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 2017  agosto 10 Giovedì calendario

Le falle del 112. Il numero unico delle emergenze finito in tilt per colpa degli incendi

Un incendio di sterpaglie e la centrale inizia a zoppicare, cinque o dieci incendi e va in tilt. Il 112, numero unico che doveva cambiare in meglio i sistemi di emergenza, è ancora lontano dall’aver portato una svolta. Non solo perché è attivo solo in alcune regioni ma anche perché dove è presente talvolta sembra aver peggiorato le cose. Venerdì scorso al Viminale c’è stata una riunione straordinaria per discutere del caso Roma, dove a tanti cittadini sono toccate estenuanti attese prima di parlare con un operatore. LA RIFORMA EUROPEA Lo chiamano uno-uno-due per distinguerlo dal 112 dei carabinieri. È il Nue, “numero unico di emergenza” che da anni l’Europa ha chiesto all’Italia di attivare per gestire le chiamate di chi ha bisogno dell’ambulanza, dei vigili del fuoco o della forze dell’ordine. Una sala operativa di primo livello che smista poi le telefonate a quelle di secondo. La prima ad istituirla, nel 2010 quando già il nostro Paese era stato sanzionato per i ritardi, è stata la Lombardia. Adesso la Regione, con 3 centrali, è il punto di riferimento. Nel 2015 è partita Roma, nella zona del prefisso 06, poi quest’anno Liguria, Piemonte, Sicilia orientale, Trentino e Friuli. A COSA SERVE Dove il Nue è attivo, chi fa un qualunque “vecchio” numero di emergenza viene indirizzato automaticamente alla centrale unica, che dovrebbe servire soprattutto a tre cose: localizzare la richiesta grazie al Ced (centro elaborazione dati) del Viminale, compilare la scheda anagrafica di chi chiama, tagliare le richieste improprie. L’ultimo punto è fondamentale, si stima infatti che il 30-40% delle telefonate ai numeri di emergenza sia per avere informazioni o comunque per motivi non urgenti. A 112, 113, 115 e 118 dovrebbero essere girate solo chiamate per le quali l’intervento è necessario. In Lombardia in media la centrale unica fa tutto in 50 secondi. IL CASO ROMA Quest’estate i tracolli del Nue della capitale sono frequenti. Le attese per chi telefona certi giorni sono lunghissime per due motivi. Il primo ha a che fare con il numero degli operatori, che non sarebbe sufficiente. E infatti si è deciso di assumere. Il secondo, il più grave a detta degli esperti, sono gli incendi. Come sottolineano dalla centrale, nelle altre stagioni arrivano in media 350-400 chiamate al giorno da girare al 115. Quest’estate si è saliti in certi casi a ben 5mila. In un’ora i telefoni possono squillare anche 1.200 volte. Questo perché tanti di coloro che passano vicino a un incendio, anche 100 alla volta, telefonano per segnalare. Il sistema così va in tilt, perché la centrale del Nue non è in grado di rispondere a tutti subito, e a cascata entra in crisi anche il 115. Centinaia di chiamate restano in attesa e ne fanno le spese gli altri servizi di emergenza, a partire dal 118. Alla riunione del Viminale si è deciso di non passare più ai pompieri tutte le telefonate che arrivano per lo stesso evento, come si faceva fino ad ora, e di liquidarle prima possibile. LE ALTRE AREE CRITICHE Forse Lombardia a parte, nessun Nue ha evitato polemiche riguardo a problemi e falle. A Torino a fine luglio l’annegamento di un bambino di 10 anni ha fatto partire all’attacco il sindacato autonomo dei pompieri Conapo: «I vigili del fuoco sono stati avvertiti ben 15 minuti dopo la richiesta di soccorso al 112». Il dato è contestato dalla Regione. In Sicilia lo Smi, il sindacato dei medici più forte nei 118 descrive una situazione delicata. «I cittadini ci dicono che i tempi di risposta si sono allungati parecchio con la centrale unica – dice Emanuele Cosentino – Ci vogliono anche 4 minuti per passare la chiamata dal 112 al 118. E poi talvolta ci vengono dati interventi non di nostra pertinenza, magari risse per le quali ci vogliono i carabinieri. Il numero unico andava fatto ma così, anche nel resto d’Italia, è un’esperienza negativa». Punta sulla formazione degli operatori Felice Romano, segretario del sindacato di polizia Siulp. «Ci sono problemi con i centralinisti “laici” – dice. Insieme a loro in centrale ci vorrebbero anche persone formate per i vari tipi di emergenza, da vigili del fuoco a sanitari e forze dell’ordine. Solo loro hanno l’esperienza per inquadrare i vari casi. Senza una formazione specifica finisce che è come se rispondesse un disco e basta». Disco che purtroppo in molti conoscono bene.