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 2017  settembre 20 Mercoledì calendario

Trump contro Nord Corea e Iran. «Kim attacca? Lo distruggiamo»

NEW YORK C’è un silenzio assordante nella sala dell’assemblea generale quando Donald Trump, al debutto al Palazzo di vetro, proietta l’ombra del fungo di Hiroshima sul regime di Pyongyang. «Gli Stati Uniti hanno una grande forza e una grande pazienza», dice il presidente rivolgendosi dalla tribuna di granito alle 193 delegazioni all’Onu: «Ma se saremo costretti a difendere noi stessi o i nostri alleati, non avremo altra scelta che distruggere totalmente la Corea del Nord».
Molte facce di principi, ministri e primi ministri seduti in sala si contraggono di colpo: anche quella del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che poco prima ha ammonito tutti di «non camminare come sonnambuli verso la guerra». Ma il presidente prosegue imperterrito, trattando da pagliaccio il coreano Kim Jong-un, leader di un «regime depravato». «Rocket man (l’uomo dei missili) è in una missione suicida: gli Stati Uniti sono pronti, disposti e in grado di farvi fronte, pur sperando che non sarà necessario. Ed è proprio qui il compito delle Nazioni Unite».
Era chiaro da tempo che i pericoli nucleari e le provocazioni balistiche della Corea del Nord avrebbero finito per dominare la 72ma assemblea generale. Ma i toni di Trump (si è anche vantato dell’aumento-record delle spese del Pentagono), il suo approccio aggressivo su molti dossier caldi e il tentativo di attribuire una valenza internazionale alle mosse nazionaliste e isolazioniste della Casa Bianca repubblicana, hanno dirottato ieri l’attenzione da altri temi e sono stati accolti con preoccupazione.
Durato 42 minuti – molto di più del quarto d’ora assegnato a ogni delegazione, ma molto meno delle 4 ore e 29 minuti del record di Fidel Castro nel 1960 – il discorso di Trump ha avuto due facce. Nella prima, in cui è apparso chiaro il contributo di Stephen Miller, il trentunenne ideologo “sovranista” della Casa Bianca, il presidente ha cercato di rispondere alle preoccupazioni internazionali sul neo-isolazionismo americano, spiegando come la forza delle singole nazioni deve – a suo avviso – essere alla base dei rapporti internazionali e delle coalizioni di nazioni sovrane. In sostanza, ha cercato di proiettare il motto “America First” in un ambito globale.
Nell’altra parte del discorso, Trump si è focalizzato su situazioni di crisi e su “stati canaglia”, a cominciare da Corea del Nord, Iran e Venezuela. Ha apprezzato il voto di Cina e Russia sulle sanzioni contro Pyongyang, pur attaccando i rapporti commerciali di Pechino con Kim Jong-un e le forniture militari di Pechino. Ha criticato l’accordo nucleare del 2005 con l’Iran, definendolo «imbarazzante», e ha fatto capire (tra i sorrisi del premier israeliano di Benjamin Netanyahu) che la Casa Bianca non esclude altre iniziative contro «il regime depravato» di Teheran che appoggia i terroristi di Hezbollah. Trump ha poi definito «inaccettabile» il collasso del Venezuela di Nicolas Maduro, preannunciando nuove azioni. Ha anche criticato, senza nominare i responsabili, il comportamento espansionistico di Mosca in Ucraina e di Pechino nei mari della Cina meridionale. Ha ringraziato Giordania e Turchia per l’aiuto nell’ospitare i rifugiati della guerra in Siria. Ha insistito su una riforma profonda dell’Onu, per sburocratizzare l’organizzazione, renderla più capace di rispondere alle sfide ed evitare che alcuni paesi debbano farsi carico di quasi tutte le spese (Washington contribuisce per il 22 per cento a quelle del bilancio ordinario). E prima di andarsene, accompagnato dalla moglie Melania e sotto l’occhio vigile del capo di gabinetto, generale John Kelly, ha concluso il discorso con un’invocazione: «Dio benedica le Nazioni del mondo, Dio benedica gli Stati Uniti».
Tra i più scettici, almeno a parole, Emmanuel Macron, che pure punta a diventare l’interlocutore privilegiato di Trump in Europa. Parlando poco dopo dalla tribuna dell’Onu, il presidente francese, ha presentato una quasi alternativa a quella americana. Ha indicato la via diplomatica come la soluzione migliore per la Corea del Nord. Ha respinto gli attacchi di Trump all’accordo nucleare con l’Iran, definendolo «solido, robusto e verificabile». E ha stigmatizzato l’uscita degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici (di cui Trump non ha fatto cenno), che – secondo Macron – «non è più negoziabile»: anche se la Francia tenterà di convincere la Casa Bianca a desistere dalla decisione di andarsene.
Anche il premier italiano Paolo Gentiloni, che parlerà oggi all’assemblea generale, ha voluto prendere le distanze da alcune impostazioni del discorso di Trump. «L’Italia – ha detto, poco dopo il suo arrivo a New York sottolinea di più l’interesse multilaterale, ma guai a confonderlo con il fatto che da noi non ci occupiamo dei nostri interessi nazionali: bisogna trovare un punto di sintesi».