Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  agosto 12 Sabato calendario

Il blog più temuto incorona la Scala: «Ha l’ufficio stampa migliore al mondo»

And the winner is... la Scala! Per la precisione, il suo ufficio stampa, «all warm and cuddly since Chailly became music director», tutti calorosi e coccolosi da quando Chailly è diventato direttore musicale. Se non è l’Oscar, manca poco.
Perché il riconoscimento arriva dall’inglese Norman Lebrecht, forse il più temuto, di certo il più famoso giornalista musicale «classico» del mondo, tenutario di «Slipped Disc», un blog molto seguito (e moltissimo copiato dalla stampa italiana).
Lebrecht, che è un tipo che non le manda a dire, ha stilato l’hit parade degli uffici stampa delle principali istituzioni musicali del globo: i dieci migliori e i dieci peggiori. Il migliore in assoluto (e anche l’unico italiano, in entrambe le classifiche) è risultato quello scaligero, gestito con imperturbabile aplomb dall’ottimo Paolo Besana («Sì, il direttore è morente, il regista è scappato, la primadonna è isterica e il tenore ha la peste, ma cosa vuoi che sia?») insieme con le sue incantevoli collaboratrici.
Essendone coccolato anch’io, confermo che in effetti il riconoscimento è meritato. Poi si sa che i comunicatori che ci sanno fare nel loro mestiere sono sempre coccolosi, sta ai giornalisti, se conoscono il loro, non cascarci troppo. Sul podio, Lebrecht mette anche quelli della Chicago Symphony e del Festival di Salisburgo. Poi, a seguire, la Filarmonica di Berlino, l’Opera di Vienna, la Boston Symphony, l’Opera di Stato bavarese di Monaco (di un’efficienza strepitosa, io l’avrei collocata più in alto), la Filarmonica di Los Angeles, il Festival di Garsington e l’Opera di Dallas.
E i bocciati? Qui non bastano i nomi, sono spesso divertenti e sempre tranchant anche le motivazioni. Pollice verso, dal basso in alto, per il teatro Real di Madrid («Siesta»), l’Orchestra della Suisse romande di Ginevra («Non abbiamo assolutamente nessun commento su niente»), l’Opera di Amsterdam («Siamo molto occupati, vi contatteremo quando la produzione sarà finita»), la Monnaie di Bruxelles, il Festival di Aix («Per favore, lasciate un messaggio»), il Concorso pianistico Van Cliburn, l’Opéra di Parigi (in francese: «Quoi? Vous voulez quoi, Monsieur?», ma mi dissocio, con loro ho sempre lavorato benissimo).
Il podio alla rovescia è occupato, sempre in ordine crescente di disapprovazione, dalla Metropolitan Opera di New York, dal Festival di Bayreuth e dalla New York Philharmonic. Insomma, due americani, anzi newyorchesi, su tre. La prossima trasferta nelle ex colonie di mister Lebrecht non sarà facile.