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 2017  agosto 19 Sabato calendario

Il commissario agli Affari interni e alle migrazioni, Dimitris Avramopoulos: «Troppi segreti sui terroristi i Paesi si passino tutti i dati»

«Basta egoismi nazionali, quella al terrorismo è una lotta che durerà anni ed è il momento che i governi inizino a cooperare veramente sullo scambio di informazioni se vogliamo garantire la sicurezza dei cittadini». Mentre a Bruxelles la Commissione europea osserva un minuto di silenzio per le vittime di Barcellona, il commissario agli Affari interni e alle migrazioni, il greco Dimitris Avramopoulos, sprona le capitali a fare di più contro gli jihadisti. Ripete quello che da anni l’Europa auspica dopo ogni attacco: che i governi aprano i file dei loro servizi segreti ai partner Ue per contrastare in modo più efficace il terrorismo. Commissario, la sicurezza in Europa è all’altezza della sfida di Daesh? «Non si può tacere sul fatto che gli egoismi degli Stati membri resistono mentre sarebbe ora, come ripetiamo dopo ogni attacco, che ci sia maggior coordinamento tra capitali sul fronte della sicurezza». Che cosa manca? «Serve un vero scambio di informazioni tra autorità dei singoli Paesi e una vera Unione della Sicurezza. Ci vuole più fiducia tra governi, la condivisione efficace delle informazioni rappresenta un elemento chiave per la lotta al terrorismo. I nostri agenti di polizia devono avere le informazioni giuste al momento giusto». Spesso dopo gli attentati il dibattito vira sul presunto legame tra migranti e terroristi: lei si occupa di entrambi i temi, che opinione si è fatto? «È sbagliato e poco saggio amalgamare i terroristi ai migranti, ci sono stati pochissimi casi di migranti coinvolti negli attacchi. La maggior parte dei terroristi sono cresciuti nei nostri paesi, hanno frequentato le nostre scuole. Dobbiamo capire perché ora ci colpiscono e come integrarli meglio». Ha qualche idea? «Stiamo lavorando per capire come integrare meglio chi è appena arrivato e chi è da noi da due o tre generazioni. Dobbiamo cambiare l’atmosfera in cui vivono. Serve un’educazione scolastica migliore, dobbiamo dare loro maggiori possibilità di sentirsi uguali e integrati nelle nostre società, dobbiamo dimostrare loro rispetto e comprendere la loro cultura. Per fare tutto questo servono nuove politiche a livello nazionale ed europeo». Faccia qualche esempio. «Ci sono posti in Europa in cui vivono ancora nei ghetti. Non mi faccia fare i nomi dei paesi, tanto li conosciamo tutti. Ma le autorità nazionali devono risolvere questo problema. Noi dal canto nostro oltre a lavorare contro i reclutatori che estremizzano le persone su Internet, l’11 settembre riuniremo per la prima volta il Gruppo di alto livello sulla radicalizzazione che ci aiuterà a sviluppare nuove politiche europee su come contrastare la radicalizzazione che porta all’estremismo violento e su come usare i fondi regionali per iniziative che blocchino la radicalizzazione nelle aree più sfavorite dell’Unione». Passando all’emergenza migranti, con la missione italiana in acque libiche i flussi sono calati: siamo alla svolta o gli sbarchi riprenderanno come prima? «È presto per dirlo, la situazione resta volatile ma sono d’accordo con il ministro Minniti: iniziamo a vedere la luce in fondo al tunnel». Le navi europee potrebbero sostituire le Ong che dovessero ritirarsi dal Mediterraneo centrale? La missione Triton che oggi opera davanti alla Sicilia potrebbe avanzare a ridosso delle acque libiche se le Ong dovessero lasciare? «Il piano operativo di Triton può essere modificato se necessario e se richiesto dalle autorità italiane. Triton già oggi opera in accordo con le autorità italiane e assiste alle operazioni di salvataggio seguendo le istruzioni della Centro di coordinamento marittimo italiano. Questo può già comportare, quando richiesto, che le sue navi intervengano fuori dall’area di competenza per salvare vite umane». C’è anche la missione militare Sofia che opera a ridosso delle acque libiche: pensa che nel 2018 potrebbe entrare nel mare di Tripoli per sostituire le navi italiane? «In questo momento la priorità è fare quanto previsto dal nuovo mandato di Sofia, che prevede nuovi compiti». Ma in futuro è possibile una staffetta Italia-Ue? «Sta alle autorità italiane farne domanda». Gli altri governi sarebbero d’accordo? «In questo momento sostengono tutte le operazioni in mare e non vedo reali problemi per il futuro». Sono anche pronti ad aprire i loro porti alle navi che salvano migranti? «Sarà difficile, non vedo la volontà di tutti i governi a farlo». In Italia c’è un dibattito sulle Ong: lei cosa ne pensa? «Al netto delle inchieste della magistratura, hanno fatto un lavoro davvero nobile. Ora è importante che tutti coloro che operano in mare rispettino le stesse regole e per questo invito tutti a firmare il codice di condotta stilato dal governo italiano».