la Repubblica, 25 settembre 2017
Quante avventure nelle vite dei manoscritti. Rubati, nascosti, trafugati dai nazisti: un libro di un bibliotecario di Cambridge adesso li racconta
Sono vecchi. Alcuni molto noti. Altri meno. Quasi tutti letteralmente incartapecoriti. Alcuni sono in gran forma, brillantissimi. Altri mostrano l’età. Sono milioni. E ognuno è unico. Tutti hanno una storia da raccontare. Christopher De Hamel, bibliotecario del Corpus Christi College di Cambridge, ne ha visitati e intervistati molti. Ora pubblica una dozzina di “interviste”, con altrettante celebrità. È l’autore stesso a farci sapere che lui il libro avrebbe voluto intitolarlo Interviste con manoscritti. L’editore inglese ha preferito Meetings with Remarkable Manuscripts, cioè “Incontri”. La traduzione italiana da Mondadori si intitola, ancor più semplicemente, Storia di dodici manoscritti. Una delle caratteristiche che accomuna questa magnifica dozzina, scelta tra il milione e passa di loro pari in giro per il mondo, è che sono di difficile accesso. Come ogni celebrità che si rispetti. Per vederli anche gli specialisti devono fare defatiganti trafile burocratiche. E anche quando si riesce ad avere un appuntamento, raramente si aprono del tutto con l’intervistatore, quasi mai è consentito sfogliarli o toccarli. Li si studia in foto o sulle riproduzioni. Eppure sono passati molte volte di mano in mano. Quasi sempre per denaro, non per amore. Sono sempre stati preziosi. Nel Medioevo li incatenavano, molti ne portano ancora il segno. Ormai è difficile, se non impossibile, che lascino le biblioteche in cui sono gelosamente conservati. Ma hanno tutti viaggiato moltissimo, attraversando confini e talvolta oceani. Percorsi e passaggi sono interessanti quasi quanto i contenuti. Di questi magnifici 12 solo uno, il Très Belles Heures di Giovanna di Navarra, è conservato nel Paese di origine. I Libri delle ore, cioè libri di preghiere per ogni ora della giornata, sono i manoscritti più finemente illustrati e più “personali” della fine del Medioevo. Passavano di padre in figlio, di famiglia in famiglia. Sono testimoni di mutamenti epocali. Oltre alle preghiere canoniche contengono preghiere individualizzate, e chiose che si adattano al mutare delle circostanze politiche. Spesso nelle pagine bianche si annotano matrimoni e nascite. Talvolta i margini si arricchiscono di formule magiche, ricette di cucina, notazioni private. Uno dei Libri delle ore che mi è capitato di vedere ad una mostra alla British Library aveva a margine a penna i messaggini d’amore che si scambiavano in chiesa Enrico VIII e Anna Bolena, sua amante e futura madre di Elisabetta I. Il Libro di Giovanna di Navarra, ora alla Bibliothèque Nationale, era stato ad un certo punto in possesso del Duca di Berry assieme ai cugini ancora più famosi: Les petites Heures (anch’esso a Parigi), Les Très Riches Heures (a Chantilly), Le Belles Heures (a New York). Era passato nella collezione del barone Edmond De Rothschild. Goering l’aveva fatto trafugare all’ebreo e mandato in Germania. Infine era stato avventurosamente recuperato a Berchtesgaden, il “nido dell’aquila” di Hitler. Alcuni di questi manu scripta, scritti a mano, o codici come vengono anche chiamati, sono forse un po’ noiosi (le storie della Bibbia si possono raccontare e illustrare in mille modi, ma in fin dei conti sono sempre le stesse storie). Altri hanno illustrazioni un pochino grossolane, o francamente bruttine. Lo riconosce lo stesso De Hamel, malgrado la reverenza e l’amore che porta all’oggetto dei suoi studi. Del Libro di Kells, posseduto dal Trinity College di Dublino scrive ad esempio che le miniature sono “spaventosamente brutte”. In effetti nella Madonna con Bambino e angeli, che potrebbe essere la prima rappresentazione in assoluto di questo soggetto, la Vergine è arcigna, il Bambino ha due piedi sinistri e un accenno di barba, gli angeli sembrano arpie. Che lo studioso britannico ce l’abbia con gli irlandesi? Altro esempio: nel Beatus, un’antologia di interpretazioni dell’Apocalisse in possesso della Morgan Library di New York, figurano Adamo ed Eva nudi “con le ginocchia nodose” e pelle rosea che li fa sembrare “turisti inglesi appena giunti su una spiaggia spagnola”. Una ritorsione per il fatto che il manoscritto era stato originariamente promesso ai britannici e invece se lo sono tenuti gli americani? De Hamel è un professionista serio. Non per niente è stato per decenni l’esperto di manoscritti della casa d’arte Sotheby’s. Comprensibile quindi che la sua scelta prediliga manoscritti familiari, e ignori del tutto le miniature turche e persiane, figurarsi i testi in cirillico o cinese. Così come è comprensibile che uno degli argomenti sui quali si muove a suo agio sia il valore in moneta dei suoi oggetti di studio. Racconta ad esempio come un manoscritto da lui scoperto e valutato, le Ore Spinola, abbiano raggiunto una quotazione record. Erano state messe in vendita da un macellaio in pensione di Berlino. Il macellaio, ex SS, aveva fornito diverse versioni su come ne era venuto in possesso: un bene di famiglia; no anzi, era stato lui a nasconderlo, per salvarlo dalle mi- re di Goering, e così via. A commissioni donate non si guarda in bocca, quindi Sotheby’s non aveva insistito a far domande. Così come aveva poi chiuso un occhio sulla beffa a danno del macellaio. Un mercante di New York, H.P. Kraus, se l’era aggiudicato a poco, grazie a uno stratagemma. Aveva smesso di alzare la mano, facendo finta di disinteressarsene. E invece si era accordato col battitore su un segnale segreto: rialzo ad oltranza, finché non si fosse tolto gli occhiali. Aggiudicatoselo, l’aveva rivenduto a tre volte tanto, un milione di dollari del 1976, a Paul Getty. Le storie, specie quelle ben illustrate, si leggono e si guardano sempre volentieri. Personalmente preferisco i manoscritti che oltre ad avere una storia fanno storia. Tipo l’unica copia superstite dall’antichità romana del De rerum natura di Lucrezio scoperta nel Cinquecento da Poggio Bracciolini in un convento tedesco. Oppure i manoscritti misteriosi, indecifrati e forse indecifrabili, tipo il Codice Voynich. Provo inoltre un’attrazione e una simpatia irresistibile per i manoscritti falsi, tipo i codici indecifrabili, perché di pura invenzione, che il geniale imbroglione Islam Akhun rifilava ai più famosi predatori di manoscritti sulla Via della Seta. E più di tutti amo i manoscritti inesistenti, tipo quello dell’islamico Cide Hamete Benengeli su cui Cervantes fonda il suo Don Chisciotte o quello dell’Anonimo cui Manzoni attribuisce i Promessi Sposi.