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 2017  settembre 25 Lunedì calendario

Mr 5%. Intervista a Andrea Viganò, l’uomo che guida le operazioni italiane di BlackRock

Per propria stessa ammissione, in vita sua Mister Cinque per Cento avrà bevuto dieci 
caffè. Non uno di più. Per Andrea Viganò questi non sarebbero stati comunque anni di sonni tranquilli, alla guida delle operazioni italiane di BlackRock dal 2014: il primo investitore al mondo gestisce 5.700 miliardi di dollari dei suoi clienti (oltre 75 miliardi di euro in questo Paese) e detiene il 5% dell’intera capitalizzazione della Borsa di Milano. È più degli investitori di Stato cinesi, più di chiunque altro. BlackRock ha quote di rilevanza assoluta in aziende di punta fra le quali Enel, Prysmian, Azimut, Ei Towers. Come l’intera economia italiana, per anni Viganò e BlackRock hanno sperimentato una navigazione difficile, ma ora iniziano ad approfittare dei primi soffi di vento in poppa. 
Per la prima volta da tempo, nel 2017 Piazza Affari sta facendo meglio degli altri indici europei. Sarà una svolta duratura o solo un rimbalzo? 
«Oggi vedo un ottimismo su tutta la piattaforma europea, soprattutto continentale, che nel nostro gruppo non respiravo da un decennio. Questo conta molto anche quando si guarda all’Italia. Dal 2009 al 2013 l’Europa aveva avuto una ripresa economica così tenue che quasi potremmo chiederci se ci sia stato un ciclo economico vero e proprio. Questa ripresa è ancora giovane, ha molta strada davanti a sé. Per questo pensiamo che ci sia molto potenziale di crescita per tutta la piattaforma europea». 
Parla di valori azionari o dell’economia in genere? 
«Parlo degli indici di Borsa e anche dell’andamento macroeconomico, che influenza anche l’andamento dei listini attraverso la crescita degli utili aziendali. Le considerazioni sul mercato italiano in particolare sono legate ad alcuni fattori importanti. Il primo è che il settore bancario dà segnali molto incoraggianti». 
I crediti deteriorati risultano in netto calo, anche se in gran parte dipende da Unicredit. Lei come valuta la situazione? 
«Sia lo stock di vecchi Npl (i crediti deteriorati, ndr) che la produzione di nuovi stanno calando in modo rassicurante. C’è chi ha fatto grandi cessioni su un mercato che è attualmente molto attivo. Rileviamo da parte del management degli istituti di credito un’attenzione e un lavoro di rilievo, che aprono la porta ad una gestione strategica delle sofferenze». 
Dunque quali incognite restano da sciogliere in Italia? 
«Direi il quadro politico». 
Che intende dire? 
«Lo scenario di fondo di tutta questa positività sull’area euro sta nell’allineamento del ciclo elettorale nella gran parte dei Paesi. Nelle elezioni presidenziali in Austria non ha prevalso l’estrema destra, alle politiche in Olanda non ha prevalso il populismo, la Francia ha dato un segnale fortissimo con un giovane presidente neoeletto che sale sul palco mentre suona l’inno europeo. Dispiace un po’ che l’Italia, per mille motivi, manchi in quella costellazione dei calendari politici».
Lo vede solo come un problema di tempi? 
«Lo dico da osservatore terzo e da investitore interessato alla crescita del Paese: non so se con l’attuale legge elettorale esistano le condizioni per una maggioranza o per un quadro politico che dia un mandato di governo molto forte. E sarebbe altamente desiderabile». 
In vent’anni la crescita media in Italia è stata dello 0,5%. Come investitore, lei trova che il dibattito politico si concentri a sufficienza su questa realtà? 
«Entrare nelle narrazioni delle campagne elettorali non è compito nostro. Senz’altro seguiamo con grande interesse la discussione sui temi di politica economica dell’uno o dell’altro partito. Ci permettono di capire quanto sono presenti le questioni di finanza pubblica e di crescita dell’economia. Sotto elezioni, le tematiche di discussione si moltiplicano sempre. Noi siamo un attore esterno, seguiremo gli sviluppi dal punto di vista dei risultati». 
Sembra di capire che vorreste la stessa visibilità degli assetti politici che prevale altrove in Europa. È così? 
«Senz’altro, è così. Non voglio commentare la politica italiana, anche perché è normale che diventi istintivamente più focalizzata al proprio interno in questa fase preelettorale. Constato solo che negli altri paesi europei il contesto é più favorevole al colloquio con gli investitori».
Da parte di chi? 
«Anche dei governi, dei responsabili politici, delle istituzioni in generale». 
E in Italia no?
«Probabilmente é fisiologico. Direi che in un momento in cui c’é molta concentrazione sulle dinamiche interne della politica le altre priorità non possono che risentirne». 
Le pare opportuno che i politici debbano dedicare tempo a portatori di forti interessi privati quali voi siete? 
«L’interlocuzione dev’essere ed è sempre stata rispettosissima dei ruoli. Non è che gli investitori abbiano agende “diaboliche”. La priorità di tutti oggi è la stessa: crescita, crescita, crescita. È solo positivo quando un investitore constata che un governo è attento ai temi della ripresa, all’appianamento del deficit, all’efficienza, alla rimozione di alcuni problemi e ostacoli per le imprese». 
Può fare un esempio di coincidenza di interessi fra voi, il governo e i cittadini? 
«Le grandi opere e il supporto finanziario degli investitori privati ad investire nel lungo periodo. Oggi le nostre società avanzate, che invecchiano, ricercano opportunità di investimento di lungo termine con rendimenti adeguati. Per i mercati esistono opportunità di sviluppare in classi di attivi alternative e illiquide, quali per esempio proprio il finanziamento delle infrastrutture». 
Avete provato a dirlo al ministero dell’Economia o a Cassa depositi e prestiti? 
«C’è un dialogo attivo con tutti e una promettente disposizione all’ascolto».