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 2017  ottobre 12 Giovedì calendario

Xi Jinping, il «leader dai sei volti»: è lui il futuro imperatore globale?

PECHINO C’erano diverse sedie vuote ieri nel Plenum del Comitato centrale del partito comunista cinese. Tra membri effettivi e alterni avrebbero dovuto essere in 376, ma una trentina, dal 2013, sono caduti nella rete della grande campagna anticorruzione condotta da Xi Jinping. E nelle ultime settimane un’altra dozzina di alti dirigenti sono stati messi sotto inchiesta o già arrestati. Così, con qualche buco nei ranghi, il Comitato centrale si è riunito per mettere il timbro sui documenti per il 19° Congresso del partito che si apre il 18 ottobre a Pechino. Un evento che si svolge ogni cinque anni e ridisegna il vertice del potere.
Tutto è già stato deciso in segreto: nuova nomenklatura, linea per i prossimi cinque anni, un ulteriore rafforzamento del leader che è già il più potente che la Cina abbia mai avuto dai tempi di Mao. Nella costituzione comunista dovrebbe essere inserito «Il Pensiero di Xi Jinping», un passo verso lo «Xiismo».
Ma chi è quest’uomo di 64 anni, dal 2012 segretario generale, nonché presidente della Repubblica popolare e della Commissione centrale militare? Finora ha mostrato almeno sei volti.
1 È stato un «giovane istruito» che nel 1968, a 15 anni, fu mandato con migliaia e migliaia di coetanei dalle città a zappare in campagna «per essere rieducato dai contadini più poveri», come ordinava la Rivoluzione culturale. Xi allora si portò dietro valigie piene di libri: i contadini che lo aiutarono a trascinarle pensarono che dentro ci fosse un tesoro. Erano volumi che lo studente-lavoratore divorava la notte, dopo aver spalato letame: lesse di tutto, da Victor Hugo a Hemingway e tre volte di seguito il Capitale di Marx.
2 Il Principe rosso: Xi è figlio di un compagno di lotta di Mao. I discendenti dei rivoluzionari della prima ora sono la nobiltà della Repubblica popolare, predestinati al potere o almeno al successo negli affari. Il futuro presidente, tornato a Pechino dopo sette anni nei campi, invece di divertirsi come fecero molti coetanei usciti dall’incubo maoista, si lanciò alla ricerca del potere politico, convinto che gli spettasse. E così ha scalato la gerarchia.
3 Il cacciatore di tigri: sotto la sua guida la battaglia anticorruzione ha punito in questi primi cinque anni 1,34 milioni di piccoli burocrati («mosche da schiacciare» le chiama Xi) e anche 280 alti funzionari a livello ministeriale o superiore («tigri da stanare», nella visione del leader). Le foto di diversi dirigenti eliminati ora sono esibite in una grande mostra a Pechino.
4 Il comandante nazionalista: Xi ama farsi vedere in mimetica tra i soldati. Sta riformando l’esercito per farne «una forza capace di combattere e vincere una guerra moderna». Ha anche messo a disposizione dell’Onu 8 mila Caschi blu cinesi, preparando il terreno a una nuova politica più assertiva della Cina in campo internazionale.
5 Lo statista visionario: aiutato anche dall’instabilità dell’America di Trump, ha lanciato a Davos la sua idea di ri-globalizzazione; ha offerto la Nuova Via della Seta per allargare i commerci. Usa metafore affascinanti e colte, tipo «in tempi di tempesta, non bisogna rifugiarsi nel porto del protezionismo, ma navigare nel mare aperto della globalizzazione». Cita anche i classici occidentali, compreso Dante e Petrarca.
6 Il Presidente di tutto: ha accumulato una dozzina di cariche, alcune di organi statali costituite appositamente per lui, come il Gruppo guida dell’approfondimento comprensivo delle riforme. Si è conquistato il titolo di «hexin», che significa più o meno «nucleo centrale e cuore» del Partito e quello di «lingxiu», che fu solo di Mao ed evoca una grandezza di comando anche spirituale. E poi c’è la propaganda quotidiana, che per avvicinare il presidente al popolo rilancia l’espressione «Xi Dada», che vuole dire Zio Xi, e lo presenta mentre mangia ravioli da pochi soldi in una trattoria tra la gente.