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 2017  agosto 11 Venerdì calendario

Mps, il controllo passa al Tesoro. Ieri dalla Bce il via libera all’aumento, la quota pubblica sale al 54%

Era una pura formalità, certo. Ma ha avuto un effetto dirompente: il ritorno del Monte dei Paschi di Siena sotto il controllo pubblico. Ieri nel pomeriggio il Supervisory board della Banca centrale europea, l’organo deputato alla Vigilanza sui principali istituti europei, ha dato l’ultimo via libera necessario all’aumento di capitale a carico dello Stato. L’effetto immediato, comunicato dalla banca intorno alle 19, è stato la ricomposizione+ del capitale sociale: da ieri il 53,4% è del Tesoro, una quota di poco inferiore è in mano ai titolari delle obbligazioni subordinate convertite in azioni, il resto – circa il 2% – rimane ai vecchi azionisti. La quota dello Stato, però, potrà raggiungere il 70% nell’autunno prossimo, quando la banca proporrà agli obbligazionisti retail – cioè i piccoli risparmiatori – di cedere a loro volta al Tesoro le proprie azioni, ricevendo in cambio bond senior della banca stessa.
E così, 22 anni e un giorno dopo il decreto firmato dall’allora ministro al Tesoro ad interim Lamberto Dini che sanciva lo scorporo dell’attività bancaria e il conferimento a una nuova società per azioni controllata da una fondazione, primo passo del percorso di privatizzazione, la banca torna pubblica. All’epoca era stata una partita giocata tutta in Italia, questa volta – in tempi di Vigilanza unica europea e di (sofferta) unione bancaria – c’è voluto un “timbro” della Bce.
L’ok di Francoforte
In sostanza la banca ieri ha potuto convertire in azioni i 3,85 miliardi versati la settimana scorsa dal Tesoro, un’operazione formale per la quale serviva un’ultima autorizzazione da parte della Banca centrale europea. Difficile, se non impossibile, che non arrivasse: tutto era stato predisposto nelle ultime settimane, dallo schema della ricapitalizzazione precauzionale (passato al vaglio di Francoforte) fino al piano industriale 2017/2021, autorizzato dalla Commissione europea a cui spettava l’ultima parola sul tema degli aiuti di Stato.
Il passaggio di ieri consentirà al cda della banca convocato per oggi a Milano di approvare i conti del primo semestre: si chiuderanno con ogni probabilità in rosso per oltre 3 miliardi, perché il Monte ha contabilizzato nel secondo trimestre le svalutazioni (pari a circa 3,9 miliardi) su 26,1 miliardi di sofferenze, destinati a essere cartolarizzati nella seconda metà di quest’anno. Un’effetto straordinario che spiega la necessità dell’autorizzazione di ieri da parte della Bce; si tratta di una tecnicalità: nei fatti, approvando oggi i conti con la maxi-perdita preventivata, il cda ex post abbatterà il capitale ben sotto la soglia minima imposta dalla vigilanza; ora che le risorse del Tesoro ci sono il gap è già stato colmato, ma ciononostante serviva un’autorizzazione retroattiva da parte della Bce.
I prossimi passi
I decreti del Tesoro pubblicati dieci giorni fa hanno consentito di evitare l’assemblea straordinaria per l’aumento, ma ora il riassetto con il passaggio del controllo al Governo avrà un impatto sulla governance. È?per questo che in ottobre si prevede una convocazione dei soci per eleggere il nuovo cda, in gran parte espressione del nuovo proprietario. In parallelo il titolo dovrebbe tornare allo scambio a Piazza affari: il valore di partenza si aggirerà tra gli 8,65 euro stabiliti per la conversione dei bond subordinati e i 6,49 euro per fissati per la sottoscrizione, a sconto del 25%, da parte dello Stato; prezzi, questi, più alti di quelli attualmente attribuiti dagli analisti multipli alla mano, che si aggirano intorno ai 4,5 euro.
A incidere sul valore ci saranno molti fattori: dal piano industriale della banca (che prevede il ritorno all’utile nel 2019 e, obbligatoriamente, zero cedole) fino ai conti inseriti nel prospetto, forse quelli che il cda approverà domani. E poi conterà molto l’aria che soffia intorno alle banche italiane: da UniCredit, che ha raccolto i frutti di una pulizia strutturale anche se non radicale come quella del Monte, fino ai più recenti casi di Bper e Unipol, il mercato ha mostrato di apprezzare le banche che agiscono con forza sulla qualità del credito. Si vedrà. E l’osservatore più interessato sarà lo Stato, desideroso di uscire in un orizzonte ragionevole, oggi stimato tra i due e i tre anni.