Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  settembre 13 Mercoledì calendario

Salta lo ius soli, il Pd si arrende. «Non abbiamo la maggioranza»

ROMA Il Pd si arrende di fronte ai numeri e al Senato lo ius soli rischia di saltare definitivamente. La riunione dei capigruppo in programma ieri a Palazzo Madama non ha inserito il ddl sulla riforma della cittadinanza nel calendario dei lavori per tutto il mese di settembre. E, mentre era in corso la riunione, in Piazza Montecitorio è stato organizzato un presidio dalla campagna “L’Italia sono anch’io”, durante il quale non sono mancate tensioni.
A nulla è valso l’appello dei cento esponenti dell’arte e della cultura, da Goffredo Fofi a Franca Valeri, a non escludere gli 800 mila bambini figli di immigrati regolari e nati in Italia. Nonostante l’impegno del presidente dei senatori Pd Luigi Zanda a trovare una finestra parlamentare nei primi venti giorni di ottobre, dopo il Def e prima della legge di Stabilità, le possibilità che il provvedimento, già approvato alla Camera due anni fa, veda la luce prima della fine della legislatura si assottigliano sempre di più. Il tempo è tiranno ma il vero problema è nei numeri che non ci sono. Calcoli alla mano, i voti mancanti sono circa 35 fra centristi e Autonomie: «Lo ius soli rimane per noi un obiettivo prioritario ed essenziale, ma le leggi per essere approvate hanno bisogno di una maggioranza e in questo momento la maggioranza non c’è», riconosce Zanda in capigruppo.
Parole che fanno esultare la Lega, intenzionata a non ritirare nemmeno uno dei 40 mila emendamenti presentati: «Abbiamo vinto – dice il capogruppo a Palazzo Madama Gian Marco Centinaio – il Pd ha rinunciato allo ius soli, Zanda ha ammesso che al Senato non hanno i numeri per approvarla». E il segretario del Carroccio Matteo Salvini aggiunge: «La cittadinanza non si regala, vince il buon senso». Mentre per il senatore azzurro Andrea Mandelli «è il momento giusto per mettere la parola fine su un testo ideologico, dalle finalità sbagliate, che il Paese non vuole».
Più pacati i toni del M5S, che non nasconde soddisfazione per lo slittamento e rilancia l’idea del referendum: «Per noi la riforma è così importante che dovrebbe passare attraverso una consultazione popolare», sostiene il capogruppo dei senatori pentastellati Enrico Cappelletti.
Una mossa, quella di rinviare la legge che viene invece aspramente criticata da Giuliano Pisapia: «Se è vero che in Sicilia avete fatto un’alleanza con una parte del centrodestra – ha detto rivolgendosi al ministro pd Graziano Delrio in un dibattito a Reggio Emilia – non potevate mettere la condizione che si votasse lo ius soli?».
Di rincalzo anche la senatrice Doris Lo Moro, Mdp, relatrice della legge, attacca: «Con questa scelta il Pd privilegia l’alleanza con Ap anziché rispettare gli impegni presi». Ancora più duro il commento del coordinatore di Mdp, Roberto Speranza, che su Twitter parla di «resa culturale inaccettabile» e di «cedimento alla destra». Sulla stessa linea i senatori vicini a Giuliano Pisapia, tra cui l’ex M5S Luis Alberto Orellana, ribadiscono che si tratta di una «riforma imprescindibile».
I centristi invece commentano tiepidamente il rinvio e tirano in ballo il premier Paolo Gentiloni, che pure ha definito lo ius soli «un atto doveroso di civiltà» sia a Bologna, a Repubblica delle Idee, che a Rimini, al meeting di Cl: «Dimostrando grande senso di responsabilità – dice Maurizio Lupi di Ap- il presidente del Consiglio ha giudicato inopportuna la richiesta di un voto di fiducia su una questione così delicata e divisiva». Ma questo non significa che l’esecutivo ha rinunciato alla riforma, come sottolinea Anna Finocchiaro, ministra per i Rapporti con il Parlamento: «L’attenzione del governo è massima, lavoriamo per il sì».