messo un punto sulle ricchezze di Gelli, uno dei personaggi più controversi della storia contemporanea italiana, coinvolto in alcune delle vicende più inquietanti: dal crack del Banco Ambrosiano alla strage di Piazza Bologna (per la quale venne condannato per depistaggio ma assolto dall’accusa di associazione sovversiva). Ebbe anche una condanna di tre anni per associazione alla P2, ma scomparve mentre era in libertà, per essere infine arrestato sulla riviera francese a Villefranche sur Mer. E già all’epoca la polizia rinvenne nella sua villa oltre 2 milioni di dollari in lingotti d’oro.
Ora la ricognizione è puntale. C’è la Sator, come detto, da 1,2 milioni. Poi ci sono i beni elencati nel suo testamento olografo, rinvenuto dalle autorità francesi di polizia giudiziaria nel 1998 e trasmesso all’Agenzia delle entrate italiana. L’esame della documentazione ha fornito il seguente quadro: «lascio a Gabriela Vasile, mia convivente a tutti gli effetti – scrive Gelli – un miliardo di lire; a mia sorella Alpinola Bertolotto 150 milioni di lire; a mia sorella Margherita Fedi, defunta, e per essa ai figli la somma di 50 milioni di lire ciascuno; a mia sorella Enza Canovai, defunta, e per essa ai figli, 70 milioni e 50 milioni». E ancora: 70 milioni alla cognata; 40 al cognato; 50 alla cugina; 40 al collaboratore «fedele» Elvio Lombardi; 30 al collaboratore Vincenzo Benincasa; altri 30 alla collaboratrice Anna Campora e altri 15 alla collaboratrice Piera Spinelli; infine 20 milioni alla segretaria e altri 20 alla governante.
E conclude con un avvertimento: «I legati devono essere pagati subito, usando i denari in contanti, senza tentennamenti... A coloro che faranno ostracismo oltre a essere colpiti fortemente dal fisco per evasione Iva e penalità, avranno gravi sventure nel corso della loro esistenza».
La situazione economica riportata dalla Gdf è la seguente (in lire): 850 milioni in contanti; 18,4 miliardi in finanziamenti; 384 milioni in depositi bancari; 21 milioni di deposito pensione «gestito da Maria Rosa»; 18,4 miliardi in valuta estera; 2,5 miliardi a Lugano; 1,2 miliardi «sospesi e gestiti da Maurizio».
Poi ci sono i valori in materie prime e beni: 3 miliardi di riserva in metallo d’oro; 181 brillanti; 667 monete d’oro; 4,5 miliardi di altri gioielli e 5 miliardi di mobili periziati.
Gelli dice che per quanto riguarda l’oro «cinque chili devono essere consegnati a Gabriela Vasile». Sulle monete d’oro specifica che «mi avvertirono che mi avrebbero fatta una perquisizione, feci dei pacchi in fretta e furia... Consegnai i pacchi a Maurizio, Maria Rosa e Alessandro... mi sono stati restituiti e dopo l’apertura ho constatato che ne mancano 2.463... ma non incolpo nessuno, solo me stesso». E quanto ai gioielli asserisce che niente «dovrà essere assegnato a Marta, per il suo indegno, disumano e bestiale comportamento durante la malattia. Per le stesse ragioni non desidero lasciare nessun gioiello a Serena...».
Poi si passa alle proprietà immobiliari: 3,5 miliardi in Italia; 14 miliardi in Francia; 2,5 miliardi in Paraguay; 9,5 miliardi in Uruguay; 3,4 miliardi in Brasile e 40 milioni in Argentina. In questo capitolo sono inclusi terreni. In Paraguay ci sarebbero 172mila ettari di terreno; in Uruguay fino a 12mila ettari; in Brasile una fazenda da 6mila ettari venduta nel ’93 e un’altra da 2mila ettari; in Argentina 30 ettari venduti nel 1987. Si racconta infatti che Gelli abbia stretto rapporti con il generale argentino Roberto Eduardo Viola durante il periodo della dittatura.