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 2017  novembre 13 Lunedì calendario

Nomine, impariamo a copiare

Racconta chi ci è passato che, se ci si vuole candidare a un posto come commissario Consob, a un certo punto ci si imbatte in una maschera: un formulario digitale, che occorre riempire per inserire la propria richiesta di entrare a far parte della Commissione nazionale per le società e la borsa. Oltre alle proprie generalità e al curriculum professionale, la maschera chiede al candidato di precisare la visione per l’organismo di guida dell’autorità di vigilanza dei mercati finanziari nell’ottava economia del mondo. 
Dicono che in quella casella ci sia spazio per circa venti righe di testo. Un quinto dell’articolo che state leggendo. 
Forse non servirebbe altro per comprendere l’impegno che i governi dedicano a selezionare le persone più adatte a proteggere il risparmio degli italiani, dopo gli azzeramenti di azioni e di bond nei portafogli delle famiglie. In venti righe il candidato è invitato a spiegare come intende vigilare sugli intermediari finanziari, sulla gestione del risparmio, sull’emissione di titoli e gli abusi di mercato, sulle piattaforme che garantiscono gli scambi, su problemi complessi quali il collocamento di prodotti in conflitto d’interessi (da Banca popolare di Vicenza in giù) o il controllo di fatto di società quotate da parte di soci che restano sotto alle soglie (Tim-Vivendi e non solo). Il candidato dovrà poi precisare la sua visione riguardo al governo interno dell’autorità, ai rapporti con la Banca d’Italia e all’uso delle nuove tecnologie digitali per individuare rischi, reati e abusi. Per nulla dire della prospettiva di un’unione dei mercati dei capitali che dovrebbe nascere basata su regole uguali per tutti i Paesi e un regolatore unico in Europa. 
Scusate, lo spazio nella maschera è finito. Non è chiaro se sia per questo, ma la Consob di recente ha battuto un piccolo record: dev’essere l’unica autorità al mondo che abbia attraversato un’intera crisi finanziaria senza mai disporre di una squadra al completo. Da quando il 16 giugno 2012 ha lasciato l’allora commissario Luca Enriques, la commissione di Borsa ha sempre mancato di almeno uno dei suoi componenti. 
Curriculum 
Ciò significa che è sempre stato fondamentale il singolo voto del presidente Giuseppe Vegas, un laureato in diritto ecclesiastico ricco di trascorsi politici (in Forza Italia) e nella formulazione del bilancio pubblico (al ministero dell’Economia) ma secondo il suo stesso curriculum privo di precedenti esperienze nel settore privato, nei mercati finanziari, nel diritto che li regola e privo anche di trascorsi e rapporti europei e internazionali. Nel frattempo, da quando la Consob è dimidiata, è successo di tutto. Il Paese ha attraversato la più grave crisi di sempre sui titoli di Stato italiani, la più grave crisi su bond bancari (nel 2013 le famiglie ne detenevano per 370 miliardi di euro) e una decina di istituti di credito sono andati in dissesto. 
Ancora oggi la squadra resta incompleta (manca il quinto commissario) e il voto di Vegas resta decisivo, mentre il suo settennato si avvicina alla scadenza il 16 dicembre prossimo. Mai come ora è stata importante la qualità del metodo con il quale i vertici della Consob vengono scelti. Su Banca Marche, Etruria, Carife, CariChieti, Veneto Banca, Popolare Vicenza, Monte dei Paschi e prima ancora su Cirio, Parmalat e sui Tango Bonds le famiglie italiane hanno già perso troppo, per mantenere procedure di selezione mediocri e opache per il vertice la Consob. 
Il meccanismo per il presidente della Commissione di Borsa e i suoi quattro colleghi è formalmente simile a quello per la nomina del governatore della Banca d’Italia: il ministro dell’Economia indica un nome, il premier lo fa passare in Consiglio dei ministri e il presidente della Repubblica lo conferma. A differenza che in Gran Bretagna e molti altri Paesi, non viene tuttavia pubblicato alcun invito a presentare candidature con una descrizione precisa del profilo professionale richiesto. Non vengono neanche rese note le candidature selezionate in una «short-list», né il curriculum di coloro che concorrono per una certa posizione. Non è il massimo della trasparenza. L’opinione pubblica e i risparmiatori apprendono solo il nome del prescelto, a cose fatte. 
Confronti 
Qualunque sia il giudizio sulla presidenza Consob di Lamberto Cardia (2003-2010, gli anni dei crac Cirio e Parmalat e dei Tango bonds) o dello stesso Vegas, il loro curriculum appare molto diverso da quello dei loro pari grado di Germania, Francia, Gran Bretagna o Stati Uniti. Vegas arriva in commissione di Borsa, appunto, come esperto di diritto ecclesiastico, finanza pubblica e di politica; anche Cardia si è sempre mosso all’incrocio fra alta burocrazia romana (Corte dei conti, Consiglio di Stato, presidenza del Consiglio) e politica (sottosegretario nel governo di Lamberto Dini). Nessuno dei due aveva mai toccato con mano prima il settore privato, né i mercati finanziari, né ambienti altro che strettamente italiani. Al contrario, il loro attuale omologo della Fca di Londra John Griffith-Jones ha lavorato in Merrill-Lynch ed è stato ai vertici di Kpmg, un grande gruppo globale di consulenza; il presidente della Sec americana è stato un giurista universitario e grande avvocato di Wall Street; il presidente della Bafin tedesca, Felix Hufeld, ha lavorato per Boston consulting group e ha girato i mercati internazionali per un fondo di private equity; e il presidente della francese, Robert Ophèle, è un ex vice-governatore della Banca di Francia che ha operato anche alla Federal Reserve di New York, quella che si occupa direttamente di Wall Street. Quanto agli attuali commissari Consob, solo Carmine Di Noia ha competenze e un profilo di alto livello internazionale (dottorato in economia all’Università della Pennsylvania), anche se con limitate esperienze dirette in organi societari. Giuseppe Maria Berruti è un rigoroso magistrato della Corte di cassazione che ha lavorato di rado su casi strettamente finanziari. E Anna Genovese è una rispettata giurista accademica con pubblicazioni soprattutto nel campo dell’Antitrust, non dei mercati finanziari, senza molta pratica professionale né esperienze in azienda. Tutte queste persone sono di qualità e il loro impegno in Consob è stato sempre molto serio. Ma la squadra di vigilanza presenta un mix di competenze squilibrato. A partire dal presidente, è il momento di rimediare con procedure di nomina trasparenti e rigorose. Non sarebbe il momento giusto per lasciare altri posti vacanti al cuore del sistema di tutela dei risparmio.