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 2017  settembre 12 Martedì calendario

Calcio e politica: la Catalogna spinge per l’indipendenza, ma il Barça adesso frena

Un grande «più», il simbolo della somma, dell’unione delle forze, delle persone e degli intenti nella strada maestra che porta all’indipendenza. Questa l’immagine disegnata ieri nel fulcro della manifestazione, all’incrocio del Paseig de Gracia con Carrer d’Aragon, per simbolizzare la Diada del 2017. La Diada più politica, più indipendentista, più sentita, a cui secondo la polizia urbana hanno partecipato un milione di persone. L’11 settembre in Catalogna à festa nazionale: si celebra una sconfitta, quella subita nel 1714 dalle truppe borboniche che pose fine al primo grande sogno indipendentista del popolo catalano. Alle 17.14 dagli estremi del «+» sono partiti quattro enormi simboli, due «si» in varie lingue, un’urna e una colomba della pace, trascinati sopra le proprie teste dalla gente. Non sono mai arrivati a congiungersi. Simbolo delle difficoltà o cattivo presagio per chi vuole votare sull’indipendenza il prossimo 1 ottobre?

CALCIO E POLITICA Dal simbolo della Diada 2017 due connessioni forti col Barça: il «più» è anche parola chiave nel famoso slogan che contraddistingue il club da quando nel 1968 il presidente di allora, Narcis de Carreras, definì il Barça «Més que un club». E da due anni al Camp Nou ogni volta che scocca il minuto 17 e 14 secondi, in entrambi i tempi, i tifosi inneggiano alla «Independencia».

FRENO TIRATO Il Barça si è sempre appoggiato con forza alla Catalogna, alla sua tradizione e al catalano per rivendicare la propria identità e diversità, la lotta contro il potere centrale rappresentato da Madrid e dal Real. La politica ha unito, animato e trainato il sentimento blaugrana per decenni durante ma anche dopo il franchismo. Curiosamente però, oggi che l’impulso indipendentistico è più forte che mai, il club sta tirando il freno a mano. Perché un eventuale strappo della regione di Barcellona dalla Spagna porterebbe anche grandi incognite sportive oltre che politiche e sociali.

IL REFERENDUM Parte della Catalogna, guidata dai vertici del Parlament attualmente al governo della regione, vuole andare alle urne l’1 ottobre per decidere il proprio futuro, dentro o fuori dalla Spagna. Da Madrid hanno dichiarato illegale e invalido il referendum, nella stessa Catalogna diversi sindaci (tra cui Ada Colau, di Barcellona) hanno negato l’utilizzo dei locali necessari alla consulta elettorale. Il presidente catalano Puidgemont però vuole andare avanti a tutti i costi e il milione di persone in piazza ieri sembra pensarla allo stesso modo.

CON L’ESPANYOL In Spagna il referendum è da giorni la prima notizia e di conseguenza si è cominciato a parlare anche degli scenari sportivi. In caso di separazione della Catalogna, dove giocherebbe il Barça? «Giocherà dove lo faranno l’Espanyol e il Girona» ha detto ieri, visibilmente seccato, il vicepresidente del Barça Carles Villarubí parlando al margine dell’offerta floreale fatta dal Barcellona (presenti tra gli altri il presidente Bartomeu e il calciatore Sergi Roberto) al monumento a Rafael Casanova, avvocato catalano ferito nella battaglia dell’11 settembre del 1714 e simbolo del patriottismo catalano. Questa è stata l’unica presenza visiva del Barcellona nella Diada di ieri. Rispetto ad anni precedenti un atteggiamento decisamente di basso profilo.

DRIBBLING POLITICO «Perché chiedete sempre a noi dove giocheremo e non alle altre squadre catalane? – ha aggiunto Villarubí -. In ogni caso non sono un veggente politico e il Barça non è un attore della scena politica, a noi interessa solo la vittoria con la Juve. Non sono preoccupato dall’eventuale indipendenza della Catalogna, penso solo agli obiettivi sportivi del club. In tutti questi anni il club si è pronunciato chiaramente e si è schierato a favore del diritto a decidere della Catalogna, ma il referendum è una questione individuale dei catalani e non coinvolge direttamente il Barcellona».

FUORI DALLA LIGA? Non ne siamo così certi, e non siamo i soli. «Se il processo avanza, e speriamo non sia così visto che è illegale, i club catalani non potranno più giocare nel campionato spagnolo perché la nostra Ley del Deporte prevede che solo i club di uno Stato straniero, quello di Andorra, possano competere nei tornei nazionali», ha già detto senza mezze parole Javier Tebas, presidente della Liga. Aggiungendo un monito: «E in un’eventuale Liga Catalana il Barça non sarà più un grande d’Europa». Tebas non è stato l’unico a pronunciarsi: «Spero resti dov’è, non riesco a pensare a una Liga senza il Barça», l’augurio di Zidane. «In caso d’indipendenza il Barça potrà scegliere dove giocare», la comoda posizione di Gerard Esteva, presidente delle federazioni sportive e del Comitato Olimpico catalano. La partita è aperta, e molto tesa.