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 2017  ottobre 20 Venerdì calendario

«Erare é propio umano». Sette italiani su dieci bocciati in grammatica

Vent’anni fa, con l’avvento dei cellulari, si diceva che si sarebbe perso l’uso della scrittura, perché tutti parlavano e basta, poi sono arrivati gli sms, internet, le mail, e soprattutto i social network, e ora chiunque non fa altro che scrivere. Scrivono messaggi, scrivono status su Facebook, scrivono commenti a qualsiasi cosa: non è importante leggere, l’importante è scrivere per dire la propria. Ma come si scrive? Da cani. Non sto facendo un discorso da professorino dell’Accademia della Crusca, è che siamo proprio a livello di cavernicoli grammaticali.
In un’indagine condotta da «Libreriamo» sono elencati molti degli errori comuni, a cominciare dal famigerato «qual’è» scritto con l’apostrofo: al 76% degli intervistati la differenza tra elisione o troncamento proprio non entra in testa (anzi, quando glielo fai notare si stupiscono: «ma davvero non ci va?» e ti guardano sospettosi). Figuriamoci poi quando mettere l’apostrofo, eppure basterebbe ricordarsi di usarlo con le parole femminili: «un’amica» con apostrofo, «un amico» senza, è così difficile? Sembra di sì, anche perché i pronomi li sbaglia ben il 65%, con «gli» al posto di «le» quando il soggetto è femminile («Gli ho detto che era molto bella»). Qualcuno ricorda che «gli» al posto di «le» lo usava anche Alberto Moravia alla fine della sua carriera, per semplificare, io credo lo facesse solo perché si era rincoglionito (mentre Roberto Saviano, beccato con un «qual’è» su Twitter, non potendosi difendere con la grammatica si appellò a Pirandello). In ogni caso, altro dilemma amletico, la differenza tra c e q, riguarda ben il 58% (che scrivono per esempio «profiquo» o «evaquare»).
Ci sono italiani che vanno dall’estetista a farsi «una ceretta al linguine» (il 13%, si presume di donne, ma di questi tempi non si sa). E poi l’uso giovanilistico, mai tramontato da un decennio, della k al posto del ch, se hai tredici anni lo capisco pure (non è vero, neppure in un tredicenne lo tollererei), per cui apri Whatsapp e ti vedi chiedere «Ke fai?», «Ke facciamo?», «Ke dici?». Eh, dico che dovresti tornare a scuola. Pardon, ke dovresti tornare a squola.
Imperversa anche l’abbreviazione di alcune parole con le doppie consonanti, «tt» al posto di «tutto», «nn» al posto di «non» («Come stai?», «Tt bene, nn torno a cena»), vai a capire cosa se ne fanno del tempo risparmiato nel digitare quattro lettere, neppure stessero su un aereo che sta precipitando e dovessero scrivere di fretta l’ultimo messaggio della loro vita. C’è poi un bel 19% che scrive «propio» al posto di «proprio», e il 15% usa la x al posto di «per» (molti fondendolo con l’uso della k, quindi un «perché» diventa un «xké?», solo a vederlo mi viene un conato di vomito).
Sui congiuntivi ormai è una battaglia persa, perfino in televisione non ne beccano uno neppure per sbaglio, del genere: «L’importante è che hai superato l’esame». Né si salvano vip e politici (a proposito di «né», con l’accento acuto si usa quando è negazione, come avverbio o pronome si scrive senza accento, e lo sbaglia il 47% degli italiani). L’Oscar in questo caso va a Luigi Di Maio, il quale dovette riscrivere lo stesso status di Facebook tre volte senza imbroccarlo neppure alla terza («Se c’è il rischio che soggetti spiano massime istituzioni dello Stato...», poi cambiato in «venissero spiate», poi in «Se c’è il rischio che due soggetti spiassero...»).
Ma la sciagura più grande sono i puntini di sospensione e i punti esclamativi, una vera e propria epidemia, usati regolarmente a sproposito. Anzitutto i puntini sono tre, non a caso, e si utilizzano per sospendere un discorso, una frase, io direi di usarli sempre il meno possibile, quasi mai, invece te li piazzano ovunque, tra una parola all’altra. Oggi nessuno che ti scriva più: «Sono andato al mare, era una bella giornata», piuttosto: «Sono... andato... al mare... era una bella... giornata......!!!!!». Non c’è da stupirsi se, secondo uno studio realizzato da Survey of Adult Skills, in Italia gli analfabeti funzionali sono ben il 28%. Sarà anche perché siamo il Paese europeo in cui si legge di meno, ma in compenso siamo impegnatissimi a scrivere, male.