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 2017  novembre 13 Lunedì calendario

Roberto Calasso e il naufragio della speranza

Se un giorno, non si sa quanto lontano, il mondo riuscirà a portare a termine l’autoannientamento, da qualche parte tra le macerie qualcuno chissà chi e chissà proveniente da dove troverà scritto (sotto forma di saggi, romanzi, poesie, diari, semplici appunti) tutto quanto portò il pianeta alla definitiva distruzione. Questo, a lettura ultimata, viene da pensare del libro di Roberto Calasso L’innominabile attuale (Adelphi, pagine 189, euro 20). Concepito dall’autore come seconda parte del suo precedente La rovina di Kasch (1983), questo lavoro procede per frammenti, appunti, illuminazioni, intuizioni, deduzioni, come a voler inviare avvisi ai naviganti, nella consapevolezza, tuttavia e qui sta l’inquietante originalità del libro che il naufragio sia già avvenuto. (In modo perfetto illustrerebbero il volume i Sette palazzi celesti dell’artista tedesco Anselm Kiefer, installati in un hangar della Pirelli Bicocca, a Milano: efficacissima immagine di un day after che molto ha a che vedere con il qui e ora). 
La società secolare quella nostra, dice Calasso si può leggere anche avendo in mente l’innocente arroganza utopistica di Bouvard e Pécuchet, i due personaggi immaginati da Flaubert; una conquista che ai giorni nostri ha un nome: Internet. 
DIGITALE E DIGITABILE
«L’immane sconvolgimento psichico provocato dalla confluenza fra il digitale e il digitabile», questa immensa enciclopedia «in perenne, proliferante espansione» (e dove dentro c’è tutto, verità e menzogna) hanno portato a un fenomeno epocale che Calasso chiama disintermediazione («Bastava digitare certe parole, in sequenza, e chiunque aveva l’impressione di agire in prima persona, senza ricorrere ai soliti fastidiosi intermediari»). L’odio per la mediazione e certamente Calasso si riferisce propriamente ai giorni nostri porta (ha già portato?) al disastro: «Non c’è bisogno di rifarsi a Hegel per sapere che non solo il pensiero ma la percezione sussistono soltanto grazie alla mediazione, quindi attraverso continui aggiustamenti e compromessi, che sono l’opera stessa della mediazione». Se ne ricava che «anche il vagheggiamento della democrazia diretta non discende ormai da una riflessione politica, ma dall’infatuazione informatica». 
SVOLTA FATALE
Non è soltanto Internet ad avere provocato una svolta fatale nell’evoluzione dell’umanità. 
Dopo il «tentativo, parzialmente riuscito, di autoannientamento», databile tra il 1933 e il 1945, si ricominciò daccapo, con idee e mezzi ben più pericolosi (teniamo sempre presenti Bouvard e Pécuchet, e anzi, collochiamoli nel Terzo millennio). Un tempo ricorda Calasso a essere divinizzati erano gli imperatori, oggi lo è la società: «Duemila anni dopo Cristo, il secolarismo avvolge il pianeta. Così è non perché abbia sconfitto le religioni, bensì perché, fra tutte le religioni, è la prima che non si volga a entità esterne ma a se stessa, in quanto visione giusta e ultima delle cose come sono e come devono essere». Ci si è sbarazzati, insomma, dell’ossessiva ricerca del sacro, per «vivere al di là del bene e del male», in un mondo secolarizzato che guarda se stesso, crede soltanto in se stesso.
Gli avvisi di Calasso riguardano molti aspetti della realtà d’oggi. La fragilità e vulnerabilità della democrazia, l’esasperata laicizzazione, con il dilagare della pornografia e del terrorismo fondamentalista, che l’autore mette in relazione al turismo sempre più massificato («Turisti, terroristi: categorie ubique, calamitanti»). 
LA CONFESSIONE
Come una confessione, l’avvio del libro: «La sensazione più precisa e più acuta, per chi vive in questo momento, è di non sapere dove ogni giorno sta mettendo i piedi. Il terreno è friabile, le linee si sdoppiano, i tessuti si sfilacciano, le prospettive oscillano. Allora si avverte con maggiore evidenza che ci si trova nell’ innominabile attuale’».
Nella seconda parte del volume si ha la dimostrazione di quanto asserito all’inizio di questo articolo: tutto è stato scritto. In una sorta di diario (dal giorno in cui Hitler fu nominato Cancelliere alla caduta di Berlino) viene documentato ciò che portò il mondo sull’orlo del precipizio. «Non si tratta di ricordi – precisa Calasso – ma di parole scritte, pubblicate, dette, riferite, registrate». Ed è prodigioso ancorché allarmante come, nel leggerle, si ha l’impressione di sapere come andrà a finire, e non perché lo sappiamo per conoscenza della storia o per aver vissuto gli avvenimenti, ma perché quei fatti, quei determinati comportamenti, non potevano che portare a quest’esito finale. 
Da un foglietto conservato in una biblioteca, sappiamo che Baudelaire annotò di aver sognato il crollo di un’immensa torre (allora non esistevano i grattacieli). Quando quel sogno fu reso noto, conclude Calasso, «tutto corrispondeva, con una sola aggiunta: le torri erano due e gemelle».