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 2017  agosto 19 Sabato calendario

Il qaedista teorico dell’euro-jihad e gli arresti legati a Nassiriya. La lunga vita dell’estremismo iberico

La Spagna e il terrorismo: una lunga storia, con molti agganci. E non solo per la carneficina alla stazione di Atocha nel 2004. Nella penisola ha agito per un certo periodo, sposando anche una donna spagnola, il padre dell’euro-jihadismo e delle cellule senza capi. Abu Musab Al Suri, ovvero Mustafa Setmariam. Siriano di Aleppo, qaedista con passaporto iberico, ha scritto un’opera monumentale di 1.500 pagine finita sul web. Vere lezioni teoriche e pratiche su come condurre la lotta. Era contrario all’11 Settembre perché riteneva avrebbe provocato contraccolpi negativi, preferiva azioni minori e individuali, attacchi condotti da gruppi senza un vertice reale: colpite, poi sarà Al Qaeda a rivendicare. Un meccanismo rielaborato con grande flessibilità dall’Isis che lo ha eletto a metodo globale. Setmariam – che oggi sarebbe detenuto in Siria, ma su questo aspetto non ci sono certezze – ha realizzato il suo manuale dopo aver vissuto a lungo in Europa, dunque conoscendo alla perfezione stile di vita, sensibilità dell’opinione pubblica e quadro politico. Il suo pensiero non è per nulla svanito. Anzi, è molto forte. Il link spagnolo torna poi per il piano dell’11 Settembre, con Mohammed Atta e Ramzi Binalshib che si vedono proprio in un hotel di Cambrils – il «Monica» – alla vigilia dell’operazione. Una riunione preparatoria alla quale partecipano anche altri esponenti qaedisti. Un passaggio che segue la tradizione. Le cittadine catalane che si affacciano sul Mediterraneo hanno sempre fatto da rifugio per militanti islamisti e prima ancora per personaggi legati al terrorismo mediorientale degli anni 80. Palestinesi, siriani seguaci del fratello di Assad, trafficanti d’armi arabi. Un letto caldo per chi voleva piazzare bombe o cercava una pausa prima di partire per una nuova missione. Storie documentate da indagini che hanno fatto emergere importanti connessioni, poi confermate da alcuni sviluppi. Gli attentati sui treni del 2004 hanno sancito la pericolosità dell’integralismo marocchino trapiantato nel Paese con il mix di piccoli criminali ed estremisti. Due anni dopo, un’inchiesta congiunta italo-spagnola ha permesso di arrestare un gruppo eversivo legato all’attacco contro la nostra base a Nassiriya, in Iraq. Alcuni dei militanti vivevano in Catalogna. Il dato chiave è che, nel corso del tempo, attori diversi si sono succeduti in questo angolo d’Europa portando avanti un messaggio di violenza e un’attività di reclutamento-proselitismo, talvolta con proiezioni in Belgio come nell’enclave africane di Ceuta-Melilla. In tanti sono finiti in manette – almeno 700 —, però non è bastato a parare il colpo. È inevitabile. Quando c’è un’area di «ritrovo» è facile che gli estremisti decidano di trasformarla in campo di battaglia, senza preoccuparsi del dopo. Sanno che creperanno.