Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  agosto 11 Venerdì calendario

Eroi, effetti speciali e nazionalismo. La propaganda cinese sbarca al cinema

In soli dodici giorni dall’uscita nelle sale, Wolf Warrior 2 è già diventato il film che in Cina ha fatto più incassi di sempre. I cinema di Pechino sono pieni ed è difficile riuscire a trovare all’ultimo minuto un posto ancora libero. Biglietti staccati per un valore di 3,4 miliardi di yuan – pari a oltre 435 milioni di euro – rappresentano un successo tale al botteghino che consente a questo film di superare il record d’incassi raggiunto l’anno scorso da The Mermaid, pellicola fantasy del regista di Hong Kong, Stephen Chow.
Wolf Warrior 2 sembra inserirsi nella tradizione degli action-movie di Hollywood: tanti effetti speciali e spettacolari scene d’azione. Il protagonista potrebbe essere Rambo o James Bond, questa volta però l’eroe muscoloso e sprezzante del pericolo è cinese. «Finalmente c’è un protagonista in cui possiamo identificarci», dice fuori dalla sala Gao Cheng, 28 anni, nata a Pechino. «In passato era raro vedere nei film prodotti in Cina un uomo solo che vuole salvare il mondo e riportare la pace». In Wolf Worrior 2, Wu Jing – già protagonista di pellicole di arti marziali, che ha anche scritto e diretto il film – interpreta il ruolo di un ex-soldato nelle forze speciali dell’esercito cinese che fa ogni sforzo per portare a termine una missione di recupero di civili rimasti bloccati in Africa, dopo lo scoppio di una violenta rivoluzione promossa da un gruppo di mercenari occidentali. «In un mondo dove le minacce son sempre di più, cresce il numero di giovani cinesi che vorrebbe vedere Pechino più presente sulla scena internazionale, convinti che quello che avviene fuori dai nostri confini ha impatto sulla stabilità e sull’economia in Cina», aggiunge Gao Cheng. La tempistica dell’uscita della pellicola nelle sale ha certamente contribuito al successo del film: subito prima del 90esimo anniversario della fondazione dell’Esercito Popolare di Liberazione, una ricorrenza segnata sulla stampa da una forte retorica nazionalista. «Chiunque attacchi la Cina sarà colpito, non importa dove si trovi» è il messaggio che compare sulla locandina del film e che richiama alla mente un giuramento risalente alla Cina imperiale. Il sapore nazionalista non basta però a spiegare il successo di questa pellicola. Esplosioni, una battaglia tra carrarmati, raffiche di kalashnikov. È proprio lo stile hollywoodiano – così diverso dai tradizionali polpettoni di propaganda – a rendere il film di Wu Jing così popolare. Inoltre, la sceneggiatura di Wolf Warrior 2 è ancorata all’attualità del dibattito in Cina: la missione di Wu Jing in Africa rievoca le recenti operazioni condotte dalle forze navali cinesi per evacuare i civili rimasti bloccati dai conflitti in Libia e in Yemen. Inoltre, il ruolo determinate che nel film ha la Marina è in linea con la volontà di Pechino di rafforzare la presenza della Cina sugli oceani. «Eroismo senza paura, ma responsabile», si scriveva in un commento del Quotidiano del Popolo. Nel momento in cui il protagonista invoca l’intervento dell’esercito cinese, la reazione di Pechino è irremovibile: «senza l’autorizzazione del legittimo governo del paese africano o della comunità internazionale sarebbe un’azione illegale». Una stoccata a una certa tradizione interventista occidentale. Non solo. Quando la protagonista femminile, interpretata dall’attrice sino-americana Celina Jade, prova a chiamare la locale ambasciata degli Stati Uniti per ottenere assistenza, scopre che i funzionari Usa hanno già lasciato il paese e a rispondere c’è solo un messaggio registrato. «Da Wolf Warrior 2 esce l’immagine di una Cina forte e con grande capacità d’influenza sul mondo», dice fuori dalla sala Jia Fangzi, 32enne che lavora nel settore delle risorse umane. «Nel film ci sono alcuni mercenari occidentali convinti che le forze armate cinesi siano deboli. È bello vedere che alla fine sono sconfitti». Il film racconta anche la crescente presenza di Pechino in Africa. La pellicola è uscita nelle sale solo pochi giorni dopo che la bandiera della Repubblica popolare ha iniziato a sventolare a Gibuti: nel piccolo e strategico paese del Corno d’Africa le forze armate di Pechino hanno appena aperto la prima base operativa all’estero. «L’Africa ti ringrazia», dice una signora locale all’eroe cinese che l’ha messa in salvo. Poi, quando in sala si accendono le luci, sullo schermo appare una foto del passaporto cinese accompagnato dal messaggio che i cittadini all’estero saranno sempre protetti dalla madrepatria. Pochi ci avrebbero creduto fino a pochi anni fa. «Ecco perché i cinesi amano così tanto il presidente Xi Jinping», sussurra una giovane cinese prima di riconsegnare gli occhiali per la visione 3D.