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 2017  agosto 18 Venerdì calendario

Intervista ad Alfredo Romeo, l’imprenditore appena liberato: «Non sono io il corruttore di Consip. Mai visto Renzi padre»

L’inchiesta Consip? «Zeppa di scorrettezze. Ma che dire: io sono l’imprenditore più intercettato al mondo». E i 100mila euro a Marco Gasparri? «Mai dato soldi. Magari Gasparri è un agente del nemico mandato per distruggermi». E quel suo pizzino che si riferiva a Renzi senior: “30mila per T”? Alfredo Romeo, tornato libero dopo 168 giorni di arresti, sorride e, con un velo di sarcasmo, scandisce: «Mai visto quel foglietto: chissà come e dove l’hanno ricostruito». Prima intervista, dopo il carcere, per il fondatore del gruppo Romeo, l’imprenditore-fulcro dell’inchiesta Consip, che resta indagato a Napoli e imputato a Roma (il processo per corruzione comincia il 19 ottobre). Al fianco dei suoi legali Francesco Carotenuto, Alfredo Sorge e Giovanbattista Vignola, Romeo, che tutti chiamano “avvocato”, non si sottrae a nessuna domanda. Resistente, mordace, è perfettamente rientrato nell’abito (sartoriale) del napoletano di Posillipo. Spera, magari, che tutto finisca con un’assoluzione. Proprio come dieci anni fa. Avvocato Romeo, comunque vada l’inchiesta, sembra che Consip fosse in mano a funzionari infedeli e a quelli che, come lei e i suoi rivali, miravano a pilotare le gare. «Alt. La Procura esclude un mio coinvolgimento in eventuali turbative di gara. Posso dire invece che la Romeo Gestioni ha presentato esposti documentati, all’Anac e alla Antitrust, perché si accertassero anomalie che mi vedevano parte lesa. Gli sviluppi hanno dimostrato che le doglianze erano fondate». Scusi, ma Marco Gasparri, ex dirigente prossimo al patteggiamento, ha confessato di aver intascato da lei 100mila euro. È corruzione. «L’architetto Gasparri, nei tre interrogatori, ha via via modificato la sua versione: passando da soldi che gli sarebbero stati dati per truccare le gare, a soldi che gli sarebbero stati dati per informazioni prive di rilevanza. Poi le dazioni si sarebbero ridotte di entità, e infine le avrebbe attribuite a una mia prodigalità». Ma lei: quei soldi li diede? «No. A Gasparri non ho dato mai nulla, né avrebbe avuto senso, essendo lui figura del tutto ininfluente per le gare Consip. Piuttosto, sono tante le cose che di questo personaggio non si sono verificate: come il suo ruolo in un pranzo di lavoro con un politico, un alto dirigente Consip e il referente di un gruppo a me concorrente, per di più straniero...».
Un complotto, giusto? «Ma, secondo lei, è malizia pensare che il signor Gasparri possa essere stato avvicinato dalle tante figure controverse che hanno agito in questa inchiesta piena di vulnus, imprecisioni e scorrettezze? Lei può escludere che Gasparri fosse un “agente del nemico”? Che sia stato indotto a danneggiarmi per favorire i concorrenti? Come spiega che sono arrivate offerte dall’estero per acquisire Romeo Gestioni?». Per il Riesame di Roma, a marzo, lei era un imprenditore «spregiudicato» che usa «relazioni istituzionali». E «da 25 anni utilizza il metodo corruttivo». Poi arriva la Cassazione, a giugno, e bastona quelle valutazioni. Per lei, è la svolta. «Per fortuna, la Cassazione non ha i pregiudizi e i preconcetti che avevano avuto il sopravvento nei confronti di un imprenditore che dal Sud ha creato sviluppo e lavoro per migliaia di persone. Sì, la Cassazione, annullando il provvedimento, dice che non esiste il “sistema Romeo”. Tra l’altro, scusi, sono incensurato, nonostante sia passato da più di un cerchio di fuoco insieme alle mie aziende, ma sono intercettato da dieci anni e più: in un modo che nemmeno i più pericolosi terroristi internazionali». Nel caso Consip c’è molto altro. Lei ha fatto una cena con Tiziano Renzi, il padre dell’ex premier, e secondo i pm ha promesso soldi. «Non ho mai cenato con Tiziano Renzi, né l’ho cercato. Oddio, se lui volesse conoscermi non avrei difficoltà a incontrarlo. Un signore che può raccontarmi dei suoi pellegrinaggi o di com’era il suo figliolo quando era scout. Che ci sarebbe di male?». Ma lei raccontò della cena con Renzi senior ad Alfredo Mazzei, per i pm attendibile teste, il professionista che poi lo rivelò a Repubblica. «Su Mazzei, direi alla toscana, che ha preso fischi per fiaschi». Sono “fischi per fiaschi” anche gli appunti “30mila per T.”: il pizzino che si ritiene scritto nel suo ufficio? «Quello che lei chiama pizzino è qualcosa che non so cosa sia, che io e i miei legali non abbiamo mai visto, se non in una strana copia chissà dove e come ricostruita. Io prendo appunti solo per scrivere poesie, che non pubblicherò. In genere trattano della invidia e della meschineria. O della violenza proterva e gratuita». Lei non riusciva a incontrare il leader Pd Matteo, e fece di tutto per agganciare il padre. Non è così? «Le ho già risposto». Perchè allora dialogare e ospitare a Napoli Carlo Russo, presunto faccendiere toscano amico di Renzi senior, se non per arrivare a Tiziano? «Incontro e conosco migliaia di persone, molte parlano a vanvera. Quanto a Russo, è stato ospite del mio hotel sì, ma non gli ho mai chiesto di incontrare il suo amico Tiziano. Deve capire che io non mi fido di nessuno». Intercettato, lei dice che, pur di remunerare Russo e Renzi sr, si può utilizzare il canale «estero su estero», sfruttando la società londinese di suo figlio. Un altro abbaglio? «Senta, hanno rivoltato le mie aziende come calzini. Certificando che tutte le attività amministrative sono perfette e tracciabili: non esistono attività estero su estero. Siamo un gruppo sano, efficiente, trasparente: la Romeo Gestioni, per il suo fatturato, è sottoposta anche a ciclici controlli della Finanza e di altri enti. Ma sa, quando si sente il nome Romeo tutti si eccitano nella certezza di qualche colpa. Forse, se mi chiamavo Agnelli o venivo da Milano, non mi trattavano così». Ma lei disse “estero su estero”. Perché? «Parliamo di conversazioni non trascritte da un perito di un tribunale, ma da un organo di parte (il Noe, ndr) indagato a Roma per reati di falso, collegati proprio alla manipolazione di materiale investigativo». Tante le fughe di notizie. Riguardano gli eccellenti. E anche i suoi accusatori. «La presunzione di innocenza vale per tutti, anche per gli inquirenti. Comunque questo caso è una fiera di errori. Pm e giornalisti indagati per violazione del segreto, agenti e ufficiali del Noe a loro volta indagati e trasferiti dai Servizi segreti. Parole come “esperto di cleaning” diventano “esperto di crimine”». Ma anche lei seppe in anticipo dell’esistenza dell’inchiesta. «Certo, ma lo appresi dai giornali, e perché un mio dirigente fu indagato. Erano giorni in cui le veline della Procura di Napoli e i giornali si affannavano a ripetere che io non ero sotto inchiesta. Indagato no, ma intercettato sì. Strano, no?».